La storiaccia è ridicola e allarmante insieme. Ma devo ricapitolare le puntate precedenti per i non addetti ai lavori. Appena diventa papa, Bergoglio epura parecchi cardinali, come se avesse una lista preparata dei “nemici” da eliminare. Fra questi spicca Raymond Burke, che oltretutto non è dalla sua parte nel sinodo sulla famiglie che apre alla Comunione ai divorziati: lo toglie dalla Segnatura Apostolica, di cui era prefetto, a fare il “patrono” dell’Ordine di Malta. Insomma da ministro vaticano (“posto di potere”, secondo lui), lo rimuove ad un compito di cappellano, (che lui crede) più basso, ornamentale, togliendogli (lui pensa) la sola cosa che Bergoglio capisce: il potere. In più offendendolo platealmente, perché non è mai accaduto in Vaticano che qualcuno sia “rimosso” senza essere “promosso”, ossia chiamato ad una carica più alta, almeno sulla carta.
Ma l’autorevolezza non va confusa col “potere”. Accade che Burke firmi, insieme ad altri tre cardinali a riposo (o esonerati) la lettera in cui chiede a “Francesco” di “fare chiarezza” su alcuni punti della sua semi o pseudo-enciclica Amoris Laetitia; esprime dei dubbi (dubia), a cui Bergoglio non vuole e non sa rispondere; dopo alcuni mesi senza risposta, i quattro cardinali rendono pubblica la loro lettera. El Papa contava di mantenere la cosa occulta. Immediatamente il dissenso si allarga, nasce una disputa, e infine uno scandalo: gli yes men di El Papa proclamano che ai cardinali insofferenti va totale la berretta cardinalizia. Burke, in un’intervista, ventila la possibilità di una “correzione formale” di El Papa e delle sue asserzioni errate.
Rovente di rabbia, “Francesco” cerca un pretesto per sbatter fuori Burke anche dall’incarico di cappellano dei Cavalieri. Coglie al volo l’occasione di una grave lacerazione interna all’Ordine: il Gran Maestro Matthew Festing aveva chiesto di dimettersi al Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta Albrecht Freiherr von Boeselager, sembra dopo la scoperta che, quest’ultimo aveva fatto distribuire in Africa preservativi e anticoncezionali; questi si rifiuta, vantando la sua posizione di cattolico “aperto”, come Francesco. Al Gran Maestro non resta che destituirlo. La destituzione avviene alla presenza di Burke, ovviamente.
Non sa cos’è l’Ordine di Malta
Ecco l’occasione sperata! “Basta con la pratica delle epurazioni nella Chiesa, questo cancro!”, esclama Bergoglio (proprio lui che di epurazioni ne fa ogni giorno) davanti ai monsignori di curia per gli auguri natalizi: “E’ indispensabile l’archiviazione definitiva della pratica del promoveatur ut removeatur”.
E la Segreteria di Stato annuncia il commissariamento dell’ordine di Malta, mettendo insieme un gruppo di cinque persone, “tutte più o meno legate a Boeselager” (il cacciato) – “misura draconiana che Bergoglio ha già adottato contro due istituti religiosi da lui considerati troppo “tradizionali”: i Francescani dell’Immacolata e i religiosi del Verbo Incarnato” (Roberto de Mattei) e che nei due casi precedenti è stato il preludio alla pura e semplice soppressione, arbitraria e senza spiegazioni.
Il punto è che l’Ordine di Malta è da secoli una istituzione sovrana (come uno stato) riconosciuta internazionalmente (per esempio emette passaporti): cosa che evidentemente Francesco ignora. Pretendere di commissariarlo, è come se l’Italia commissariasse lo stato di San Marino.
Da qui la risposta ufficiale: “Il Gran Magistero del Sovrano Ordine di Malta ha appreso della decisione della Santa Sede di nominare un gruppo di cinque persone per far luce sulla sostituzione del precedente Gran Cancelliere. La sostituzione del precedente Gran Cancelliere è un atto di amministrazione interna al governo del Sovrano Ordine di Malta e di conseguenza ricade esclusivamente nelle sue competenze”. Seguono le assicurazioni sulla devozione filiale dei membri al Santo Padre, ma non si può esser più chiari: la commissione papale è una ingerenza indebita nelle decisioni sovrane dell’Ordine, e quindi viene respinta.
Come ha spiegato il professor Roberto de Mattei, docente di storia del Cristianesimo all’Università Europea, è “ un grave caso di ingerenza nel governo dell’Ordine. La Santa Sede dovrebbe limitarsi a vigilare sulla vita religiosa attraverso il Cardinale patrono, che è il cardinale Burke, nominato dallo stesso papa Francesco. Il Papa ha tutto il diritto di informarsi in merito alle vicende interne dell’Ordine, ma è irrituale che ciò avvenga attraverso una commissione che scavalca il rappresentante pontificio, a meno di non voler porre quest’ultimo sotto accusa. Un cardinale però può essere giudicato solo dai suoi pari e non da burocrati vaticani”.
