Il Cardinale Pell è in carcere, come sappiamo, e non potrà uscire se non dopo aver trascorso in cella almeno tre anni e otto mesi. Per ora è in isolamento 23 ore al giorno, non può tenere con sé il libro delle preghiere e nemmeno celebrare la messa.
E i diritti umani?
Questo è un tipico caso di non applicabilità dei diritti umani. Anzi, per la prima volta nella storia del pianeta, il giudice australiano ha letto la sentenza in diretta streaming mondiale, giusto perché tutti possano sentire la ricostruzione dei fatti, almeno secondo l’accusa.
Robert Richter (nella foto), il suo difensore di fiducia, ha detto ai media che
“il Cardinale Pell è stato riconosciuto colpevole soltanto di un “semplice caso di penetrazione sessuale in cui il bambino non partecipava attivamente”.
Strano avvocato, disattento e pasticcione, sembrerebbe alle prime armi, ma invece ha quarant’anni di esperienza ed è abituato a gestire casi complessi, con un certo successo. Si è scusato per iscritto, dicendosi addolorato. La sua biografia parla chiaramente
“suo padre, Berek, era un ebreo polacco e sua madre, Sofia, ucraina. Dopo aver vissuto per dieci anni in Israele, la famiglia di Richter si trasferì a Melbourne, in Australia, seguendo uno zio che era nel business del commercio degli stracci …]”
Per l’appello, in un processo tutt’altro che ben gestito, pieno di contraddizioni e senza prove, il Cardinale Pell si avvarrà di un altro avvocato, tale Bret Walker. Di sicuro non farà fatica a trovare qualcosa di meglio, rispetto a Richter.
A dire il vero, bastava un avvocato qualsiasi.
di Elena Dorian
Fonte: www.altreinfo.org
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