Tra non molto, a meno che non ci siano variazioni nelle strategie della BCE, finirà il quantitative esasing. L’inflazione sta ripartendo. L’euro si sta rivalutando rispetto al dollaro. Vediamo quali saranno, nel medio termine, le conseguenze per l’Italia.
Fine del quantitative easing
La fine del quantitative easing porterà ad un aumento dei tassi di interesse sui titoli di stato, attualmente vicini allo zero, proprio grazie al qe. Ciò significa che le prossime emissioni, circa 280 miliardi all’anno, comporteranno una maggiore spesa per interessi. Ipotizzando tassi di equilibrio al 2%, già nel 2018 si può pensare ad un incremento di 5,6 miliardi della spesa per interesse, ai quali si aggiungerebbero altri 5,6 miliardi nel 2019 ed altrettanti nel 2020. Nell’arco di tre anni dovremmo arrivare ad una spesa aggiuntiva di 16,8 miliardi per interessi, aggiuntiva rispetto ad oggi. Si tratta di un importo rilevante per le casse dello stato.

Effetti della fine del quantitative easing nel medio termine
L’aumento della spesa pubblica dovrà essere in qualche modo compensato. Per finanziare questa spesa, lo stato dovrà decidere se aumentare le tasse a carico dei cittadini o risparmiare sulla spesa per servizi erogati ai cittadini. Probabilmente, si opterà per un mix.
Aumento dell’inflazione
L’aumento del tasso d’inflazione porta una diminuzione del valore reale dei redditi, i quali già da tempo non vengono più adeguati all’aumento del costo della vita. Quindi se abbiamo un reddito di mille euro, con un’inflazione al 2%, il nostro reddito varrà circa 980 nel 2018, 960 nel 2019 e 940 nel 2020. Ciò significa che, a meno che non ci siano adeguamenti di massa, cosa inverosimile, anno dopo anno, gli italiani sarranno tutti un po’ più poveri. Soprattutto i pensionati.
Rivalutazione dell’euro
La rivalutazione dell’euro comporta una minore competitività dell’Italia in ambito internazionale, in quanto i prezzi all’esportazione si fanno in dollari. Ci si dovrà attendere quindi una diminuzione dell’export italiano, a favore dell’import. Questo metterà in difficoltà l’Italia, in quanto il nostro PIL, ora come ora, può migliorare soltanto con un’espansione delle nostre esportazioni. La domanda interna infatti e troppo debole e difficilmente potrà trainare l’economia.

Grafico in cui si evidenziano le conseguenze della contemporanea fine del quantitative easing, rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro, aumento dell’inflazione.
Conclusioni
Ci aspettano tempi difficili. L’effetto combinato di:
- aumento dei tassi d’interesse sui Titoli di Stato causato dalla fine del quantitative easing,
- aumento del tasso d’inflazione,
- rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro,
portano le seguenti conseguenze:
- aumento di tasse e tagli ai servizi per compensare l’aumento della spesa pubblica,
- perdita del valore reale di stipendi, salari e pensioni,
- aumento dei prezzi italiani all’export e diminuzione dei prezzi all’import,
- diminuzione del PIL.
Da cui consegue una maggiore povertà generalizzata. Chissà se i politici ne sono coscienti. Chissà se Padoan ne è consapevole.
di Alberto Rovis
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