Yaweh: il miglior trucco del diavolo è quello di convincerti che lui è Dio. Laurent Guyénot
“Il miglior trucco del diavolo è quello di convincerti che non esiste”, ha scritto Charles Baudelaire (Paris Spleen). Aveva torto:
il miglior trucco del diavolo è quello di convincerti che lui è Dio
Credo nell’esistenza del diavolo? Dipende dalla definizione. Credo che gli umani siano sotto l’influenza delle idee che hanno generato collettivamente nel corso dei secoli, perché le idee sono forze spirituali. E, da questo punto di vista, considero l’usurpazione di identità di Jaweh come il Divino Creatore l’inganno più devastante mai giocato contro la razza umana, un crimine contro la divinità.
Sono uno gnostico? Non in senso stretto. Se vogliamo credere ai loro detrattori, i primi gnostici hanno insegnato che il Dio dell’Antico Testamento era il demiurgo malvagio che ha creato il mondo da cui Cristo è venuto per liberarci. Non prendo sul serio Jaweh. Al contrario, mi lamento che sia stato preso sul serio da miliardi di persone, ebrei, cristiani e musulmani.
Jaweh è un personaggio di finzione, ma che ha acquisito un’enorme influenza su un’enorme porzione dell’umanità, direttamente o indirettamente.
Ciò che desidero dimostrare qui è che Jaweh ha i caratteri che la maggior parte della gente attribuisce al diavolo. Ciò contribuisce molto a spiegare la qualità satanica del potere ebraico che sta diventando sempre più evidente ogni giorno, una qualità che Alain Soral espone nei suoi video più recenti (ora disponibili con sottotitoli in inglese sul nuovo canale YouTube, ERTV International). Se fossi cristiano, citerei Giovanni 8:44. Ma non sto discutendo da un punto di vista cristiano perché, anche se accetto il principio secondo cui la storia del Vangelo è stata progettata come cura per la schiavitù mentale degli ebrei dipendenti dalla Torah, considero anche che, a meno che non riesca a liberarsi dell’Antico Testamento, il cristianesimo resterà per sempre infettato dal virus che doveva combattere.
L’alleanza mosaica come patto faustiano
Il nucleo della Bibbia ebraica è l’alleanza mosaica. L’accordo è semplice: in cambio dell’adorazione esclusiva e dell’obbedienza alle sue leggi che sottolineano una stretta separazione dagli altri popoli, il Signore farà governare gli israeliti sull’umanità: “segui le sue vie, osserva i suoi statuti, i suoi comandamenti, i suoi costumi e ascolta la sua voce” e Jaweh “ti innalzerà più in alto di ogni altra nazione che ha creato”; “Assoggetterai molte nazioni, ma non sarai assoggettato da nessuno” (Deuteronomio 26: 17-19 e 28:12).
I cristiani non hanno mai capito che l’alleanza mosaica non è altro che un programma per il dominio del mondo da parte della nazione ebraica.
Questo perché è scritto proprio sotto il loro naso, in un libro del quale non possono riconoscere la malizia perché è stato loro detto che è la Parola di Dio. C’è bisogno di un libero pensatore come HG Wells per vedere l’idea biblica del Popolo Eletto per quello che è: “una cospirazione contro il resto del mondo”. Nei libri della Bibbia, “hai la cospirazione semplice e chiara, […] una cospirazione aggressiva e vendicativa. […] Non è tolleranza ma stupidità chiudere gli occhi su di essa”.[1]
I cristiani non sono mai riusciti a vedere l’assoluto disprezzo nutrito dal dio biblico verso le loro nazioni, nonostante lo si dica ripetutamente: “Tutte le nazioni sono niente davanti a lui, per lui contano come nulla e vuoto” (Isaia 40:17). “Divora tutte le nazioni che Jaweh, il tuo dio, mette alla tua mercé, non mostrare loro pietà” (Deuteronomio 7:16). La vulnerabilità delle nazioni cristiane alla sociopatia collettiva di Israele è direttamente correlata alla loro cecità autoinflitta. Per loro sfortuna, i cristiani adorano una divinità che li detesta (come diceva un commentatore di un precedente articolo).