Ovviamente è proprio quel che voleva ottenere il Papa: mettere sotto accusa Burke, ma non nel modo canonico, non apertamente ma in modo obliquo. Mentre si aspettano le vendette del Bergoglio sull’Ordine, mi importa qui notare quel che l’episodio conferma: l’immensa, totale, sesquipedale ignoranza dell’argentino.
Ignoranza della storia d’Europa e di storia della Chiesa: l’ordine è sovrano dai tempi di Carlo Quinto, che diede a questi vecchi eredi degli Ospedalieri l’isola di Malta nel 1565 purché la difendessero dai turchi: era l’avamposto degli uomini perduti, non avrebbero ricevuto aiuti, ma i cavalieri giunti in 9 mila nell’isola da tutta Europa, resistettero all’assedio anche se alla fine, quando furono liberati dalla flotta spagnola, erano rimasti in 600. Avevano inflitto agli ottomani perdite, si calcola, di 30 mila uomini.
Con la battaglia di Lepanto, cui parteciparono nel 1571, i Cavalieri di Malta sono i trecento spartani delle Termopili cristiane: se avessero esitato all’estremo sacrificio, se avessero ceduto, la basilica del Vaticano sarebbe una moschea come santa Sofia di Costantinopoli, la Chiesa cattolica sarebbe stata estinta nel sangue, noi faremmo il pellegrinaggio alla Mecca lo stesso Bergoglio sarebbe un musulmano (esile prova che non tutto il male è per nuocere). L’Occidente postmoderno ha cancellato anche questa memoria; ma essa dovrebbe avere lasciato una traccia di gratitudine almeno in un cardinale cattolico romano, far parte della “cultura generale” di un gerarca ecclesiastico. Bergoglio non è ingombro di alcun sapere: è il tipico ignorante del Sudamerica, luogo di memorie cancellate e soppresse e identità devastate, luogo quasi senza storia.
Ignorante del diritto: non solo del diritto canonico (per cui un cardinale può essere giudicato solo dai suoi pari, non da funzionari “commissari” ), ma dei costumi e delle procedure plurisecolari cui la Chiesa si attiene, rispettose delle libertà e delle autonomie, in una parola, procedure di civiltà maturate con l’esperienza di secoli. Tutto questo, Bergoglio calpesta, perché non lo conosce: licenzia in tronco personale, senza il minimo rispetto della giusta causa” e dei “diritti”, riconosciuti anche dal giure laico e civile. Il vaticanista Marco Tosatti ha raccontato come “un capo dicastero ha ricevuto l’ordine di sbarazzarsi di tre dei suoi impiegati (che lavorano in Vaticano da diversi lustri), senza spiegazioni”. Il poveretto ha chiesto un colloquio a Bergoglio per sapere almeno “che cosa hanno fatto” quei tre impiegati, i suoi migliori collaboratori. La risposta è stata: “Io sono il Papa, e non devo dare ragioni a nessuno delle mie decisioni. Ho deciso che devono andare via, e devono andare via.
Non è un episodio minore. Per quanto alcuni progressisti anticlericali (alla Eugenio Scalfari) possano crederlo, il Papa non è un dèspota. Da sempre, è un primus inter pares. Quando impegna la sua infallibilità nella definizione di un dogma, lo fa dopo aver consultato i vescovi nel mondo;in curia, governa coi cardinali e i capi dei dicasteri, con cui si consulta; spiega le sue ragioni; delega, non scavalca; agisce qui, appunto, qualcosa che si chiama civiltà dei rapporti, che è anch’esso un apporto della cultura.
La frase “io sono il Papa e non devo dar ragione ad alcuno delle mie ragioni” evoca una teoria e pratica del diritto pubblico vicina (non esagero) a quella di Gengis Khan; forse egli echeggia i propositi del dittatore messicano Plutarco EliaCalles (1926-29: «Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato», e non doveva spiegare le ragioni a nessuno). O orecchia il leninismo-stalinismo, con la sua “dittatura proletaria non limitata da alcuna legge”. In questo senso, sarebbe imbarazzante se i preti vaticani sbattuti fuori del despota si rivolgessero alla giustizia laica e civile, per avere, che so, la liquidazione o per contestare il licenziamento: il Papa si vedrebbe dar torto da una magistratura civile italiana che, con tutti i suoi difetti, non è (ancora) scesa al diritto di Gengis Khan, e pretende che un datore di lavoro dia qualche ragione per licenziare. Ma naturalmente i prelati sbattuti fuori forse non possono appellarsi alla giustizia civile, in quanto”cittadini” del Vaticano; ossia uno stato in cui il Tiranno ha abolito ogni istanza giuridica in cui si possa difendersi e far sentire le proprie ragioni, in cui non vale più la distinzione fra giusto e ingiusto, fra vero e falso – tutto essendo stato rimpiazzato dalla volontà arbitraria dell’autocrate. Nei casi citati da Tosatti, i due sono stati licenziati perché “uno dei due si esprimeva liberamente, forse troppo, su alcune decisioni del Papa. Qualcuno, molto amico di uno strettissimo collaboratore del Pontefice, ha ascoltato, e riferito”. La delazione come mezzo di governo, è un corollario del dispotismo – è appunto il “regno del terrore” che l’argentino ha instaurato nella Santa Sede; con un tocco di meschinità tutto bergogliano, piccineria da vendicativo. Giustamente Tosatti si chiede: ma questo Papa è buono? No, non lo è. Non pratica mai la misericordia generosa che esige da noi….il che ci rende inclini a non condividere la sua rivoluzione del perdono assoluto. Se non comincia lui…
Questa immane, spropositata ignoranza, spiega davvero la “rivoluzione” che Bergoglio sta portando nella fede che un tempo si chiamava cattolica, consistente nella liquefazione della Chiesa sacramentale nella modernità del “mondo”, di preferenza quello generico-protestante. E’ la rivoluzione che nasce dalla fenomenale ignoranza.
