Dunque sono stati caccia F-15 di Israele a colpire – con 8 missili – la base aerea siriana tra Homs e Palmira. Lo ha confermato il ministero russo della difesa, ed è la prima volta che Mosca accusa Israele. Secondo la Russia, degli otto missili, 5 sono stati intercettati dalla contraerea siriana, tre sono caduti nella parte occidentale della base aerea. Il governo di Damasco parla di “martiri e feriti”, mentre i russi non confermano i morti. Gli ebrei avrebbero sparato stando nello spazio aereo libanese. L’hanno fatto apparentemente all’insaputa degli americani, o almeno al Pentagono, che alle prime notizie ha fatto una dichiarazione ufficiale: “il Dipartimento della Difesa non sta conducendo attacchi aerei in Siria”, ha detto il Pentagono a Reuters in una dichiarazione. “Tuttavia, continuiamo a guardare da vicino la situazione e sostenere gli sforzi diplomatici in corso contro i responsabili che usano armi chimiche, in Siria o in altro modo“.
Notevole come poche ore prima dell’attacco, governanti israeliani erano già entrati nel pieno delirio, incitando al sangue gli americani e lo stato ebraico allo sterminio, prendendo come scusa l’inesistente attacco al cloro di Goutha. “Assad è l’angelo della morte, il mondo sarà migliore senza di lui”, così Yoav Galant, ministro dell’edilizia (ossia il costruttore degli insediamenti illegali) ed ex generale. Gilad Erdan, ministro degli affari strategici, ha incitato gli americani ad aumentare il loro intervento in Siria. Anche Isaac Herzog, il caspo dell’opposizione (Sic), ha incitato Washington a “attuare azioni militari decisive” contro la Siria. Una frenesia che rivela la “narrativa ebraica” nell’inesistente attacco al gas di Goutha, ma rivela, ancor più, il pericoloso stato d’animo a cui l’intero Israele è in preda – governanti e governati. Lo ha già segnalato con allarme il giornalista Gideon Levy.
A Gaza, sedici morti ammazzati un giorno, 10 l’altro, migliaia di feriti da colpi d’arma da fuoco. Ma la Goracci – e l’intera Rai – non piange sulla strage che gli israeliani stanno perpetrando contro i palestinesi di Gaza, da giorni ormai. La Goracci piangeva sui bambini di Aleppo e di Goutha, facendo i suoi servizi da Istanbul, piuttosto distante dal terreno. La Rai non l’ha mandata a Gaza. Ci sono altri giornalisti a Gaza, di tutt’altro genere, inglesi ed anche ebrei, che raccontano da testimoni oculari.
Dum-dum contro i manifestanti inermi
Raccontano tanto che Youtube ha censurato in 28 paesi il video in cui Max Blumenthal ha documentato dal vivo le violenze dei soldati ebraici: violenze di una crudeltà estrema e deliberata, volta a storpiare ed invalidare per sempre i sopravvissuti. Blumenthal li ha accusati di usare proiettili dum-dum, che si frammentano dentro il corpo – sono armi vietate anche negli eserciti, e Giuda le usa contro manifestanti civili. I comandi israeliani hanno dapprima risposto con un tweet quasi incredibile: “tutto vien condotto in modo accurato e misurato, sappiamo dove finisce ogni singolo proiettile”. Poi hanno cancellato il tweet ed operato tramite lobby per far censurare il video su YouTube. La ADL (Anti-Defamation League of B’nai B’rith, storico braccio della lobby israeliana) ha creato due gruppi di sorveglianza per bloccare la verità su Israele sterminatrice, lo “Anti-cybergate working group”, contro “i messaggi d’odio sui social“ (li chiama così anche la Boldrini), e il Programma Trusted Flagged per sopprimere le notizie sgradite da YouTube.
Ovviamente Facebook, appena sono cominciati le manifestazioni a Gaza, ha subito cancellato gli account di quasi tutti i militanti palestinesi in grado di riferire, in inglese o altra lingua occidentale, quel che sta avvenendo. Il governo israeliano ha lodato la buona volontà di Facebook: ha risposto favorevolmente “al 95% delle richieste” di censura negli ultimi quattro mesi. Lo ha rivelato il giornalista Green Greenwald, che no, non è Goracci.
Jonathan Cook, giornalista britannico che riferisce da Nazaret, ha elencato “qualche esempio” recente in cui l’esercito israeliano ha coperto i suoi crimini e le sue crudeltà gratuite con menzogne. Parla di “un bambino, che era stato orribilmente ferito dai soldati, ed è stato successivamente arrestato per indurlo, terrorizzandolo, a firmare una falsa ammissione che s’era ferito in un incidente con la bicicletta. Un uomo sparato a bruciapelo, poi picchiato selvaggiamente da una banda di militari e lasciato morire dissanguato, è stato fatto passare come morto per inalazione di gas lacrimogeno.