Sembra che gli esegeti cristiani non abbiano mai notato che l’alleanza con Jaweh – il dominio sulle nazioni in cambio di un culto esclusivo – è sostanzialmente identico al patto nel quale il diavolo ha cercato di attirare Gesù:
“Il diavolo gli ha mostrato tutti i regni del mondo e il loro splendore. E gli disse: “Ti darò tutto questo, se cadrai ai miei piedi e mi renderai omaggio”. Quindi Gesù rispose: ‘Vattene via, Satana!’ ”(Matteo 4: 8-10)
Infatti Satana quasi non si distingue da Jaweh nel Tanakh. Viene chiamato “angelo di Jaweh” ai Numeri 22 e 32. In Samuel 24, Jaweh incita David a fare il male, mentre il ruolo di Satana viene delineato nello stesso episodio raccontato in Cronache 21, dove Jaweh, “l’angelo di Jaweh “, e Satana sono espressioni usate in modo intercambiabile. Non c’è nemmeno traccia, nel Tanakh, di una lotta cosmica tra Bene e Male, come nel monoteismo persiano. La felicità e la sfortuna, la pace e la guerra, la salute e la malattia, l’abbondanza e la carestia, la fertilità e l’infertilità, hanno tutte la loro unica e diretta fonte nella capricciosa volontà di Jaweh. Con le sue stesse parole, “io formo la luce e creo l’oscurità, do il benessere e creo disastri, io, Jaweh, faccio tutte queste cose” (Isaia 45: 7).
L’insegnamento di Cristo di “immagazzinare tesori nel cielo” (Matteo 6:20) è estraneo a Jaweh. Questi è l’Avido, che vuole “accumulare i tesori di tutte le nazioni” nella sua residenza di Gerusalemme: “Mio è l’argento, mio l’oro!” (Aggeo 2: 8). “La ricchezza di tutte le nazioni circostanti sarà accumulata insieme: oro, argento, vestiti, in grande quantità” (Zaccaria 14:14). È interessante notare che, secondo 1 Re 10:14, la quantità di oro accumulata ogni anno nel tempio di Salomone era “666 talenti d’oro”, il “numero della Bestia” in Apocalisse 13:18! Fatene quel che volete. O chiedete a Jared Kushner di spiegarvelo.
L’alleanza mosaica funziona come un classico patto con il diavolo: Israele otterrà ricchezza e potere e in cambio costituirà il “possesso personale” di Jaweh (Esodo 19:5). L’idea di un patto con il diavolo è particolarmente rilevante poiché Jaweh nega ai suoi adoratori un’anima immortale individuale, il che equivale a rivendicare le loro anime per se stesso. Come notò una volta Voltaire, Jaweh proibì agli ebrei di scoparsi le capre (Esodo 22:18), li istruì su come defecare in una buca (Deuteronomio 23:14), ma non diede loro “quel più utile credo in una vita futura”. [2] Questo perché la Torah è essenzialmente uno strumento di programmazione mentale inteso a bloccare gli ebrei in un’anima collettiva a tenuta stagna (vedi il mio articolo “Israel as One Man” ).
Il materialismo metafisico è l’aspetto più fondamentale dell’antropologia biblica e, sebbene sia stato modificato in modo superficiale negli sviluppi giudaici successivi, la sua linfa scorre molto in profondità nell’ebraismo. Secondo la Biblioteca virtuale ebraica, la vita dopo la morte “è raramente oggetto di attenzione nella vita ebraica, indistintamente tra ebrei riformisti, conservatori o ortodossi, […] in netto contrasto con le tradizioni religiose delle persone tra le quali gli ebrei hanno vissuto. […] La Torah, il più importante testo ebraico, non ha alcun chiaro riferimento all’aldilà”.
