Carlo Freccero ha proposto un nuovo programma RAI intitolato L’ottavo blog, dedicato all’informazione alternativa oggi disponibile in Internet. In questo modo vorrebbe dar voce a tutti quei siti e blog non allineati con l’informazione mainstream. Si tratta soltanto di un’idea, che però non è piaciuta ai “produttori ufficiali di informazioni”, i quali accusano i blogger di produrre non controinformazione, bensì disinformazione e bufale.
A seguire alcune considerazioni di Carlo Freccero, tratte da un’intervista concessa al Corriere della Sera.
Un programma d’informazione non ha per oggetto teorie ma fatti, eventi reali e verificabili. Per quanto riguarda la scienza, una trasmissione d’informazione c’entra come i cavoli a merenda, però potrebbe sempre dare spazio a notizie reali come il risarcimento di una famiglia per gli effetti avversi del vaccino o la presenza, in campo internazionale, di Paesi come il Giappone e la Svezia che per motivi diversi rifiutan, la vaccinazione obbligatoria.
Internet non è in grado di confutare la scienza ma può, a pieno titolo, confutare le bufale di qualsiasi natura e specie, molto più di un testo scritto che deve per forza abbracciare una tesi data. Come facciamo a dirlo? Ad esempio su Internet ha circolazione tutto un materiale di intercettazioni per cui capita di apprendere la verità dalla stessa fonte che, ufficialmente, sostiene la tesi contraria. In questo caso io penso si possa applicare l’autofalsificazione come elemento di discernimento tra vero e falso. L’ha detto lui. Quando Victoria Nuland vuol far passare il colpo di Stato in Ucraina come una rivoluzione europeista, e il suo interlocutore le fa notare che l’Europa non accetterà il nazismo della classe dirigente appoggiata da Washington, la Nuland sbotta: «Che l’Europa si fotta».
Ecco smentita, secondo me, la matrice europeista della rivoluzione colorata. E a proposito di rivoluzioni colorate le intercettazioni su Hillary Clinton emerse nella campagna presidenziale e su George Soros da parte di DCLeaks escludono la spontaneità delle stesse.
Dopo l’11 settembre per far digerire al mondo la guerra, che con l’industria delle armi e l’accaparramento delle risorse naturali rappresenta l’ultimo mezzo di arricchimento degli Stati, ogni bugia è lecita. La propaganda di guerra è sempre esistita. Oggi è più insistente ma può essere confutata in tempi più brevi rispetto al passato. Chi frequentava Internet non ha avuto bisogno delle successive smentite, seguite all’invasione dell’Iraq, per sapere che Saddam Hussein non possedeva armi di distruzione di massa e che Muammar Gheddafi non era un dittatore inviso al popolo, ma uno statista africano che voleva dotare l’Africa di una propria moneta. Purtroppo la verità mainstream spesso non sopravvive al passare del tempo.
E allora si pone la domanda: perché continuiamo a credere alle stesse bufale? Se siamo stati ingannati su Saddam e Gheddafi, perché non abbiamo il ragionevole dubbio che potremmo esserlo su Nicolás Maduro?Ma dubito che, partendo da presupposti come questi, mi faranno mai fare il programma. Se tutto quello che circola su Internet è una bufala, in fondo non dovrebbe avere importanza. Perché allora tanta censura da parte del mainstream?
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