“Negare l’Olocausto è “profondamente offensivo”, ma questo tipo di contenuti non va vietato da Facebook. Lo afferma l’amministratore delegato del social network, Mark Zuckerberg, spiegando che Facebook rimuove contenuti se si traducono in danni reali, fisici o in attacchi a individui.”
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Per questa affermazione Mark Zuckerberg è stato aspramente criticato dalla Anti-Defamation League, la lobby ebraica coi super poteri che negli Stati Uniti fa il bello e il cattivo tempo. Loro vorrebbero che Facebook oscurasse tutti i profili Facebook delle persone che negano l’olocausto o lo minimizzano o esprimono dubbi o che semplicemente vorrebbero indagare in modo un po’ più scientifico e articolato su come andarono effettivamente i fatti e quanto c’è di vero nel racconto ufficiale dell’Olocausto.
Ma l’ebreo Zuckerberg, non insensibile a questo argomento, per ora resiste. Si scusa con l’ADL, ma non si piega. Ma lo fa perché è un democratico convinto e vuole che prevalga la libertà di opinione?
Neanche per idea, a Mark Zuckerberg della libertà di opinione non interessa nulla.
Zuckerberg sa benissimo che se incomincia a buttar fuori da Facebook la gente che esprime qualche dubbio sull’olocausto, o che vorrebbe approfondire l’argomento, o che esprime antipatia per l’onnivora ebraica, gli rimarrebbero soltanto 25 milioni di clienti, a scambiarsi effusioni tra loro, cioè pressapoco il numero di ebrei che vive nel mondo. Oltre ai Clinton, a Robert De Niro, Meryl Streep e a tutto lo staff di Hollywood che se non si fossero sempre chinati a 90 gradi davanti alle richieste dell’ADL, sarebbero finiti al supermercato a lavorare come commessi.
Nemmeno tutti gli ebrei rimarrebbero col proprio profilo Facebook intatto, proprio perché molti di essi vorrebbero un’indagine storica indipendente per accertare i fatti.
Cito uno per tutti: il celebre saggista e musicista Gilad Atzmon
La potente e devastante Anti-Defamation League, coi super poteri dei super eroi, ha già spinto con successo Jeff Bezos a bandire da Amazon e nascondere ai lettori tutti i libri che trattano di olocausto da un punto di vista critico, non solo i negazionisti, ma anche quelli scritti dagli stessi ebrei.
L’obiettivo della ADL è oscurare tutte le informazioni che remano contro il loro progetto di imporre la verità assoluta nel mondo. Ricordiamo che l’olocausto è l’unico fatto verificatosi nella storia dell’umanità che sia stato dichiarato vero per legge. Un po’ come se lo stato italiano stabilisse per legge che Hitler e Mussolini non erano alleati, vietando e condannando chiunque voglia esprimere un parere diverso. Di solito la verità storica emerge da fatti e documenti, non da leggi.
E le pressioni non finiscono qui. Tramite il motore di ricerca Google è praticamente impossibile rintracciare materiale non allineato sull’olocausto. Anche in questo caso, la politica applicata è molto chiara:
“una sola versione, nessun dubbio”.
La stessa politica che illuminava l’operato di Goebbels e del suo Ministero della Propaganda, oppure quella immaginata da Orwell per il Ministero della Verità.
Gli ebrei bolscevichi, numerosissimi e potenti dopo la Rivoluzione d’Ottobre, avevano risolto in modo molto semplice e diretto il problema delle “voci critiche” che negli anni venti giravano sugli ebrei, tutte falsità e calunnie naturalmente, ora come allora. Gli ebrei erano buoni per legge e nessuno poteva parlare male di loro. Coloro che li criticavano venivano condannati per antisemitismo, reato molto grave che comportava la pena di morte.
E coloro che non parlavano affatto degli ebrei, né male né bene? Vi chiederete voi… Anche quelli venivano condannati per antisemitismo, perché se non parlavano bene degli ebrei voleva dire che pensavano male di loro. E degli ebrei non bisognava né parlare male, né pensare male. Questo succedeva in Unione Sovietica nel 1929. Ad affermarlo è Aleksandr Solgenitsin nel libro “Due secoli insieme“.
Nel 1929 si arrivò a perseguitare persino “l’antisemitismo nascosto […] sulla sola base del sospetto. […]. Quelli che esprimono opinioni sfavorevoli sugli ebrei sono considerati come antisemiti dichiarati, mentre quelli che non lo fanno come antisemiti nascosti” (Due secoli insieme, p. 279).
Si salvavano soltanto coloro che ne parlavano bene, sempre che fossero sinceri naturalmente, perché se un ebreo percepiva non lo fossero, facevano la stessa fine delle prime due categorie.
Va bene, amici di Facebook. Mark Zuckerberg per ora ha deciso di non buttar fuori dal social coloro che parlano male degli ebrei. Vuol dire che si accontenta di tenerli d’occhio e schedarli.
Verrà il momento in cui, se necessario, si andrà oltre.
Intanto sanno chi sono.
di Giorgio Lunardi
Fonte: www.altreinfo.org
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