Il rapporto tra Jaweh e il suo popolo non è morale, ma strettamente contrattuale e legalistico.
Secondo lo studioso ebreo Yeshayahu Leibowitz, “La Torah non riconosce gli imperativi morali derivanti dalla conoscenza della realtà naturale o dalla consapevolezza del dovere dell’uomo verso i suoi simili. Tutto ciò che riconosce sono Mitzvot, imperativi divini. “[3] Le centinaia di mitzvot (“comandamenti”) costituiscono dei fini in se stessi, non vie per raggiungere una coscienza morale superiore. Tale legalismo ebraico soffoca la coscienza morale, come ha sottolineato Gilad Atzmon.
Naturalmente ci sono precetti morali qua e là nella Bibbia. Ma nel complesso, è un malinteso credere che Jaweh si aspetti dal suo popolo una superiorità morale. Jaweh approva solo l’obbedienza alle sue leggi arbitrarie e ai suoi comandi antisociali o genocidi. Abbattere a tradimento centinaia di profeti di Baal è un bene, perché è la volontà di Jaweh (1 Re 18). Mostrare misericordia al re degli Amalekiti è male, perché quando Jaweh dice “uccidi tutti”, significa “tutti” (1 Samuele 15). Come possiamo aspettarci da un popolo la cui mentalità è stata modellata da queste narrazioni e da stratificazioni di commenti talmudici, che condivida il senso del bene e del male che la maggior parte delle altre persone considera inerente all’umanità? È del tutto coerente per un futuro primo ministro israeliano come Yitzhak Shamir (1986-1992) dichiarare (nel 1943):
Il dio geloso e sanguinario
Jaweh è “il Geloso” (Esodo 34:14). Sebbene si supponga che sia il padre di tutti gli dei nazionali (Deuteronomio 32: 8-9), prova per loro un odio omicida, manifestato in questo comandamento:
La gelosia di Jaweh assunse proporzioni patologiche durante la lotta con Assur, il dio nazionale dell’Assiria. Nelle parti più antiche del libro di Isaia, composto subito dopo la distruzione di Israele da parte dell’Assiria, Jaweh sembra incapace di far fronte alla frustrazione e all’umiliazione, e appare consumato dalla brama di vendetta:
Ascoltate Jaweh furioso dopo la sconfitta e sentite un pericoloso megalomane narcisistico: “Per me stesso lo giuro; ciò che viene dalla mia bocca è salvare la giustizia, è una parola irrevocabile: tutti si inginocchieranno, con me ogni lingua giurerà ”. (Isaia 45:23)
La lotta di Jaweh con Baal è ancora più rivelatrice. Nell’antica Siria, Baal (un termine che significa semplicemente “Signore”, come l’ebraico Adonai), noto anche come Baal Shamem (“il Signore dei cieli”), era inteso come il Dio Supremo, che comprendeva tutte le manifestazioni del divino. [5] E quindi è paradossale che Jaweh, un dio tribale, competa con il grande Baal per lo status di Dio Supremo. Il culto di Baal ricevette il sostegno reale nel potente regno di Israele sotto la dinastia Omrid (9 °secolo a.C.). Leggiamo nel Ciclo di Elia (da 1 Re 17 a 2 Re 13) che il profeta yahwista Elia sfidò 450 profeti di Baal ad ottenere un fulmine che colpisse un toro sacrificale: “Devi invocare il nome del tuo dio e io invocherò il nome di Jaweh; il dio che risponde col fuoco, è davvero Dio”, una gara non plausibile poiché Baal, essendo il dio di una società agricola, non ha mai richiesto olocausti. Elia vinse la gara e la gente cadde a faccia per terra urlando “Jaweh è Dio! Jaweh è Dio! ” Quindi sequestrarono tutti i profeti di Baal ed Elia li massacrò (1 Re 18). Più tardi, dopo un colpo di Stato contro gli Omridi, il generale della Giudea Jehu convocò tutti i sacerdoti di Baal per “un grande sacrificio a Baal”, che era invece il massacro di tutti loro. “Così Jehu liberò Israele da Baal” (2 Re 10: 18-28). Questa è la perfetta illustrazione di come Jaweh è diventato Dio al posto di Baal: mediante l’eliminazione fisica dei sacerdoti di Baal. Il processo rispecchia il modo in cui Jehu divenne re su Israele, sterminando la famiglia del re legittimo, nonché “tutti i suoi uomini principali, i suoi amici intimi, i suoi sacerdoti; non ne lasciò vivo uno solo ”(2 Re 10:11).
