Il 29 marzo, il Jerusalem Post ha raccontato come due F-35 israeliani, partiti da Israele, fossero riusciti a sorvolare lo spazio aereo dell’Iran senza essere percepiti né dai radar iraniani né da quelli russi in Siria, facendo appunto onore alla loro “invisibilità”. Il racconto ha avuto subito una smentita dai comandi russi, che “vedono” ogni aereo non solo che passa sulla Siria, ma che decolla da Israele, ed hannno qualificato la notizia come “totalmente stupida”.
https://sputniknews.com/military/201803301063049739-syria-israel-airspace-refute-reports/
Altri esperti hanno espresso dubbi; ma ora la smentita definitiva viene dalla rivista americana più autorevole del settore, The Aviationist. Qui, l’esperto David Cenciotti ha spiegato perché l’affermazione israeliana “non ha alcun senso”.
Nessun F-35 ha sorvolato l’Iran
Anzitutto, l’autonomia degli aerei, 2 mila chilometri, non permette di fare andata e ritorno da Sion all’Iran senza scalo né rifornimento in volo, come ha preteso il Jerusalem Post, in assetto “furtivo”: ossia senza i serbatoi supplementari esterni, che ne annullano l’invisibilità.
Segue una complessa illustrazione tecnica per cui “la massiccia presenza di radar russi” è “in grado di identificare i decolli dalle basi israeliane in tempo reale e di utilizzare i dati raccolti per “marcare” la segnatura dell’F-35 a lunghezze d’onda specifiche, come hanno già fatto con i F-22 americani. Il che obbliga la forza aerea israeliana (IAF) ad adattarsi allo F-35 invece che adattare lo F-35 alla propria flotta, essenzialmente (se ho ben capito) facendo volare caccia attorno al presunto invisibile per nasconderne le tracce. Infatti, “dicono allo IAF, l’obiettivo è di utilizzare lo F-35 per migliorare gli aerei di quarta generazione che voleranno attorno all’F-35”.
Un aereo invisibile che ha bisogno di essere accompagnato da aerei visibili non è una novità. Nella guerra del Kossovo, 1999, gli USA bombardarono la Serbia con i B-2, “invisibili”. Ma come ricorda Philippe Grasset, le forze d’interevento francesi, che avevano un loro autonomo sistema di sorveglianza radar, li riconoscevano da lontano dalla enorme traccia radar che lasciavano non i B-2, ma la flotta di aerei di protezione, di sostegno, di contromisure elettroniche che lo accompagnavano. Anche lo F-35 non è mai stato visto volare senza almeno un F-16 di compagnia.
Torniamo ad Aviationist: oltretutto, scrive Cenciotti, il rischio di far identificare un prezioso F-35 (che definisce “aereo immaturo”) in una missione puramente dimostrativa sarebbe un gioco che non vale la candela. E poi, se una simile operazione di sorvolo invisibile fosse stata realizzata davvero, è altamente improbabile che sarebbe stata divulgata. Infine la fonte della notizia. Il Jerusalem Post l’ha ripresa dal giornale kuwaitiano Al-Jarida, “considerato generalmente nel mondo arabo come la piattaforma israeliana per trasmettere messaggi ad altri nel Medio Oriente”.
Piuttosto, c’è da porre la domanda: come mai Israele ha sentito il bisogno di sparare una falsità così grossa e in modo così maldestro? Forse doveva”mostrare al mondo, e agli avversari regionali, che la sua forza aerea manteneva la capacità di operare liberamente all’intero degli spazi aerei siriani e iraniani, dopo la perdita dell’F-16” abbattuto dalla contraerea siriana (con l’aiutino russo) a febbraio scorso?
E’ una domanda che chiama in causa la ben nota psichiatria ebraica, che va dall’eccessiva facilità ad agire sotto “stress PRE-traumatico” al complesso di onnipotenza ed alla “proiezione” fantasmatica dell’uno e dell’altro complesso sulla realtà. Il senso di invulnerabilità che permetteva all’aviazione israeliana di fare quel che ha voluto nello spazio aereo siriano, libanese e giordano, è adesso minato dalla presenza dei radar russi; l’abbattimento dell’F-16 deve aver portato al delirio la frenesia psichica del popolo eletto, dei suoi militari; si sentono nudi e indifesi.
“Fake News” auto-consolatorie
Occorreva trovare subito una compensazione-gratificazione; e mentre un bambino si succhia il pollice e o una signorina si compensa delle frustrazioni con un dolcetto, Sion ricorre alla sua “narrativa”. Una narrativa che impera con successo da quasi tre millenni, che ha costituito la grandiosa credibilità della Torah, supplendo alla carenza di dati storici reali con racconti eccezionalmente affidabili sull’Esodo, Re David, Salomone e il suo tempio (di cui gli archeologi non trovano un resto); che continua a dominare il mondo occidentale anche oggi (vedi Shoah) attraverso il controllo dei media e della fabbrica dei sogni di Hollywood. Non a caso Shamir li ha definiti “i Padroni del Discorso”.
La storia falsa dell’F-35 sull’Iran segna però una novità. La “narrativa” ebraica è stata sempre diretta, e con molta arte, verso i goym, per mantenere i loro sensi di colpa e far apparire Israele debole vittima innocente di nemici ferocissimi, bisognosa di armamenti e finanziamenti senza fine; la guerra dell’informazione essendo parte integrante – e forse la maggiore – della guerra tout court. Questa invece sembra una storia inventata per consolare e rassicurar se stessi.
