L’inflazione in Germania ha raggiunto quota 1,75% e si sta avvicinando a passo spedito verso la soglia del 2,00%. Questo è l’obiettivo che Mario Draghi ha più volte indicato per l’area euro. Detto in altri termini, sta per terminare il Quantitative Easing (QE). Non appena raggiunta la soglia del 2,00% la BCE chiuderà definitivamente i rubinetti e non immetterà nel sistema quei 60 miliardi di euro mensili di nuova liquidità che costituiscono, appunto, il Quantitavie Easing.
A cosa è servito il QE della Banca Centrale Europea
Finora i soldi immessi nel sistema dalla BCE sono stati utilizzati dalle banche per acquistare titoli del debito pubblico e obbligazioni emesse dalle grandi imprese. Per quanto riguarda l’Italia, il QE ha contribuito a tenere bassi i tassi d’interesse sul debito pubblico, permettendo ai governi degli ultimi due anni di risparmiare notevoli cifre sugli interessi passivi.
Se consideriamo che quest’anno ci sono circa 280 miliardi di titoli in scadenza, che dovranno essere quindi rimborsati con nuove emissioni, è facile immaginare che un aumento dei tassi d’interesse si rifletterà in modo estremamente negativo sui nostri conti pubblici. Comunque vada, il QE ha i giorni contati. Al raggiungimento della soglia del 2%, la Germania pretenderà che la BCE smetta di creare nuova moneta, altrimenti si rischia che l’inflazione vada oltre la cifra stabilita e questo, per loro, è inammissibile.
Cosa succederà adesso?
Cosa succederà adesso? La previsione è molto semplice: aumenterà la spesa pubblica per interessi, e da qualche parte lo stato dovrà trovare i soldi di cui avrà bisogno. Ora, se quattro miliardi per i terremotati ci mettono in grande difficoltà, possiamo immaginare quale sarà la situazione che si verrà a creare poi. C’è da dire però che il governo ha comunque trovato i 20 miliardi che servivano per salvare MPS e le altre banche. Ma probabilmente dovrà ricorrere al Meccanismo Europeo di Stabilità e questo significa perdere una fetta della nostra sovranità nazionale. In altre parole, avremo la Troika in casa a dettar legge ed a dirci cosa fare (tagli alla sanità, tagli alle pensioni, privatizzazioni di tutti i beni pubblici, aumento delle tasse, ecc.). E’ come avere un mostro nel salotto.
Cosa succederà tra qualche anno?
Anche questa previsione è semplice. Tra qualche anno arriveranno tutti i nodi al pettine e la situazione diventerà critica. Un aumento stabile degli interessi, diciamo al 4%, cosa non impensabile per l’Italia, nel giro di pochi anni comporterà un aumento annuo della spesa pubblica per interessi di circa 15/20 miliardi. E negli anni successivi la spesa aumenterà ancora, fino a stabilizzarsi intorno ai 30/35 miliardi all’anno in più. E questo senza fare ipotesi catastrofiche e senza prendere in considerazione la malefica speculazione.
Ma non è tutto qui. Le maggiori spese per interessi genereranno nuova recessione e innescheranno di nuovo quella terribile spirale che già conosciamo: diminuzione del PIL – aumento del rapporto debito/PIL – politiche restrittive – aumento della tassazione – altra recessione – nuova tassazione per finanziare la spesa pubblica – nuova recessione e così via. Si tratta di previsioni realistiche, non pessimistiche.
La ripresa dell’inflazione
Come è logico che sia, prima o poi arriverà l’inflazione anche qui da noi, ed innescherà una perdita di valore dei salari che difficilmente verrà compensata dagli aumenti. Infatti, l’adeguamento dei salari all’inflazione è possibile soltanto in presenza di sindacati disposti a fare fino in fondo gli interessi dei lavoratori. Ma purtroppo i nostri sindacati sono da lungo tempo conniventi col sistema e sembrano più interessati al proprio benessere che a quello dei lavoratori.
Chissà se i nostri governanti sanno dove stiamo andando. Non credo. In fondo loro non sanno nulla di economia e finanza. Loro hanno studiato solo l’arte del bla-bla. Quello che sanno fare molto bene è alternarsi al governo del paese, in modo tale da poter dire davanti ad ogni fallimento:
“Noi non c’entriamo, è stata colpa di quelli che hanno governato prima”.
Sanno anche fondare un sacco di nuovi partiti per poter dire:
“Se le cose vanno male è colpa del partito che c’era prima di noi”.
E naturalmente quel partito ora non c’è più.
Ogni paese ha il governo che si merita. Ma a me sembra che l’Italia meriti qualcosa di meglio. Non so, forse è soltanto un’illusione.
di Alberto Rovis
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