Lezione numero uno: quando parlate di moneta, rischiate di finire sul rogo. Lezione numero due: proprio per questo, quando parlate o approfondite la questione della moneta, dovete sempre ricordare la lezione numero tre: quella di Galileo Galilei. Il fondatore della scienza moderna, come noto, rischiò di finire arrostito per aver osato sostenere la teoria eliocentrica contro quella geocentrica, ovvero tolemaica. “Non è la il sole a girare intorno alla terra,” si affannava a spiegare Galileo, “semmai il contrario”. Ma il nostro prode antenato perse la sua battaglia fino all’abiura che gli salvò, peraltro, la pelle.
E sapete perché? Perché era circondato da persone che pensavano di sapere tutto, ma non sapevano niente.
Quando, e se, deciderete di approfondire il tema della moneta, vi accorgerete di essere assediati, letteralmente, da personaggi simili agli inquisitori di Galileo: nell’arroganza esibita, nella monumentale ignoranza e anche nella “inabilità appresa” a ragionare. Eppure (concluderete voi, giustamente) gli avversari seicenteschi del libero pensiero sbagliavano. In effetti, sì. I carnefici di Galileo erano – passatemi il termine – dei terrapiattisti ante litteram, anche se la loro convinzione non riguardava la forma schiacciata del globo terracqueo, ma la sua immota collocazione nel cosmo.
Ebbene, i terrapiattisti della moneta, in genere, sono parimenti imbevuti di una laqualunque insaponatura di concetti economici, hanno qualche raffazzonata conoscenza storica, ma ignorano nel mondo più assoluto le vere fondamenta del sistema monetario: che sono giuridiche, non economiche.
È la legge a legittimare una moneta ed è sempre la legge a conferirle, per esempio, la prerogativa di avere corso “legale” (apposta, è così definito) oppure no. Dunque, è nella legge che dobbiamo cercare cosa si può o non si può fare rispetto alla moneta in un dato contesto storico, giuridico e istituzionale.
Ma come fai a spiegarlo a un terrapiattista? Costui non bada a simili sottigliezze. Lui “sa”, ha sempre “saputo” – perché il Sistema glielo ha sempre “insegnato” e lui lo ha, da sempre, “imparato” – che la moneta è una questione di “banche”, ha bisogno di una “banca centrale”, nasce ineluttabilmente “a debito” e necessita, per venire al mondo, di una “partita doppia”. Ed ha ragione, da un certo punto di vista. In effetti, si è (quasi) sempre fatto così. E però c’è un dettaglio in cronaca, da tutti – e in particolar modo dal “moneta-piattista” – bellamente ignorato.
Vale a dire il fatto che lo Stato, non l’Unione europea, è il “titolare ultimo della sovranità monetaria” (parole del sito di Bankitalia, così facciamo contenti pure i feticisti di Palazzo Koch). Nel nostro ordinamento giuridico, ciò è addirittura messo nero su bianco nell’articolo 117 della Costituzione, non bastasse la “bussola” dell’articolo 11. Un articolo “riscritto” dopo Maastricht 1992 e rimasto intonso dopo Lisbona 2007.
Cosa vorrà mai dire questa norma se non che lo Stato può battere moneta da sé – nel rispetto, ovviamente, delle “parallele” prerogative monetarie altrui – anche senza, anzi “proprio” senza, l’ausilio di una banca centrale?
Del resto, sul punto, ci conforta l’opinione conforme di autorevolissimi giuristi ed economisti come Paolo Maddalena e Antonio Galloni. Senonché, qui scatta il riflesso pavloviano del terrapiattista della moneta. Siccome gli hanno sempre insegnato a scodinzolare obbedienza (al sistema banco-centrico) quando qualcuno pronuncia la parola “magica”, per lui l’idea che lo Stato si occupi della genesi del denaro è assurda. Tanto quanto lo era, per il Sant’Uffizio, la tesi secondo cui la terra gira intorno al sole. Ma non dobbiamo disperare.
I tempi corrono, le circostanze cambiano, i cervelli si rimettono in moto. Persino per i terrapiattisti della moneta, c’è una luce in fondo al tunnel. Sempre che, afflitti da miopia culturale come sono, non siano impediti a scorgerla anche quando essa è più brillante.
di Francesco Carraro
Fonte: www.francescocarraro.com
***
***