Il «soggetto 18», cosi lo indica l’Inps nel suo rapporto sulle pensioni extralarge dei sindacalisti, incassa un assegno da 115mila euro lordi all’anno, mentre in realtà, se venisse trattato come tutti gli altri lavoratori, non arriverebbe a 40 mila. La differenza non è da poco: 66%. Questo è un caso limite, forse. Ma in media gli assegni dei sindacalisti, spiegava ieri l’Istituto guidato da Tito Boeri, visto che al contrario degli altri lavoratori possono andare in aspettativa e incassare contributi aggiuntivi poi calcolati a condizioni di favore, sono più alte del 27%.
Sindacato ultima casta? «Ci limitiamo ad applicare le leggi dello Stato», dice la Camusso.
«Sindacati-casta? Sì, e pure un po’ più opaca della nostra, visto che almeno noi siamo eletti», commenta a “la Stampa” un deputato con incarichi di governo che chiede l’anonimato. Secondo Giuliano Cazzola, esperto previdenziale ed ex sindacalista Cgil, la vera «anomalia» però è rappresentata dai contributi figurativi. «Perché non ha proprio più senso trattare i sindacalisti come i militari o le donne in gravidanza o come se svolgessero una funzione pubblica. Vanno aboliti: nemmeno parlamentari ce li hanno più». Detto questo, «è davvero disdicevole che l’Inps di Boeri si riduca a fare giornalismo d’inchiesta di questo tipo…». Dal fronte della Cisl, dove nemmeno un mese fa è scoppiato il caso dei maxistipendi, il segretario confederale Gigi Petteni che tiene il punto. «Chi ha diritto all’aspettativa – spiega – è un dirigente che è stato eletto e che si distacca da un posto di lavoro. Come previsto per i sindaci o i consiglieri».
Sindacato unito nel difendere i propri privilegi
Il problema è che «favori» di questo tipo, a vantaggio di sindacalisti (e politici) ormai si perdono quasi nella notte dei tempi, a cominciare dalla famigerata «legge Mosca» del 1974 che doveva sanare un numero abbastanza limitato di posizioni ed è finita per riguardare ben 35.564 tra ex dipendenti di De e Pci, sindacati, patronati e associazioni cooperative (ma spesso anche familiari e congiunti). Privilegi antichi Bastava una dichiarazione del proprio dirigente e come per magia di ottenevano gratis anni e anni di contributi, spesso anche più del dovuto. Il costo per le casse pubbliche secondo i 5 Stelle, che ora ne propongono la cancellazione, avrebbe toccato quota 12,5 miliardi. Più recente (1996) sono una serie di norme inserite nella riforma delle pensioni del ministro Treu, o se vogliamo il loro uso distorto, a fare la differenza. Oltre a quella segnalata venerdì dall’Inps c’è (o meglio c’era) una seconda norma, anche questa fonte di abusi, che fa si che l’assegno venga calcolato sull’ultimo mese di stipendio. Risultato: non sono pochi i casi di dirigenti che negli ultimi periodi della loro carriera si sono fatti gonfiare lo stipendio per ottenere una pensione più ricca. Si veda l’ex segretario Cisl Raffaele Bonanni che in 5 anni, è passato da 115mila a 336 mila euro.
Fonte: secoloditalia.it
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