Per gli egiziani, ha scritto l’egittologo tedesco Jan Assmann, “gli dei sono esseri sociali, vivono e agiscono in” costellazioni”. [6] La cooperazione pacifica degli dei garantisce il funzionamento armonioso dell’universo. Questo perché gli dei formano il corpo organico del mondo. Una tale concezione, che Assmann chiama “cosmoteismo”, promuove una forma di monoteismo inclusivo o convergente: tutti gli dei sono uno, come il cosmo è uno. Al contrario, il monoteismo esclusivo della Bibbia è l’espressione della sociopatia narcisistica di Jaweh. Ecco perché alcuni egiziani, secondo Plutarco (Iside e Osiride, 31), credevano che il dio degli ebrei fosse Seth, il dio con la testa d’asino del deserto, della carestia, del disordine e della guerra, espulso dal consiglio degli dei dopo avere ucciso suo fratello maggiore Osiride per gelosia. Identificare il dio ebreo con Seth era il loro modo di spiegare l’esclusività aggressiva della religione ebraica.
Poiché i politeismi di tutte le grandi civiltà erano cosmoteismi, essi erano traducibili l’uno nell’altro. Ciò era di importanza pratica perché, scrive Assmann, “i contratti con altri Stati dovevano essere suggellati dal giuramento e gli dei a cui era prestato giuramento dovevano essere compatibili. Sono state così elaborate tabelle di equivalenze divine che alla fine hanno correlato fino a sei diversi pantheon”. E così, a partire dal terzo millennio a.C., la traducibilità di vari pantheon era cruciale per la diplomazia internazionale e il commercio. Ma Jaweh non corrisponde a nessun altro dio; Yahwism “bloccava la traducibilità interculturale”.[7]E quando Jaweh istruì il suo popolo, “Non farai alcun patto con loro o con i loro dei” (Esodo 23:32), o “Non pronunciare i nomi dei loro dei, non giurare per loro, non servirli e non inchinarti dinanzi a loro ”(Giosuè 23: 7), stava in effetti impedendo qualsiasi rapporto di fiducia con i popoli vicini. Gli ebrei devono riporre tutta la loro fiducia nel solo Jaweh. Le leggi alimentari hanno lo scopo di prevenire qualsiasi socializzazione al di fuori della tribù: “Ti distinguerò da tutti questi popoli, affinché tu sia mio” (Levitico 20:26).
Ciò che viene chiesto agli Israeliti, infatti, è di riprodurre verso le altre nazioni la sociopatia omicida dimostrata da Jaweh verso gli altri dei. Il codice di guerra di Deuteronomio 20 comanda di sterminare “qualsiasi essere vivente” nella città conquistata di Canaan. Nella pratica, la regola è stata estesa a tutte le persone che resistono alla conquista degli Israeliti. Venne applicata da Mosè ai Madianiti, con la sola eccezione di 32.000 giovani ragazze vergini, 32 delle quali furono bruciate come olocausto a Jaweh (Numeri 31). Venne applicata da Giosuè alla città cananea di Gerico, dove gli Israeliti “imposero la maledizione della distruzione a tutti in città: uomini e donne, giovani e vecchi, compresi buoi, pecore e asini, massacrandoli tutti” (Giosuè 6:21).
