Il prezzo del petrolio è sempre aumentato d’inverno. Infatti, in questo periodo i consumi di energia sono più elevati, aumenta quindi il fabbisogno di gasolio per far funzionare le centrali elettriche, ed anche quello che alimenta gli impianti di riscaldamento. Aumentano i consumi ed aumentano i prezzi. Siamo abituati, è sempre stato così.
Un prezzo un po’ anomalo
Quest’anno però i prezzi sono scesi, con sorpresa di tutti. La settimana scorsa gli Stati Uniti hanno dichiarato che metteranno sul mercato l’8% delle proprie riserve strategiche, e quindi il prezzo del petrolio scenderà ancora, almeno queste sono le previsioni. Di solito a questi prezzi stracciati compaiono subito gli speculatori che provvedono a fare incetta di una parte della produzione per poi rivenderla in futuro ai prezzi che vogliono loro e con grandi guadagni. Ma gli speculatori, stranamente, non si sono ancora fatti vivi.
Il tutto è iniziato a luglio del 2014, quando l’Arabia Saudita ha iniziato a estrarre una grande quantità di greggio, tra l’altro di ottima qualità, e ad immetterla sul mercato. Per la legge della domanda e dell’offerta, il prezzo del petrolio è incominciato a scendere in modo costante, da 110 $ al barile (luglio 2014, linea blu) ai 48$ attuali, rilevati a novembre 2015 (linea rossa).
Molti dicono che l’Arabia Saudita abbia fatto crollare il prezzo del petrolio per mettere in difficoltà le imprese che estraggono shale gas, imprese che e a questi prezzi non possono competere. Strano, l’Arabia Saudita è l’alleato più fedele degli Stati Uniti, che interesse avrebbe a mettere il bastone fra le ruote all’industria americana di shale gas che comunque non riuscirà mai a mettere in crisi la loro industria petrolifera? E poi che senso ha che anche gli Stati Uniti incomincino a immettere sul mercato parte delle proprie riserve strategiche di petrolio? A questi prezzi poi, è insensato. E’ chiaro che questa è soltanto la verità ufficiale, spacciata per vera da quotidiani economici e autorevoli esperti al servizio del sistema. Dietro si nasconde qualcos’altro.
Perché il prezzo del petrolio cala?
Scopriamo allora le carte. I costi di estrazione e commercializzazione del petrolio cambiano a seconda della profondità dei pozzi, della qualità del greggio, della localizzazione dei giacimenti. Per l’Arabia Saudita questo costo si aggira intorno ai 10-15$ al barile ed è il più basso del mondo. Quindi anche un prezzo di 40$ sarebbe più che remunerativo. Non è così per la Russia. I loro costi sono ben più alti e se il prezzo del greggio scende oltre la soglia di 45$ al barile, la Russia rischia il collasso, anche perché la loro economia è fortemente dipendente dal petrolio. Non solo la Russia, ma anche il Venezuela e l’IRAN rischiano il collasso.
Capiamo allora che questa mossa strategica mette in grande difficoltà il principale avversario degli Stati Uniti nello scacchiere internazionale. In questa situazione di guerra globale, l’abbassamento del prezzo del petrolio risulta essere un’arma molto più potente di una qualsiasi bomba atomica. E’ come mettere il cappio intorno al collo della Russia e stringerlo lentamente.
Naturalmente, per confondere le carte, ci vuole la complicità dei mass media occidentali,
veri fiancheggiatori del sistema
di Alberto Rovis
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