1

Israele, libero dopo 9 mesi il soldato-killer Azaria

Uccise un palestinese a sangue freddo. Condannato per omicidio colposo, ha scontato la metà della pena, la stessa che sta scontando Ahed Tamimi per uno schiaffo. Libero due giorni prima del previsto per permettergli di partecipare al matrimonio del fratello

Lo striscione a casa di Azaria: “Bentornato Elor, soldato di tutti noi”

Dopo nove mesi carcere il soldato israeliano Elor Azaria è stato liberato: questa mattina è tornato a casa, accolto da striscioni, amici e familiari in festa. E dalle dichiarazioni della ministra della Cultura Regev e quello dei Trasporti Katz: stanno già lavorando per ripulire la fedina penale del militare.

Il 24 marzo 2016 Azaria aveva ucciso a sangue freddo un palestinese, Abdul Fatah al-Sharif, a Hebron. Il giovane era a terra ferito, colpito dai soldati dopo aver tentato di compiere un accoltellamento. Era disarmato e impossibilitato a muoversi, non rappresentava dunque alcuna minaccia. Azaria si era avvicinato e gli aveva sparato alla testa uccidendolo.

Il caso aveva sollevato lo sdegno nel mondo, ma non in Israele dove Azaria è stato subito dipinto come un eroe, un “neutralizzatore” di terroristi. Per lui erano scesi in piazza migliaia di israeliani, i membri del governo lo avevano osannato e lo stesso aveva fatto la stampa nazionale. Tanto da influenzare il processo: Azaria è stato condannato per omicidio colposo e 18 mesi di prigione, poi costantemente ridotti. Fino a oggi: dopo nove mesi è libero. Secondo i media israeliani, il soldato è stato rilasciato due giorni prima – inizialmente si era parlato del 10 maggio – per permettergli di partecipare al matrimonio del fratello.

Azaria (Foto: Yediot Ahronot)

Azaria (Foto: Yediot Ahronot)

Quello di Azaria è un caso esemplare dell’impunità di cui godono i soldati israeliani nel paese. Libertà di aprire il fuoco contro palestinesi che in questi giorni è di nuovo realtà con le decine di uccisioni e i migliaia di ferimenti gravi a Gaza, lungo le linee di demarcazione, dove i cecchini dell’esercito sparano in modo indiscriminato contro manifestanti palestinesi disarmati.

In una società fortemente militarizzata, in cui l’esercito è considerato il naturale apporto del cittadino alla vita dello Stato e l’uniforme è uno dei principali collanti della società, è pressocheé impossibile assistere a punizioni per violazioni, abusi e crimini da parte dei soldati. Un’operazione che passa per la totale disumanizzazione dell’altro, il palestinese.

Nemmeno il video girato da B’Tselem, organizzazione israeliana per i diritti umani, che mostrò l’uccisione a sangue freddo di Sharif ha provocato proteste nel paese. Al contrario, ha permesso di descrivere Azaria come un eroe. Lo stesso premier Netanyahu, che oggi si diceva “felice che questa situazione sia finita”, ne aveva chiesto la grazia. Gli era stata invece negata dal presidente israeliano Rivlin.

L’ennesimo esempio di doppia giustizia, di un doppio sistema giudiziario che punisce con pene estremamente pesanti atti molto meno gravi compiuti da palestinesi e con pene lievi o – più spesso – alcuna punizione soldati e civili israeliani. Se un palestinese rischia 20 anni per lancio di pietre, un omicidio come quello commesso da Azaria è stato punito con nove mesi di prigione. Praticamente identica la pena che sta scontando Ahed Tamimi, la giovane palestinese di Nabi Saleh: otto mesi per aver schiaffeggiato due soldati.Eppure gli stessi giudici  del processo ad Azaria avevano definito il suo atto “grave, immorale, contrario all’etica militare”.

Human Rights Watch, un anno fa, proprio in riferimento al caso del soldato, aveva parlato di generale “atmosfera di impunità per le uccisioni di palestinesi”. Che non è solo frutto delle posizioni dei vertici politici, ma è radicata nella società: secondo un sondaggio di Channel 2, il 57% degli israeliani riteneva ingiusto processare Azaria perché “aveva fatto la cosa giusta”.

 

Fonte: http://nena-news.it

***