L’umanità “liberata” che fa? Si masturba estinguendosi. Maurizio Blondet
Da Repubblica: “A Torino apre la prima casa di appuntamenti con sex dolls per uomini e donne”.
Nell’articolo apprendiamo che è una iniziativa della LumiDolls, la società catalana che offre intrattenimento ludico-sessuale con realistiche e realistici, ed ha già aperto case simili a Barcellona e Mosca. Sul loro sito internet spiegano: “Vogliamo farvi godere della sessualità in un modo completamente diverso, in uno spazio lussuoso, assolutamente riservato e del tutto legale”. Quel che offrono, si chiama in fondo masturbazione.
Ma come hanno fatto presto ad arrivare le novità. Appena un mese fa, Zero Hedge raccontava:
Per adesso sono duemila all’anno le bambole del sesso in silicone che vengono vendute in Giappone: a 3700 dollari l’una, grandezza naturale ed aspetto vivo di adolescente, teste rimovibili, genitali adattabili ai desideri del cliente. Il calo futuro del prezzo, l’aumento della solitudine degli anziani ed anche dei giovani scapoli, promette un vero,triste trionfo commerciale di questo genere di merce. Tanto che il demografo Kamako Amano, dell’istituto di ricerca NLI di Tokio, lo vede come un pericolo per l’esistenza stessa del Giappone, dove la denatalità già infuria e si stima che nei prossimi 30 anni la popolazione sarà diminuita di un terzo.
Ricorrono le spiegazioni sociologiche: le 14 ore di lavoro che ancor oggi ogni ditta richiede all’impiegato nipponico, il gran numero di donne laureate ed entrate nel mondo del lavoro, il numero sempre maggiore di single di ritorno o perché divorziati, separati o vedovi; possiamo anche evocare la cultura dell’individualismo edonistico, l’egoismo disimpegnato, o la paura dell’altra; o un effetto collaterale delle “conquiste” del femminismo, che inducono i maschi a preferire ad una donna giudicante ed esigente la compagnia silenziosa e docile della bambola gonfiabile.
La donna è stata “sostituita”
Ma ciò tace quella che è la causa profonda e radicale, la quale è ben lungi dall’essere confinata alla società giapponese: l’abuso della pornografia come vizio di massa e di ogni età. Un fenomeno taciuto,, che solo da poco gli psichiatri stanno cominciando a studiare come patologia. Le nuove tecnologie ed Internet hanno messo a disposizione video e materiale osceno che solo trent’anni fa, uno doveva procurarsi in negozi specializzati, mettendosi in contatto con ambienti umani loschi, con cui il borghese perbene temeva di esser visto in contatto; il materiale era raro e costava, e per lo più era di cattiva qualità.
Adesso invece è – leggo nel saggio Porno-Tossine di Antonio Morra – Accessibile, Abbordabile e Anonimo. L’educazione permissiva e “senza tabù” ha fatto cadere il (benedetto) stigma sociale che faceva vergognare il consumatore di “foto sporche”, ovviamente masturbatore, di essere scoperto. I genitori di mentalità “aperta” sottovalutano o scusano quel che i loro ragazzini tredicenni guardano sullo smartphone o nel laptop nella propria stanzetta. Tredicenni? “Bambine di sette anni inviano online propri video molto espliciti”, si allarmava il Telegraph in un articolo del 13 luglio 2015, dedicato al Sexting, ossia alle immagini (e testi) porno di se stessi che si inviano i bambinelli ancora non adolescenti.
“Internet Watch Foundation e Microsoft – scrive Morra- hanno analizzato 4 mila immagini con contenuti sessuali espliciti condivise da adolescenti e bambini: 667 (il 17,5%) riguardavano adolescenti dagli 11 ai 15 anni, e 286 addirittura bambini sotto i 10. Sex chat, sexting, tanti selfie di nudo. Il 93% proveniva da ragazzine.
Vasti sondaggi condotti in USA – ma non può essere diverso da noi – ha mostrato che i maggiori consumatori di porno sul web sono i ragazzi da 12 ai 17; all’età di 18 anni, il 90 per cento dei ragazzi e il 60% delle femmine ha visto pornografia online. L’83% dei maschi e il 57% delle ragazze ha guardato porno omosessuali, il 9% delle ragazze e il 15% dei ragazzi video pedofili, il 18% delle ragazze e il 32 % dei ragazzi scene di bestialità o sesso con animali.
