I concetti di guerre “non convenzionali”, “asimmetriche”, “irregolari”, “ibride” o, più in generale, “guerre di nuova generazione” vengono spesso utilizzati nei dibattiti politici e accademici per descrivere la complessità e le caratteristiche dei conflitti moderni in cui entrambi gli attori, che possono essere stati ma anche non-stati, combinano nelle loro strategie di guerra metodi convenzionali con metodi che sono al di fuori della definizione tradizionale di “operazione militare”.
La guerra ibrida
Il termine “guerra ibrida” è apparso per la prima volta nel 2002 in una tesi di William J. Nemeth in cui si descrive il modo in cui i ribelli ceceni combinavano tra loro alcuni metodi tipici della guerriglia con tattiche militari moderne e con l’uso della tecnologia mobile e dello spazio internet. Oltre a tattiche operative altamente flessibili, i ceceni utilizzavano anche attività di informazione e operazioni psicologiche contro le forze russe.
Il termine “guerra ibrida” è stato in seguito utilizzato per riferirsi alle strategie applicate da Hezbollah, ma ha guadagnato nuovo impulso dopo le operazioni russe in Crimea e Ucraina orientale nel 2014 che sembrava seguire uno script molto in linea con la dottrina di Valery Gerasimov relativa alla guerra non lineare.
Non c’è una definizione univoca di “guerra ibrida”, ma la dottrina ha descritto le seguenti attività che la contraddistinguono:
- di norma la guerra non è dichiarata, l’azione militare inizia durante il periodo di pace con le attività dei gruppi militanti; durante questa fase vengono costruite le fondamenta su cui poggeranno le attività future con l’obiettivo di ottenere il più ampio vantaggio iniziale;
- le risorse militari ed economiche del nemico vengono annientate per mezzo di precisi attacchi su infrastrutture strategiche militari e civili; gli attacchi possono essere convenzionali e non convenzionali, azioni di sabotaggio anche con mezzi informatici;
- uso di armi ad alta precisione e operazioni speciali, robotica e armi che utilizzano nuovi principi fisici (ad esempio armi a energia diretta come laser, radiazioni a corto raggio, ecc.);
- uso di civili armati all’interno dei confini del nemico;
- utilizzo di false informazioni diffuse da ONG e disinformatori locali, disseminati nel territorio; costruzione di una rete credibile di disinformazione; accreditamento della rete da parte di terzi, quali ad esempio i think thank;
- attacchi simultanei su terra, in aria, in mare e nello spazio informativo;
- uso di truppe regolari, truppe irregolari, mercenari, truppe irregolari arruolate sul posto;
- ampio uso di agitatori locali, adeguatamente finanziati e addestrati;
- cyber attacchi per minare tutte le strutture locali;
- uso di armi economiche;
- propaganda di guerra per condizionare la percezione del conflitto da parte della popolazione locale;
- largo uso di false informazioni e fake-news.
Naturalmente anche una guerra dichiarata può essere ibrida, sempre che non utilizzi soltanto le armi convenzionali.
Nonostante la mancanza di una definizione univoca, la “guerra ibrida” può essere quindi definita come una forma di guerra, che comprende un mix di metodi, azioni convenzionali e non convenzionali, militari e non militari, azioni aperte e nascoste che coinvolgono la guerra informatica, psicologica e d’informazione, creando confusione e ambiguità sulla natura, l’origine e l’obiettivo di queste azioni.
La guerra ibrida è sempre esistita
Si può sostenere che i metodi non militari, comprese le operazioni di informazione, sono stati sempre utilizzati in tempi di guerra. Basta ricordare la campagna propagandistica lanciata durante la prima guerra mondiale contro la Germania i cui soldati, secondo la stampa dell’epoca, avevano tagliato le mani a migliaia di bambini in Belgio.
La notizia suscitò grande commozione in tutto il mondo. Tuttavia, si trattava di una notizia studiata a tavolino dagli anglo-americani, priva di ogni fondamento e rivelatasi in seguito totalmente falsa. Non è l’unico caso, ma è emblematico. Ce ne sarebbero tanti altri.
