Secondo la stampa internazionale, nel 2011 in Siria sarebbe scoppiata una rivoluzione popolare, malauguratamente andata male e trasformatasi in guerra civile. Se nel 2011 si poteva credere a questa versione, oggi, alla luce dei documenti emersi, non è più possibile. Questa guerra era stata pianificata da Washington dal 2001 ed è iniziata nel contesto delle “primavere arabe”, pianificate dal 2004 da Londra, sul modello della Grande Rivolta Araba guidata da Lawrence d’Arabia. L’Arabia Saudita ha ammesso di aver pagato e armato in anticipo i rivoltosi di Deraa che diedero il via al movimento.
La responsabilità prioritaria della Repubblica Araba Siriana, del suo popolo, del suo esercito e del suo presidente, Bashar al-Assad, era difendere i Diritti Universali dell’Uomo: «la vita, la libertà, la sicurezza». È questo che fecero di fronte alle orde di jihadisti accorsi dal mondo intero per far accedere al potere la Confraternita dei Fratelli Mussulmani.
Non ci sono dubbi che dei criminali abbiano potuto inserirsi nella polizia e nell’esercito della Repubblica; che nella confusione della guerra abbiano potuto perseguire fini propri, mimetizzandosi con l’uniforme; ma questi comportamenti, comuni a tutte le guerre, non hanno nulla a che vedere con le guerre stesse. Ora che le sorti della guerra si sono rovesciate, sono duramente sanzionati.
E non ci sono nemmeno dubbi che i bombardamenti dell’artiglieria siriana e dell’aviazione russa abbiano ucciso non soltanto jihadisti, ma collateralmente anche cittadini siriani, in ostaggio degli jihadisti. Uccidere anche i propri concittadini è sfortunatamente fardello di ogni guerra. Il loro martirio non è tuttavia responsabilità del popolo siriano, del suo esercito e del suo presidente, che ne portano il lutto. È responsabilità degli aggressori, Germania e Francia comprese, che l’hanno voluto.
La Libia non è comparabile alla Siria. Ma, otto anni dopo l’operazione della NATO, abbiamo una visione chiara di quanto accaduto.
Muhammar Gheddafi riconciliò bantu e arabi, mise fine alla schiavitù e migliorò notevolmente il livello di vita della popolazione. Viene descritto come un dittatore, benché non abbia ucciso più oppositori politici di quanti ne abbiano uccisi i capi di Stato o di governo occidentali. Per rovesciare la Jamahiriya, la NATO fece ricorso ai combattenti di Al Qaeda, alla tribù dei Misurata e alla Confraternita dei Senussi.
Morirono circa 120 mila persone.
Quanto accaduto in seguito lo avevano già anticipato numerosi analisti: il precipitare del livello di vita, il ripristino della schiavitù, l’allargamento del conflitto tra bantu e arabi a tutta l’Africa subsahariana. Senza alcun ragionevole dubbio, Muhammar Gheddafi ha difeso nel suo Paese e nel continente africano i Diritti dell’Uomo più di quanto abbia fatto la NATO.
In Siria, Bashar al-Assad ha preservato un mosaico confessionale che non esiste altrove; ha sviluppato l’economia e negoziato una pace tacita con Israele.
Fra popolazione ed esercito siriano i martiri sono almeno 350 mila.
La Siria è oggi devastata e Israele è di nuovo un nemico. La responsabilità di queste sciagure è unicamente degli Stati aggressori. Siriani, esercito siriano, presidente siriano hanno difeso come meglio hanno potuto i Diritti dell’Uomo calpestati dagli Occidentali.
Gli Occidentali sono convinti della superiorità morale della loro civiltà. Non vedono quindi i crimini che patiscono gli altri. È proprio questa l’arroganza che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo contesta, affermando l’uguaglianza di tutti nei diritti e nella dignità.
di Thierry Meyssan
Traduzione: Rachele Marmetti
Tratto da: https://www.voltairenet.org
***