Una ricerca sul web ogni 8 (e una su 5 sui telefonini) riguarda pornografia. Persino nella religiosa Bible Belt americana , il 64% dei maschi cristiani e il 15% delle donne ammette di guardare porno almeno una volta al mese; anche un pastore su 7 confessa di avere “il problema”. Immagino che le cifre possano essere simili nelle gerarchie cattoliche, come sembrano dimostrare le reciproche copertura e complicità, nonché la vasta tolleranza, dei casi di omosessualità e pedofilia. E ciò spiega la messa tra parentesi (se non la cancellazione) del richiamo alla purezza e allo sforzo di tenersi casti nella predicazione e pastorale. In generale, sembra vigere – nel mondo clericale non meno che in quello laico – un’aria di “comprensione” culturale e di “larghezza di vedute” verso la masturbazione, ormai considerata poco meno che qualcosa di “naturale”, proprio nel momento storico in cui dilaga e diventa fenomeno sociale di massa, che corrompe i bambini, rovina i matrimoni (nel 56% dei divorzi lui viene accusato da lei di “avere un interesse ossessivo ai siti porno sul web”, il 68 per cento ha trovato il nuovo amante online), aumenta le difficoltà di erezione, svia anche sacerdoti alla ricerca della santità.
Ma non è per moralismo che si sottolinea la gravità di ciò che oggi pare “naturale”come la masturbazione da porno, e senza conseguenze. Al contrario, l’abuso della pornografia, specie nell’età precoce, produce vere e proprie dipendenze analoghe alle tossicodipendenze, e per gli stessi motivi (la scarica di dopamina, ossitocina e serotonina nell’orgasmo solitario forniscono oppiacei endogeni di cui aumenta il bisogno con tempo), traccia nel cervello “sentieri neurali” sempre più profondi e obbligati: non a caso i vecchi medici dicevano che la masturbazione “indebolisce la forza di volontà”. Ma fa anche ben altro: distorce la possibilità dei rapporti uomo-donna, li commercializza e appiattisce, scoraggia a impegnarsi in una relazione profonda e impegnativa sostituendola con questa scorciatoia solipsistica.
Il problema è abbastanza impressionante (del resto, il business del porno vale 13 miliardi di dollari l’anno) da aver suscitato interrogativo al Senato americano già da annio su quella che viene ormai riconosciuita come una “dipendenza”. La Commissione senatoriale su Scienza, Commercio e Trasporti (sic) ha ascoltato la relazione di Mary Anna Layden, PhD in psicoterapia cognitiva, dal titolo “The science behind pornography addiction”(2004). Molti autori hanno accusato la pornografia di produrre “una pandemia d’impotenza” fra i maschi. Una ex coniglietta di Hugh Hefner, il fondatore di Playboy, ha rivelato che costui, impegnandosi in orge con più donne, “non riusciva ad essere sessualmente soddisfatto se non ricorrendo alla pornografia e all’auto-erotismo”. Tanta libertà sessuale, finiva con una masturbazione.
Ma la pornografia super- disponibile ad ogni età portata da internet e smartphone, dall’abolizione del giudizio sociale negativo, ha condotto in pochi anni ad una paurosa, degradante mutazione antropologica: la trasformazione di uomini in amebe del carattere, per i quali ormai la sessualità è a tal punto banalizzata da non suscitare desiderio – o da soddisfarlo troppo facilmente online.
Sta crescendo non solo in Giappone, ma nella Cina super sviluppata ed Hon g Kong,un nuovo tipo di giovane scapolo che l’opinionista Maki Fukasawa chiama “soshoku danshi”, all’incirca “maschi erbivori”. Giovanotti fra i venti e i trent’anni, spesso femminiloidi e immaturi come bambini, che spendono molto in cosmetici e nella loro “Moda”, che vivono esclusivamente di laptop, smartphone, social online, videogames erotici e no, e per i quali sono stati escogitati gli “e-sport”, campionati “sportivi” da tastiera e consolle elettronica, spesso lanciati dai governi per selezionare i genietti digitali – che “hanno trovato la scusa per sommergersi totalmente nel mondo digitale evitando di sperimentare il mondo reale”, da cui si aspettano frustrazioni, sconfitte e sfide con donne vere e veri avversari, che la loro volontà ameboide non addestrata alle virtù, sa di non poter vincere.