Lo conferma un altro fatto: il 20 marzo scorso il governo israeliano ha rivendicato pubblicamente (cosa che non aveva mai fatto prima) di aver distrutto con la sua aviazione una”centrale atomica siriana” costruita “con l’aiuto della Corea del Nord” – nel 2007. Una rivendicazione 11 anni dopo, cosa significa? “La potenza della nostra armata, della nostra aviazione e delle nostre capacità di intelligence si sono fortemente rinforzate rispetto al 2007: ciascuno in Medio Oriente ha interesse a tenerne conto”, ha scandito il ministro della difesa Avigdor Liberman. Immagino, succhiandosi il pollice. Tanto più che è quasi certo che tutta la storia della “centrale atomica siriana” sia un’invenzione escogitata dall’allora capo del Mossad per gli esteri, Meir Dagan, per trascinare gli USA all’intervento diretto in Siria. Narrativa ebraica, insomma. O “fake news”, come si dice oggi.
Anche Netanyahu diventa sempre più maldestro nei suoi tentativi di disinformazione e commette errori di comunicazione, come dimostra da ultimo il suo annuncio che manderà 16 mila immigrati africani “in Italia e Germania”. I media servili devono esercitare tutta la loro buona volontà per coprire i crimini israeliani, per esempio chiamando “violenti scontri” quelli organizzati dai manifestanti di Gaza, per giustificare l’assassinio da parte di cecchini israeliani di 17 ragazzi; quando nessuno “scontro fisico” ravvicinato c’è stato, ma una battuta di caccia al palestinese (“di passo” a postazione fissa, come la caccia al cinghiale dei nobili) con uccisioni mirate a distanza – cosa documentata da video e foto e che non ha potuto essere nascosta del tutto alle opinioni pubbliche europee.
Un motivo alla narrativa affrettata, consolatoria e fallace, è stato da qualcuno trovata nei Patriot. Sì, nei missili anti-aerei Patriot Made in USA che da un ventennio almeno “proteggono” Israele da ogni possibile attacco con razzi e missili lanciati ai Nemici. Giusto il 25 marzo, le forze houti yemenite hanno lanciato sette missili contro Ryad e l’Arabia Saudita ha annunciato di averli intercettati tutti coi suoi Patriot. “E’ falso”, ha scritto Jeffery Lewis su Foreign Policy del 28 marzo, “e non solo perché la caduta di frammenti ha ucciso a Ryad almeno una persona e ne ha mandati all’ospedale quattro”. La scusa che i sauditi non sono capaci di manovrare correttamente i Patriot non regge: la Raytheon, la casa costruttrice, fornisce al regno wahabita, “ex soldati americani” per operare il sistema.
“Ciò solleva delle domande scomode non solo per i sauditi, ma per gli Stati Uniti”, scrive Lewis: “sembra che abbiamo venduto loro – ed anche al pubblico americano – un rozzo simulacro di sistemi antimissile”.
Ma i Patriot, poi, funzionano?
Proprio così. Dedefensa ricorda come già durante la prima guerra del Golfo (1990-91) l’allora ministro della Difesa israeliano Moshe Arens aveva segnalato a Bush che della presunta nuvola di centinaia di (vecchi) Scud che Saddam diceva di aver lanciato su Israele, secondo la narrativa ufficiosa meno del 20% ne erano stati intercettati dai Patriot, prendendosi un rabbuffo dal presidente Bush (senior); ma che in realtà il tasso va ridotto allo 0%, dato che tutti i 39 Scud che Saddam lanciò effettivamente raggiunsero Israele. Nella seconda guerra del Golfo, 2003, i Patriot riuscirono ad abbattere due aerei: un Tornado della RAF il 23 marzo 2003, e un F/A-18 della US Navy il 3 aprile seguente, perché – scrisse il Guardian – il Patriot “ha difficoltà a distinguere gli amici dai nemici”. Si domandava, il Guardian, se quelli “fossero i soli due aerei che i Patriot abbiano mai abbattuto”.
Poco male, per tutti questi anni. Finché la Superpotenza e il suo falso agnello sionista si sono misurati con forze armate di poveri e piccoli stati arretrati, sprovvisti di missili moderni e di radar e aviazione degni di questo nome. Il Patriot forniva la dovuta sicurezza “narrativa”, i sauditi, i servetti NATO e i polacchi li compravano con grande profitto per Raytheon. Fino al giorno in cui in Siria è comparsa la Russia e i suoi armamenti, dagli S-400 ai radar a bassissima frequenza. Da quel momento, i Patriot si sono rivelati una “impostura tecnologica” e pure molto invecchiata, essendo in commercio dagli anni ’90. E non parliamo nemmeno degli invisibilissimi F-35.
Da qui le frenetiche invenzioni di Sion, elaborate male perché nel panico e in pieno delirio di vulnerabilità, auto consolatorie più che rivolte all’esterno. Grasset giunge a dire: Sì, il “dominio mediatico” è diventato uno dei fronti della guerra di nuovo tipo, almeno tanto importante quanto il dominio nello spazio, dice il generale Gerassimov, capo di stato maggiore. E i “Padroni del Discorso” lo dominano, come sappiamo. Ma il problema è se ormai il “dominio mediatico” è diventato il “solo” dove hanno dominanza totale, e se esso può sostituire tutti gli altri…
http://www.dedefensa.org/article/linfinie-saga-narrativedupatriot
di Maurizio Blondet
Fonte: maurizioblondet.it
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