Quando si parla dei danni che la distruzione della Libia, per mano di Francia, Inghilterra e Stati Uniti, hanno creato all’economia italiana si cita il gas, il petrolio, le relazioni commerciali che sussistevano con Gheddafi e sono venute a mancare dopo la sua fine. Tutto vero, lo testimonia l’ENI che ha dovuto cedere il passo alla francese Total. A tutto questo si aggiunga il fatto che la devastazione della Libia ha aperto la porta all’immigrazione clandestina, vera e propria invasione dell’Italia, con i danni che ben conosciamo.
Ci si dimentica però di citare altri danni per l’Italia, non meno importanti. La Libia possiede un immenso lago sotterraneo di acqua cristallina che occupa un territorio pari a quello della Germania. Quanto basta per garantire acqua dolce a tutto il Nord Africa per migliaia di anni. Si tratta della stessa acqua che sfruttavano i romani con un sistema di canalizzazioni e che permetteva di fare fino a tre raccolti all’anno.
In epoca romana la Libia era il granaio dell’impero.
Gheddafi aveva effettuato il più grande investimento del novecento per riportare in superficie e canalizzare quest’acqua al fine di sfruttarla per fini agricoli e per sviluppare il turismo. Un’opera ciclopica costata oltre 20 miliardi di dollari e finanziata interamente con i proventi del petrolio, senza ricorrere all’indebitamento con la finanza predatoria globalista. I lavori riguardanti le enormi canalizzazioni vennero affidati soprattutto a imprese sud-coreane, in grado di garantire il massimo della tecnologia al migliore dei prezzi, e richiesero il lavoro di 10.000 operai. L’opera è nota col nome GMR, acronimo di Great Man-made River e per capire la sua immensa portata basti pensare che è formata da 4000 km di condutture di calcestruzzo precompresso aventi un diametro di quattro metri. L’acquedotto è sepolto nella sabbia e ha una portata complessiva di sei milioni di metri cubi di acqua al giorno (fonte dei dati).
Il sistema di canalizzazioni è stato inaugurato nel 2008, in pompa magna, ma nel silenzio totale della stampa occidentale. Già questo doveva far prevedere a Gheddafi la fine che si stava preparando per lui e per la Libia.
E dopo l’acqua, qual era il passo successivo?
Completata la prima fase dei lavori, veniva la seconda. Altro argomento che la sedicente stampa libera occidentale ha accuratamente nascosto. Provate a immaginare il territorio che unisce Tripoli a Tobruq, ai confini con l’Egitto. Sono 1.500 km di costa desertica. Costa e spiagge di tipo Mediterraneo, inesplorate, bagnate da un mare splendido e incontaminato, sabbia e sole. Certo che una ricchezza del genere non era sfuggita a Gheddafi, che pensava al futuro della Libia e sapeva che o prima o poi petrolio e gas sarebbero finiti.
E cosa c’entriamo con tutto questo?
Ecco, noi dovevamo rendere fertili quelle terre per una profondità iniziale di 30 km, da estendere in seguito a 100 km. Questo avrebbe permesso alla Libia di rendere coltivabile una parte importante del proprio territorio, sfruttando l’acqua canalizzata. Ma non basta, Gheddafi aveva commissionato all’Italia la costruzione di villaggi turistici lungo quella splendida costa, creando in questo modo un flusso turistico che alla Libia mancava. Con la caduta di Gheddafi tutti questi progetti sono stati abbandonati. La collaborazione con la Libia avrebbe garantito all’Italia una crescita stimata del proprio PIL nella misura del 2% annuo.
Certo, Gheddafi non aveva in mente soltanto questo. Voleva anche liberare 14 paesi nord africani dal giogo del Franco CFA che ne impedisce lo sviluppo ed aveva in mente di chiedere il pagamento del petrolio in oro o valute alternative, abbandonando il dollaro statunitense. Ma questa è un’altra storia.
Un uomo troppo pericoloso per la finanza predatoria e globalista che governa l’occidente e che impedisce lo sviluppo dell’Africa e impoverisce il mondo intero.
di Alba Giusi
Fonte: www.altreinfo.org
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