“Studi condotti in Giappone stimano che questi erbivori sotto i 30 anni costituiscono il 60-70 per cento della popolazione maschile. Ovviamente la loro avversione a procreare allarma il governo, alle prese con il maggior tasso di denatalità del mondo, ormai da oltre un decennio, che rende irreversibile la caduta demografica”. Una delle risposte al calo demografico da parte delle grandi imprese giapponese è stato di esigere dagli impiegati, per compensare i vuoti di assunzioni nuove, di lavorare di più, anche 14 ore al giorno. Ciò ovviamente aggrava il problema: i “salary men” nipponici tornano a casa a tarda notte, dopo 2 ore di metropolitana, e non hanno certo l’urgenza di adempiere al dovere coniugale con la loro moglie che dorme, e non corrisponde affatto alla porcellone da sogno che abitano i video porno.
Hong Kong ha valutato che i suoi “erbivori” sotto i 30 sono fra i 20 e 40 mila: “Hanno scelto i video-games, gli anime e i il porno a preferenza di donne e degli inevitabili figli che seguono”. Nella Cina continentale, la popolazione che per decenni è stata obbligata dal regime alla politica del figlio unico, vede una generazione giovane di figli unici, senza fratelli, e senza esperienza di famiglie numerose – né volontà di farsene. Anche lì l donne sono entrate in massa nel mondo del lavoro,e benché il governo abbia oggi concesso migliori pause per la maternità, poche di loro se ne sobbarcano dopo il primo figlio, perché una seconda interruzione e distanza dall’azienda “le danneggia nellla carriera”. Il 53% delle donne cinesi che hanno un figlio hanno dichiarato di non volerne un secondo. Anche la Cina entra così nella fase in cui la denatalità è irreversibile.
L’industria del porno intanto va a gonfie e vele. Contro la de-sensibilizzazione che sembra cominciare ad instaurarsi nel pubblico, metterà in linea la “realtà virtuale”, l’intelligenza artificiale, i robot da sesso a prezzo abbordabile. A quel punto il cerchio è chiuso, la scorciatoia della maturazione avrà completamente tagliato fuori il genere femminile reale e concreto – per il quale sono pronti i sex robots maschili.
Amebe dirette verso la propria estinzione godendo da sole.
Fu profeta Thomas Stearn Eliot, nella poesia “The Hollow MEn”, 1925: “Siamo gli uomini vuoti, gli uomini impagliati – […] Viviamo come sogniamo, soli”. Uomini con parole vuote “come il vento nell’erba secca o zampette di ratti sul vetro rotto “ (As wind in dry grass Or rats’ feet over broken glass), la cui debole volontà li rende incapaci del salto esistenziale della “conversione al Reale”, perché
«Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow[2] »
Fra l’idea / E la realtà / Fra il movimento / E l’azione / Scende l’Ombra”
Impressionante figurazione dell’uomo prigioniero del virtuale, incapace di atto.
Solo su un punto Eliot sbagliava per difetto:
“Così il mondo finisce – non con uno schianto, ma con un lamento” Siamo in grado di correggerlo: l’umanità globale finisce (ahimé) con una sega.
Nascono però gruppi che insegnano la salita non facile dal vizio per recuperare l’umanità e propongono di disintossicarsi dal porno, in parte coi metodi sperimentati dalla Alcoholics Anonymous, spesso i soli efficaci nella liberazione dai vizi. Gruppi di genitori che hanno preso coscienza della sporcizia che corrompe i loro bambini, e vogliono salvarli.
Il libro da cui ho ampiamente citato Antonio Morra – Pornotossina – Ed. Verso la Meta (147 pagine, 10 euro) è appunto una illustrazione del metodo di auto-disintossicazione.
Sarà utile visitare questi siti:
http://www.puridicuore.it/integrita/
Quest’ultimo ha in exergo questa perfetta esortazione che viene dai millenni:
Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone, gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete.
(Isaia 55, 2-3)
Poiché si tratta di iniziative di cristiani – inevitabile, non si guarisce da questo male senza il soccorso di Dio e della Grazia – subiranno, già lo so, gli attacchi frenetici con cui le potenti organizzazioni LGBT hanno demonizzato e perseguitato le iniziative di “ricostruzione della persona” degli omosessuali.
Ma chi non considera con orrore ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi, ai nostri figli undicenni, è complice dell’Omicida fin da Principio.
di Maurizio Blondet
Fonte: https://www.maurizioblondet.it
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