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Antirazzismo, antisemitismo e censura del dibattito politico su Israele. Elena Dorian

Nel 1989 la radio di stato australiana SBS-Radio assegnava a Yanis Varoufakis, divenuto poi famoso come Ministro delle Finanze della Grecia, un programma settimanale di otto minuti in cui commentava i fatti che riteneva degni di nota. Ha trattato una molteplicità di argomenti, dallo stato delle foreste pluviali amazzoniche alle politiche culturali statunitensi, dalle tensioni sociali tailandesi agli affari greci e balcanici, ha commentato libri, teatro, attualità. Programma molto gradito ed apprezzato dai radioascoltatori australiani.

Nel 2005 Varoufakis commetteva però un errore. Durante la sua trasmissione si occupava di Gaza e del muro di separazione costruito da Israele.

O meglio, commetteva un errore in quanto affermava che Israele stava usando il blocco di Gaza come parte di “una strategia per mantenere il controllo su gran parte della Cisgiordania” e definiva la “barriera di sicurezza” come un “mostro”.

Varoufakis prendeva spunto da un articolo pubblicato sul giornale israeliano Haaretz, molto critico nei confronti della politica israeliana dell’epoca.

Seguirono una denuncia per antisemitismo da parte di un’organizzazione chiamata ICJS Research, una indagine a porte chiuse da parte della radio australiana, senza possibilità alcuna di difesa e la sentenza finale: interruzione immediata della collaborazione con Varoufakis.

Questa la motivazione:

“La particolare linea anti-israeliana del suo commento potrebbe aver contribuito alla promozione di stereotipi negativi sugli ebrei e, più in particolare, sugli ebrei israeliani”.

 Tuttora, a distanza di così tanti anni, per questo motivo, Varoufakis viene spesso additato come noto “antisemita”.

Muro della vergogna costruito da Israele in Cisgiordania

Antisemitismo, reale e immaginario

Nel 2010 usciva in Canada un libro, “Antisemitism, Real and Imagined”, di Michael Keefer, in cui l’autore si chiedeva se le attività condotte in Canada dal CPCCA, Coalizione Parlamentare Canadese per Combattere l’Antisemtismo, fossero corrette. Keefer sosteneva che l’antirazzismo in Canada fosse strumentalizzato per mettere fuorilegge tutti i dibattiti, anche quelli più equilibrati, sul conflitto israelo-palestinese.

Riteneva quindi che la campagna antirazzista fosse in realtà una scusa per censurare il dibattito sulla Palestina.

Keefer si poneva anche un altro problema, non meno importante. Si chiedeva se le pratiche condotte dal CPCCA in Canada, quelle dell’ICJS in Australia e l’Indagine Parlamentare Interpartitica Britannica sull’Antisemitismo non fossero in qualche modo tra loro coordinate, visto che proponevano contemporaneamente le stesse tematiche in tre continenti diversi.

Keefer si chiedeva come fosse possibile questo coordinamento.

Possiamo oggi affermare che l’Australia del 2005 era un avamposto nella repressione del pensiero critico. Le esperienze australiane, maturate nella censura, vennero in seguito riproposte in Canada e Gran Bretagna, per poi estendersi alla Francia, all’Italia ed a tutti i paesi Occidentali. Nel 2000 era impensabile considerare antisemita chi difendeva i diritti dei palestinesi. Oggi, invece, grazie alla finestra di Overton aperta nei primi anni di questo secolo, questa è un’affermazione accettabile ed accettata in tutti i paesi occidentali. In Italia è anche legge.

Il bavaglio alla informazione

Le cose stanno peggiorando su un altro fronte: quello del bavaglio alla informazione e, soprattutto, alla controinformazione. Si tratta di un “chiodo fisso” per alcuni parlamentari e senatori.

In Italia, due anni fa è stata presentata da Emmanuele Fiano una proposta di legge molto articolata. Come sempre accade in questi casi, dietro la proposta si nasconde un obiettivo molto nobile.  La nuova norma vuole combattere le “fake news”. Ma dietro si nasconde la censura di tutti i siti di controinformazione, nemmeno tanto velata.

Keefer si chiedeva se le attività dell’epoca fossero tra loro coordinate, se il razzismo fosse sfruttato per censurare il dibattito politico. Oggi, considerando ciò che è successo negli ultimi dieci anni e le nuove leggi che stanno per varare gli esecutivi italiani, sempre più volatili, non abbiamo più alcun dubbio.

No, non sono coordinate.

Infatti, dire che sono tra loro coordinate significherebbe incorrere nel reato di antisemitismo, come si evince dalla definizione di antisemitismo approvata dal Governo E le leggi vanno rispettate, per questo la risposta è NO.

Varoufakis aveva letto il libro di Michael Keefer e metteva in guardia sulle varie forme di censura, di cui lui stesso era stato vittima:

Quando una campagna regressiva, il cui vero scopo è quello di porre fine a qualsiasi impegno critico contro la sottomissione, la repressione e l’espropriazione di un altro popolo, si appropria di una causa giusta, come quella della “tolleranza zero verso gli antisemiti”, la causa giusta soffre. Gli antisemiti si rallegrano quando le critiche al muro di Israele in Palestina sono equiparate all’antisemitismo. Perché sono improvvisamente inclusi nella più ampia comunità di persone giuste per le quali l’umiliazione collettiva, gli abusi di massa e la separazione di un intero popolo dalla propria terra, costituiscono uno stato orribile che ha bisogno di soluzioni urgenti.

Nei dieci anni che sono trascorsi da ciò che ha scritto Varoufakis, l’antisemitismo nel mondo ha subito un’accelerazione inconsueta e non prevista.

Chissà perché.

 

di Elena Dorian

Fonte: www.altreinfo.org

Sitografia:

  1. https://www.yanisvaroufakis.eu/2010/12/02/antisemitisms-handmaidens/
  2. http://www.thecanadiancharger.com/page.php?id=5&a=1211
  3. http://www.thecanadiancharger.com/page.php?id=5&a=381
  4. https://www.eurasia-rivista.com/criminalizzazione-della-critica-disraele-in-canada/

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