Catia Bastioli è l’attuale Presidente di Terna, il più grande operatore di rete per la trasmissione di energia elettrica. La nomina al vertice di questa società, che ricordiamo essere a controllo pubblico, è arrivata quando al governo c’era Matteo Renzi. Si tratta quindi di una persona molto vicina al PD. Oltre ad occupare il vertice di Terna, Catia Bastioli è anche Amministratrice Delegata di Novamont SpA, un’azienda attiva nella produzione di sacchetti a base di amido di mais. La Novamont SpA, con sede a Novara, è al centro di molte polemiche in quanto è l’azienda che beneficia maggiormente della nuova normativa riguardante l’uso obbligatorio di sacchetti biodegradabili per frutta e verdura.
A seguire un articolo tratto da Imola Oggi, per agevolare la comprensione del quale precisiamo che non esiste una normativa europea che imponga all’Italia di utilizzare questo tipo di sacchetto (o altri) come contenitore di frutta e verdura. Si è trattato quindi di una libera scelta da parte del governo a guida PD.
Il Governo del Partito Democratico ad agosto dello scorso anno, mentre noi eravamo spensierati al mare e tutte le opposizioni evidentemente erano con noi, ha infilato di soppiatto in un ‘sacchetto’ di norme per il rilancio del Sud una serie di pretese ecologiste che proibiscono la commercializzazione delle bustine di plastica sottile per imballare l’ortofrutta nei supermercati, così imponendoci di comprare quelle in bioplastica (biodegradabili e compostabili).
Consideriamo il mercato delle plastiche in Italia oggi. Su una massa di 2.180.000 milioni di tonnellate di imballaggi plastici immessi al consumo in Italia, l’incidenza dei sacchetti biodegradabili è intorno al 2%, vale a dire circa 50.000 tonnellate, contro il 43% del polietilene, il 22% del PET, il 21% del polipropilene e l’8% delle stireniche (PS – EPS) etc. etc… Per quanto concerne le varie tipologie di packaging l’Istituto rivela un numero quasi interamente riferibile ad un’unica azienda, quella di Novara (nel cuore di Matteo Renzi). Questo si è abilmente difeso affermando di non capire come l’azienda in questione versasse in situazione di monopolio annoverandosi in Italia altri 150 soggetti analoghi che potrebbero sortire concorrenza, oltre ad un imprecisato numero di soggetti che potrebbero accorrere da altre nazioni. Renzi si è difeso benissimo, da uomo intelligente e scaltro comunicatore quale è, ma ha qualche piccola ragione?
Non ce l’ha per due motivi abnormi: il primo riguarda l’azienda monopolista che lui ha cercato di rinforzare e tutelare, così come spiegherò nel seguito; il secondo riguarda il senso di quello che si sta facendo con questa economia verde, che assolutamente non è rintracciabile nel buon senso o nelle convenienze.
L’azienda a cui il PD ha fatto la marchetta è la Novamont s.p.a, controllata da MATER BI s.p.a. che a sua volta è controllata da una holding di Intesa San Paolo e da una holding lussemburghese, un partner ideale per portare un po’ di soldi italiani nel Paese del Presidente della Unione Europea, il signor Juncker.
Sappiamo, inoltre, che Intesa San Paolo ha finanziato fortemente questo brevetto di bioplastica da mais denominato MATER BI (controllante di Novamont spa), ed in base alle dichiarazioni di Catia Bastioli, una perla di manager ‘incastonata’ in quel harem di likewoman legate a Matteo Renzi, sappiamo pure che il brevetto scaturisce da un dispendio finanziario pari a ben 500 milioni di euro. Sia chiaro: una Banca nel suo legittimo esercizio del merito di credito può dare ben 5 centinaia di milioni di euro a chi ritenesse appropriato, anche se tutti sappiamo come questo esercizio funzioni e quale prezzo abbia, in primis esentando di benefici e opportunità le PMI o le famiglie che invece costituiscono il reale PIL italiano.
Ma i numeri ci dicono anche altro, e cioè che il settore delle bioplastiche riguarda in Italia in maniera dominante un’unica azienda, la Novamont spa, la quale produce attraverso il MATER PI (il loro brevetto del mais) poco meno delle 50 mila tonnellate di bioplastica totalmente prodotte in Italia, e prevalentemente usate per il 94 per cento nella produzione di shopper e imballaggi per supermercati (guardare stralcio report aziendale). Perciò, sebbene i soggetti esistenti sul mercato italiano delle bioplastiche siano effettivamente 150, e i brevetti vari, con ciò riconoscendo che Renzi afferma il vero in senso teorico, è scorretto negare la situazione di monopolio dato che i circa 149 soggetti fanno tutti insieme un complessivo di alcune centinaia di tonnellate di bioplastiche ogni anno, mentre un unico soggetto da solo ne fa grossomodo intorno alle 50.000 tonnellate.
Ovviamemente Renzi e la sua amica Catia Bastioli possono far osservare che qualcuno può usare altri brevetti per produrre questi materiali oppure può rivolgersi all’estero, magari nella capitale di Vattelapesca, ma è altrettanto ovvio che occorrono i soldi e il potere per mettersi in questi business e questa situazione non solo non è ora in essere, ma non si verificherà grazie alla libera concorrenza, concetto che i cattocomunisti hanno capito e applicato a modo loro, cioè in senso inverso rispetto a quello delle dottrine liberali e liberiste. Mi chiedo, infatti, quale catena di supermercati in Italia, cioè soggetti sottoposti a vari tipi di controllo amministrativo e sanitario da parte di Autorità di burocrati italiani, ha interesse ad approvvigionarsi, peraltro per una cosa che ha un’incidenza minimale sul core business, di buste in bioplastica nella Nazione di vattelapesca, cioè fuori dall’egida e dalle certificazioni di Assobioplastiche, il cui portavoce è giustappunto un uomo della Novamont s.p.a.?
A Renzi mi piacerebbe chiedere dove si possa trovare un pazzo che volesse far concorrenza a questo colosso da oltre 500 milioni di Euro solo di asset tecnologici immateriali, cioè un avventuriero salvatore del Mondo che dovrebbe mettere qualche decina di milioni di tasca propria e ottenere pesanti appoggi finanziari, in una misura comparabile a quella della MATER BI, da un qualche banchiere disposto a pestare i piedi ad Intesa San Paolo qui in Italia, quando essa è impegnata in un settore posto sotto l’egida politica del PD e delle sue magistrature ‘indipendenti’?
Non so se questo pazzo possa esistere, ma qualcuno lo avvisi di non rivolgersi alle due grandi banche popolari Venete appena fatte fallire e regalate da Gentiloni proprio ad Intesa San Paolo, e gli dica anche di non rivolgersi a qualsiasi altra banca italiana, dato che Intesa S. Paolo ha la maggioranza relativa delle azioni di Banca d’Italia (cioè sono i maggiori proprietari della banca d’Italia), che a sua volta vigila su tutte le Banche ivi compresa Intesa San paolo che la possiede significativamente.
Fonte: imolaoggi.it
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