Ciò che rende la guerra moderna così diversa dalle guerre del passato è l’effetto che la manipolazione delle informazioni può causare sullo sviluppo stesso del conflitto. Infatti, la percezione che ha la popolazione del risultato e dell’andamento del conflitto è indipendente dai fatti che realmente accadono sul campo di battaglia.
Le nuove tecnologie rendono ancora più significativa la partecipazione globale ai conflitti. Ed è ancora più importante il fatto che la popolazione possa interagire con gli eventi in tempo reale, giacché seguono le fonti di notizie online e si collegano attraverso i social media.
La lotta per il controllo delle percezioni e dei comportamenti delle persone è diventata parte integrante dei conflitti moderni. La guerra dell’informazione, la guerra elettronica, la cyber-guerra e le operazioni psicologiche (PSYOPS) si integrano quindi in un’unica organizzazione di combattimento che in futuro sarà sempre più centrale per tutto lo sviluppo della guerra.
Le guerre ibride condotte dagli Stati Uniti
La maggior parte delle guerre condotte nel XXI secolo sono guerre ibride. Possiamo citare la guerra in Libia, la guerra in Siria e la guerra non dichiarata che gli Stati Uniti stanno combattendo contro la Russia (in primis) e la Cina. Naturalmente anche la Russia e la Cina stanno conducendo una guerra ibrida contro gli Stati Uniti ma le armi a loro disposizione, per motivi geografici e geopolitici, sono inferiori in quanto a numero ed efficacia.
Il ruolo del cyberspazio nella guerra ibrida
Il cyberspazio (di cui i social media fanno parte) viene spesso utilizzato nei conflitti per eliminare i sistemi di comunicazione dell’avversario e minare le sue infrastrutture, soprattutto quelle adibite alla gestione delle infrastrutture critiche, delle transazioni finanziarie, delle fornitura di energia elettrica ecc.
Un cyber-attacco può rendere insicuri questi sistemi vitali, determinando ad esempio esplosioni in raffinerie di petrolio, deragliamento di treni, satelliti che non riescono a mantenere le orbite geostazionarie, carenze alimentari e molto altro.
La distruzione o il blocco dei sistemi informatici potrebbero avere effetti drammatici, ma le operazioni mirate a livello informativo possono ottenere risultati non meno impressionanti degli attacchi alle infrastrutture critiche.
L’obiettivo principale della cyber-guerra è quello di disgregare i sistemi di informazione e comunicazione del nemico, cercano di disturbare, danneggiare o modificare ciò che la popolazione obiettivo sa o pensa di sapere sul mondo che lo circonda.
Le linee divisorie tra cyber-guerra e guerra dell’informazione stanno diventando sempre più labili e, soprattutto con la rapida crescita delle piattaforme dei social media, le attività del cyberspazio possono essere utilizzate non solo per distruggere i sistemi informativi fisici, ma anche per influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti della popolazione e per raggiungere determinati obiettivi politici o militari.
Attraverso lo svolgimento di attività che hanno effetti sia sullo spazio fisico che su quello cognitivo si possono ottenere risultati ancora più impressionanti.
Il ruolo dei social-media nella guerra ibrida
Quando si parla di social-media è difficile distinguere tra piattaforma di comunicazione (strumenti tecnici / sistemi di informazione) e interazioni tra gli attori che in un dato momento stanno creando i contenuti (l’informazione stessa).
Vorremmo suggerire che il termine “social media” comprende entrambi gli aspetti, vale a dire piattaforme tecnologiche e contenuti multimediali che vengono diffusi o condivisi tramite queste.
A causa delle sue enormi capacità di trasmettere e replicare informazioni a velocità elevate e bassi costi, nonché l’impossibilità di separare i fatti dalla finzione, a causa delle difficoltà nel verificare l’autenticità dei fatti e l’attendibilità delle fonti, i social media possono essere utilizzati per ottenere effetti militari specifici di ampia portata.
La generazione e diffusione, attraverso i social media e i media di massa, di informazioni manipolate e prive di fondamento, permette di ottenere un diffuso consenso ad azioni di guerra convenzionale che altrimenti sarebbero ingiustificabili.
Per tali motivi il cyber spazio e i social-media sono entrati a pieno titolo nella conduzione delle moderne guerre ibride.
di Paolo Germani
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