“L’Unione Europea – osserva il settimanale britannico “The Economist” nella rubrica Charlemagne, dedicata agli affari europei – può anche essere una costruzione franco-tedesca, ma quando il progetto ha bisogno di una certa dose di grandiosità si rivolge sempre all’Italia. Nel fine settimana i leader di 27 paesi membri, con l’eccezione del Regno Unito uscente, si riuniranno nella capitale italiana per celebrare i sessant’anni dei Trattati di Roma, all’origine dell’UE, nella stessa sala del Palazzo dei Conservatori in cui furono firmati”.
“Nell’odierna situazione di divisione, il simbolismo conta, anche se la dichiarazione che sara’ firmata questa volta sara’ piuttosto blanda. Per ironia della sorte – prosegue l’Economist – se si chiede a funzionari di Bruxelles o di Berlino che cosa li tiene svegli la notte la risposta e’ sempre la stessa: l’Italia”.
“La Commissione europea prevede che la crescita italiana sara’ dello 0,9 per cento quest’anno, la più bassa dell’area dell’euro”. Dal 2008 il paese e’ stato più volte in recessione. Il reddito pro capite in termini reali e’ più basso del 1999, anno dell’adesione alla moneta unica. La disoccupazione giovanile e’ al 38 per cento e il tasso di occupazione e’ tra i più bassi dei paesi sviluppati appartenenti all’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico”.
Questo è il desolante quadro dell’Italia da che è nell’euro e nella UE, numeri alla mano.
“Non stupisce allora che la popolazione, tradizionalmente europeista, sia sempre più critica, soprattutto sull’appartenenza all’eurozona. Non si può dire che l’Italia non sia resiliente: e’ rimasta in piedi nonostante il terrorismo, scandali politici epici e i lunghi anni di Silvio Berlusconi. I mercati, smentendo le previsioni, non sono crollati dopo la bocciatura referendaria della riforma costituzionale, lo scorso dicembre. A Matteo Renzi, dimessosi, e’ subentrato un nuovo presidente del Consiglio, il 43° del dopoguerra, Paolo Gentiloni, di cui i partner europei parlano con cordialità – continua l’Economist”.
“Tuttavia, guardando avanti – prosegue l’autorevole periodico – non e’ difficile immaginare una trama fosca: la crescita cronicamente bassa, la bassa inflazione e l’enorme debito pubblico sono una triade potenzialmente letale. All’orizzonte incombe una resa dei conti con la Commissione sulla manovra finanziaria d’autunno. Le banche sono un po’ più sane di sei mesi fa, ma destano ancora preoccupazione. Ciò che preoccupa di più e’ la fine del programma di acquisto di bond da parte della Banca centrale europea, probabilmente entro la fine dell’anno, col conseguente aumento del costo del debito, proprio in concomitanza con le elezioni. Il Movimento 5 stelle, che sondaggi recenti danno avanti di cinque punti rispetto al Partito democratico, pensa che l’euro, bloccando la svalutazione, colpisca le esportazioni, e vuole un referendum sull’appartenenza. Il rischio finanziario e il rischio politico creano allarme: l’Italia e’ troppo grande per essere salvata, ma e’ anche troppo grande per fallire”.
“Quindi – conclude l’Economist – sarà la nazione che può fare crollare l’Unione europea e contemporaneamente l’euro”.
Fonte: www.ilnord.it
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