Nella città di Ai, tutti gli abitanti furono massacrati, diecimila, “fino a quando nessuno resti in vita e nessuno fugga. […] Quando Israele ebbe finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai in campo aperto, e nel deserto dove li avevano inseguiti, e quando tutti furono passati a fil di spada, tutto Israele tornò ad Ai e massacrò la sua popolazione rimanente.” Le donne non vennero risparmiate. “Come bottino, Israele prese solo il bestiame e le spoglie di questa città” (Giosuè 8: 22-27). Poi è arrivato il momento delle città di Makkedah, Libnah, Lachish, Eglon, Hebron, Debir e Hazor. In tutto il paese, Giosuè “non lasciò alcun sopravvissuto e mise ogni cosa vivente sotto la maledizione della distruzione, come aveva comandato Jaweh, dio di Israele” (10:40).
Una fine più crudele fu riservata dal re David agli ammoniti, che furono “tagliati con seghe e con erpici di ferro e con asce” e “attraversarono il forno di mattoni” (2 Samuele 12:31 e 1Cronache 20: 3) .[8]
Il codice di guerra genocida di Jaweh fu applicato dal re Saul agli Amalekiti. Jaweh ordinò a Saul di ucciderli tutti, “uomo e donna, bambina e lattante, bue e pecora, cammello e asino”, e Saul fu punito per aver risparmiato il loro re Agag, che lo stesso Samuele dovette massacrare (1 Samuele 15). Nella mentalità ebraica, tali storie non sono solo storie mezzo dimenticate del passato. La storia biblica fornisce le chiavi del presente e del futuro. Gli esegeti rabbinici si sono costantemente riferiti ai nemici percepiti da Israele in termini biblici. Amalek, in particolare, venne associato a Roma e, dal IV secolo in poi, ai cristiani e in particolare agli armeni. Amalek è anche associato all’Iran, perché si dice che il cattivo del Libro di Ester, Haman, fosse un discendente del re Amalekita Agag.
L’impiccagione di Haman e dei suoi dieci figli e il massacro di 75.000 persiani sono spesso confusi nella tradizione ebraica con lo sterminio degli Amalekiti e la brutale esecuzione del loro re. La lettura della Torah la mattina di Purim è tratta dal racconto della battaglia contro gli Amalekiti, che termina con la conclusione che “Jaweh sarà in guerra con Amalek generazione dopo generazione” (Esodo 17:16).[9] “La tradizione sostiene che gli amalekiti sono il nemico immortale degli ebrei”, spiega Jeffrey Goldberg in un pezzo del New York Times intitolato “Israel’s Fears, Amalek’s Arsenal”, aggiungendo: “Di recente ho chiesto a uno dei suoi consiglieri di valutare la profondità dell’ansia del signor Netanyahu per l’Iran. La sua risposta: “Pensa ad Amalek”. “[10]
Questa è solo un’altra illustrazione della struttura mentale biblica della leadership israeliana.
Israele moderno è il figlio di Jaweh, e agisce sulla scena internazionale in modo biblico, cioè con la stessa indifferenza e crudeltà verso le nazioni non ebree che Jaweh esigeva dal suo popolo nella Bibbia.
Inversione dell’accusa
“Credere a un dio crudele rende un uomo crudele”, ha scritto Thomas Paine (The Age of Reason, 1794). Innumerevoli storie bibliche dimostrano che Jaweh è lo spirito dell’omicidio e del furto. Leggiamo nella leggenda di Sansone, in Giudici 14:19, che quando “lo spirito di Jaweh si impadronì di lui”, egli uccise e derubò senza soluzione di continuità trenta uomini, “poi bruciando di rabbia tornò a casa di suo padre”.
