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Arabia Saudita: un paese ai margini della civiltà

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L’Arabia Saudita è un paese tollerato e ben accetto in occidente, ha partecipato alle manifestazioni contro il terrorismo, era in prima linea quando i leader occidentali manifestavano indignati per gli attentati di Charlie Hebdo. Insomma, tutto fa pensare che sia un paese tollerante da un punto di vista religioso, amico dell’occidente, nemico del terrorismo e ben lontano da quelle dittature arabe che hanno fornito all’occidente le necessarie giustificazioni per distruggere Iraq, Libia e Siria. Ma è proprio così?

Una monarchia o una tirannia?

Cartina geofrafica dell'Arabia SauditaL’Arabia Saudita conta 28 milioni di abitanti. E’ un regno governato dalla famiglia Saudi. E soltanto i membri di questa famiglia, ad oggi circa 7.000 persone, possono governarla. Si tratta dei discendenti dei 150 figli di uno sceicco tribale, Abd al-Aziz (1876-1954). Da un punto di vista religioso, il regno è sotto l’influenza e l’ispirazione wahabita dell’Islam, che si caratterizza per un’interpretazione molto radicale dei libri sacri.

Non si tratta quindi di una monarchia costituzionale di stampo europeo, in quanto il sovrano è di fatto la persona che detiene il potere. Teniamo anche conto del fatto che nessuno dei membri della famiglia reale e nessuno dei loro famigliari (altre 10.000 persone) lavora, in quanto tutti percepiscono consistenti contributi statali. Inoltre solo loro possono  essere inseriti nelle strutture del potere. Quindi, non soltanto l’Arabia Saudita non ha nulla da spartire con le democrazie occidentali, ma può essere paragonata ad una vera e propria tirannia di vecchia e lontana memoria.

Il sistema giudiziario in Arabia Saudita

In Arabia Saudita il Re governa in aderenza ai dettami islamici ed il clero wahabita certifica la conformità di ogni legge alla Sharia, vale a dire alla legge islamica. La pena di morte è prevista per vari reati, tra i quali omicidio, stupro, rapina a mano armata, traffico di droga, stregoneria, adulterio, sodomia, omosessualità, sabotaggio e apostasia (ovvero rinuncia della religione Islamica). E’ di questi giorni la notizia che il poeta palestinese Fayadh è stato condannato a morte per aver “dubitato dell’esistenza di Dio”.

Le pene previste dalla Sharia

Per le condanne a morte sono previsti tre metodi di esecuzione, ovvero l’impiccagione, la lapidazione e la decapitazione. Quest’ultimo è quello più applicato. Le donne possono scegliere di essere giustiziate con un colpo di pistola alla nuca per non essere costrette a scoprire il capo. Il procedimento per l’esecuzione è il seguente: il condannato viene portato in un cortile davanti a una moschea, gli vengono legate le mani, viene fatto inginocchiare e infine il boia sguaina la spada davanti a una folla che urla Allah Akbar (“Dio è il più grande” in lingua araba). La testa tagliata viene poi esposta in piazza, affinché la vedano tutti i cittadini.

Pena di morte in Arabia Saudita

La maggior parte delle esecuzioni avviene per i reati di omicidio e stupro, ma anche per un buon numero di reati non violenti come la presunta stregoneria, l’apostasia, la cattiva condotta sessuale e l’uso di sostanze stupefacenti. Il record di esecuzioni è stato raggiunto nel 1995 con 191 esecuzioni, ma nel 2015 con ogni probabilità questa cifra verrà superata.

Un sistema giudiziario senza codici né garanzie

Il sistema giudiziario dell’Arabia Saudita non prevede un codice penale. La definizione dei reati e delle pene rimane vaga ed è ampiamente lasciata all’interpretazione dei giudici, col risultato che si hanno sentenze contraddittorie e talvolta arbitrarie. Per determinati reati un semplice sospetto può spingere il giudice a infliggere la pena di morte sulla base della gravità del reato o del carattere del reo. La fustigazione, il taglio delle mani, dei piedi, delle orecchie sono all’ordine del giorno. Si tratta delle stesse pene applicate dall’ISIS nei territori da essi controllati. L’unica differenza è che l’ISIS esegue le condanne a morte anche mediante la crocifissione.

Grandi finanziatori del terrorismo

L’Arabia Saudita è il paese più ricco del mondo, grande alleato degli Stati Uniti, sostenitore del sistema dei petrodollari, accondiscendente per estrarre il petrolio necessario a mettere in ginocchio la Russia di Putin. Gli incassi derivanti dalla vendita di carburante sono enormi e l’Arabia Saudita è accusata di avere speso centinaia di miliardi di dollari per estremizzare i musulmani di tutto il mondo. Sono noti i rapporti tra Arabia Saudita e ISIS, a cui fornisce armi acquistate dagli Stati Uniti e sostegno economico. Il tutto alla luce del sole. Naturalmente i media occidentali si guardano bene dal mettere in rilievo queste notizie.

Grandi amici dell’occidente

Eppure queste persone sono grandi amici dell’occidente. Loro girano indisturbati per le strade europee, partecipano alle manifestazioni contro il terrorismo, si mascherano da paladini dei diritti umani, comprano armi a più non posso da francesi, inglesi e americani. Sono amici di tutti i potenti del mondo.

Obama e Michele ospiti in Arabia Saudita

E che strano mondo… Chissà perché questa gente, rimasta fuori dalla civiltà, è funzionale al sistema di potere che l’occidente sta instaurando in tutto il mondo. Seminano terrore e generano il caos. Forse è proprio questo che li tiene in piedi.

Se questo post lo avessi scritto a Riad…

A proposito, se questo post lo avessi scritto in Arabia Saudita, in men che non si dica sarei stata condannata a morte. Ma attenzione, se dovessero venire a conoscenza della mia esistenza, i giudici della sharia potrebbero emettere un mandato di cattura internazionale.

E chissà che non venga accolto…

 

di Alba Giusi

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