Ai primi di marzo, “ufficiali israeliani hanno ammesso davanti a un tribunale militare che l’esercito aveva picchiato e bloccato un gruppo di giornalisti palestinesi come parte di una politica esplicita di impedire ai reporter di coprire gli abusi commessi dai suoi soldati.
Juliano Mer-Kamis, attore ed attivista, che nonostante le sue origini arabo-cristiane entrò volontario nell’armata israeliana come parà, ha raccontato che negli anni ’70 era stato incaricato di portare “un borsone pieno di armi” nelle incursioni al campo profughi di Jenin. Quando i soldati uccidevano donne o bambini palestinesi, egli piazzava un’arma presa dal borsone accanto al corpo. Una volta, quando dei soldati giocando con un lanciarazzi a spalla spararono contro un asino e la dodicenne che lo cavalcava, a Meir-Khamis fu ordinato di mettere degli esplosivi sui loro resti.
Tutto ciò già avveniva, sottolinea Cook, molto prima che scoppiasse la rivolta di massa e semi-permanente dei palestinesi contro i loro carcerieri e torturatori, anche risale agli anni ’80. Fino a pochi anni fa, prima dei social, le documentazioni filmate delle atrocità giudaiche contro la popolazione erano descritte ai giornalisti esteri dal governo israeliano come “Palliwood”, la Hollywood dei palestinesi. Ora è un po’ più difficile. Diventa sempre più chiaro il metodico svilupparsi della narrativa ebraica sulle atrocità. Esempio: ancora ai primi di marzo Mohammed Tamimi, 15 anni, è stato strappato dal suo letto da un raid notturno dell’esercito israeliano. Perché? “Nello scorso dicembre, i soldati israeliani gli avevano sparato al volto durante un’invasione del suo villaggio di Nabi Saleh. I medici gli hanno salvato la vita, ma gli è rimasta una testa deforme e una sezione del cranio mancante”.

Momamed Tamimi, 15 anni. Lo hanno arrestato per fargli firmare che lo ha ridotto così un incidente di bicicletta.
Il glorioso Tsahal voleva far sparire Mohammed che con le sue deformità era diventato un atto d’accusa vivente della loro crudeltà. La cosa era diventata nota a livello internazionale perché la cugina di Mohammed, la sedicenne Ahed Tamimi, ha schiaffeggiato in diretta video uno dei soldati che erano entrati in casa sua. Bionda e graziosa, Ahed è diventata virale sui social come eroina-bambina della resistenza palestinese.
Da qui in poi, la “narrativa ebraica” s’è imballata. S’è saputo che Michael Oren, vice-ministro Esteri (ha doppia cittadinanza americana), aveva costituito una commissione segreta per cercare di dimostrare che Ahed era in realtà un’attrice pagata, come del resto tutta la sua famiglia, per proiettare una cattiva immagine di Sion. Mentre Ahed è stata sbattuta in galera – in un tribunale militare – come “terrorista” e provocatrice, il cugino Mohamed, benché ancora malato grave, è stato sequestrato, trascinato in cella e sottoposto agli interrogatori terrorizzanti per fargli firmare (!) una confessione che la sua faccia era stata ridotta così non dai fucili d’assalto di Sion, ma perché caduto dalla bicicletta.
Ai genitori è stato negato di vedere il piccolo prigionieri; anche l’accesso di un avvocato è stato negato. Altri parenti del ragazzino sono stati sequestrati, sempre con l’accusa di terrorismo. Yoav Mordechai, il generale responsabile delle attività (repressive) israeliane nei territori occupati, ha dichiarato ai media israeliani che le ferite di Muhammad erano “fake news”, parte di una “cultura della menzogna e dell’istigazione” palestinese.
Ciò, nonostante che tutta la documentazione ospedaliera, comprese le scansioni cerebrali, oltre a testimoni oculari, confermino che il ragazzino è stato colpito al volto da proiettili israeliani. In realtà scrive Cook, “sono centinaia i bambini sulla linea di produzione di incarcerazione israeliana che ogni anno devono firmare confessioni – o patteggiamenti – come quello fatto firmare a Muhammad, per ottenere riduzioni della pena di carcere; dai tribunali con tassi di condanna quasi del 100%.”.
Similmente, la ripresa video mandata in onda da CCT ha dimostrato la falsità diffusa da Israele sulla morte di Yasin Saradih, 35 anni, sparato a bruciapelo durante un’invasione di Gerico, poi ferocemente picchiato dai soldati mentre giaceva ferito e lasciato morire dissanguato; avevano detto appunto che era morto per i gas inalati. Del resto, Amnesty International ha denunciato, non più tardi dello scorso febbraio, “che molte delle decine di palestinesi uccisi nel 2017 sembrano essere stati vittime di esecuzioni extragiudiziali”.
di Maurizio Blondet
Fonte: maurizioblondet.it
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