Jaweh è il più crudele degli dei, ma vorrebbe farci credere che tutti gli altri dei sono abominevoli. La storia biblica ritrae tutte le nazioni, tranne Israele, come idolatre e ripugnanti. Ma non lo erano. Gli egiziani avevano costruito la prima grande civiltà; la loro dea Iside aveva insegnato loro come coltivare grano e cuocere il pane, e i Greci l’avevano appreso da loro, come ogni altra cosa, secondo Erodoto. Erano un popolo spirituale e pacifico.
Gli assiri erano conquistatori e il loro dio Assur non era un angelo, eppure anche la Bibbia riconosce che non uccisero gli israeliti sconfitti, ma li deportarono e reinsediarono. I babilonesi trattavano i Giudei allo stesso modo, anche permettendo loro di mantenere la loro tradizione e la loro coesione, e di prosperare sulle sponde del fiume Eufrate.
L’accusa capovolta dell’intenzione genocida è tipica di Israele, un paese con testate nucleari puntate contro l’Iran, i cui leader hanno sempre negato di avere alcun arsenale nucleare, ma che istericamente sollecita il mondo a fermare il presunto programma militare nucleare iraniano e la presunta determinazione a cancellare Israele dalle mappe. Tutto questo sarebbe ridicolo se Israele fosse solo paranoico. Ma Israele è lo psicopatico tra le nazioni, e questo significa un’enorme capacità di manipolare, intimidire, corrompere moralmente e ottenere ciò che vuole.
Lo psicopatico proietta la sua propria crudeltà e brama di potere sugli altri. E così pensa che quelli che resistono al suo dominio ce l’hanno con lui. Deve quindi prima di tutto distruggerli. Dal punto di vista biblico, le nazioni devono o riconoscere la sovranità di Israele e i loro re “prostrarsi davanti a [Israele], faccia a terra” (Isaia 49:23) o devono essere distrutti. Jaweh ha detto a Israele di aver identificato “sette nazioni più grandi e più forti di te”, che “devi mettere sotto la maledizione della distruzione” e non “mostrare loro alcuna pietà”. Quanto ai loro re, “cancellerai i loro nomi sotto il cielo” (Deuteronomio 7: 1-2, 24). E ricordiamo che, secondo il falso informatore Wesley Clark, figlio di Benjamin Jacob Kanne, i neocon avevano in programma di distruggere esattamente sette nazioni, un’altra prova del fatto che sono posseduti da Jaweh.
Jaweh offre solo due possibili percorsi a Israele: il dominio del mondo, se Israele rispetta l’alleanza con Jaweh, o l’annientamento, se Israele infrange il Patto:
“Se farete amicizia con quelle nazioni che vivono ancora accanto a voi, se vi imparenterete con loro, se vi mescolerete con loro e loro con voi, allora sappiate con certezza che Jaweh, il vostro dio, smetterà di spossessare queste nazioni per voi, e per voi esse saranno una trappola, un’insidia, spine nei vostri fianchi e cardi nei vostri occhi, finché non sparirete da questo bel paese che Jaweh, il vostro dio, vi ha donato”. (Giosuè 23: 12-14)
Derubare gli altri o essere derubati, dominare o essere sterminati: Israele non riesce a pensare oltre questa alternativa. Un buon esempio è il pensiero paradossale di David Ben-Gurion dei primi anni ’60. Discutendo della determinazione di Kennedy di fermare Dimona (l’impianto nucleare clandestino di Israele), Avner Cohen scrive in Israel and the Bomb (1998): “Ossessionato dall’Olocausto, Ben-Gurion si consumava nel timore per la sicurezza. […] L’ansia dell’Olocausto va ben oltre il pensiero di Ben-Gurion e permea di sé il pensiero militare di Israele”.[11] Eppure, contemporaneamente, Ben-Gurion pensava seriamente che, entro 25 anni, Israele avrebbe dominato il mondo e Gerusalemme “sarebbe diventata la sede della Corte Suprema dell’umanità, per risolvere tutte le controversie tra i continenti federati, come profetizzato da Isaia.”[12]
di Laurent Guyénot
Tratto da: https://www.unz.com
Traduzione: http://ossin.org
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