Bergoglio non ha interesse alla dottrina, perché non la conosce. Continuamente accusa i prelati che, sgomenti, provano ad obiettare in nome di essa, di fare “i farisei, i dottori della Legge” che ostacolano “la misericordia” di Gesù, considera la cultura cattolica lettera morta che occlude l’andare verso l’umanità, perché mai l’ha studiata. Anche il muratore diventato palazzinaro miliardario vi dirà che “la cultura non serve a niente”. E sbuffa se qualcuno gli ricorda che invece, la cultura serve: “Guardate me, ho la seconda elementare e ho fatto i soldi”. Bergoglio nutre lo stesso rabbioso disprezzo per la cultura cattolica, dimenticando che una religione, assai più che una impresa edilizia, è per essenza “cultura”. Egli vuole fondare una Chiesa sull’ignoranza totale del passato, della storia, della tradizione: sulla la sua specifica ignoranza.
E’ amaramente divertente vedere come l’ignoranza di Bergoglio sia anche contagiosa. La Segreteria di Stato doveva sapere che il Militare e Sovrano Ordine di Malta è appunto, “sovrano”, non foss’altro perché ha un ambasciatore accreditato presso detta Segreteria. Ma El Papa ha scelto Parolin proprio in quanto non ingombrato dal fastidioso sapere che tanto lo disturba. Come ha scelto Galantino la cui ignoranza è stata comprovata da citazioni sbagliate della Bibbia: ci ha rivelato, il Galantino, che Dio “risparmiò Sodoma e Gomorra”, anche se la Bibbia dice che la incenerì: all’epoca, Dio non aveva ancora imparato la misericordia da Bergoglio, quindi adesso è migliorato.
Il regno del terrore e delatori
Magari qualche monsignorino funzionario della Segreteria di Stato lo sapeva che l’ordine di Malta non si può commissariare, ma è stato zitto: e chi ha più il coraggio di obiettare qualcosa alla volontà arbitraria del despota? Per farsi sbattere fuori?
Antonio Socci ha fatto notare la sesquipedale ignoranza rivelata da Eugenio Scalfari, il giornalista preferito da El Papa, che da quando è beneficiato delle conversazioni e rivelazioni di “Francesco” si atteggia a teologo. In un articolo, trincia che “i Vangeli sinottici, cioè quelli riconosciuti dalla Autorità successive alla prima generazione cristiana, sono quattro” (mentre sono tre; il quarto, di Giovanni, non è “sinottico”). “Scalfari scrive pure che l’apostolo Giovanni “era stato un devoto di Giovanni Battista che l’aveva nominato suo segretario” (suo segretario??). Poi aggiunge che Giovanni “fu il solo degli apostoli che scrisse un Vangelo” (con tanti saluti all’apostolo ed evangelista san Matteo).
Infine, questo gigante del pensiero contemporaneo che ha fondato “Repubblica”, c’informa che Gesù “è esistito” (è già un passo avanti rispetto a quello che scriveva tempo fa). Tuttavia di lui – a sentire Scalfari – parlerebbero solo i Vangeli: “di lui non abbiamo alcun segnale”.
Nel senso che nessuno, nel suo tempo, avrebbe scritto di Gesù? Già, cosa volete che siano Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio, Plinio il giovane, il Talmud babilonese e altre fonti ebraiche e pagane. Per il luminare di “Repubblica” non esistono le pagine che costoro hanno dedicato a Gesù”.
L’ignorante incontra l’ignorante. Si contagiano a vicenda con la rispettiva ignoranza. E stanno costruendo il fanta-cattolicesimo. Un fanta-cattolicesimo pop, dove Giovanni evangelista è stato “segretario del Battista”, dove le organizzazioni che non piacciono al Tiranno vengono commissariate, dove il suo potere non è limitato “da alcuna legge”, nemmeno le leggi della logica; dove la misericordia darà la Comunione ai divorziati risposati, alle coppie cattolico-protestanti, e infine alle coppie gay. E il Viagra ai vecchi (pare che stia pensandoci). Che problema c’è? La dottrina? Ma la cultura non serve! Guardate lui quanto potere ha preso, ed è una scarpa.
di Maurizio Blondet
Fonte: maurizioblondet.it