Le parole che utilizziamo sono molto importanti in quanto guidano e ingabbiano il nostro pensiero, facendo sì che questo si muova all’interno di una matrix precostituita. E’ la classe dominante che scegli e ci impone le parole, attraverso i media, orientando in questo modo ogni cambiamento della società.
Chiamano quindi “distanza sociale”, la semplice “distanza interpersonale”, “antirazzismo” la rinuncia a tutti i nostri valori, “accoglienza” una lenta e inarrestabile invasione, “istruzione” l’indottrinamento sociale, “negazionista” chiunque si ponga domande e cerchi risposte ai propri dubbi.
A seguire un articolo di Francesco Lamendola sulle parole chiave della nostra società e sul loro significato.
Il tabù innominabile che è padre di tutte le menzogne
C’è una cosa che non è sufficientemente chiara nella mente della quasi totalità delle persone, e cioè che tutto quel che ci sta capitando, la crisi che stiamo attraversando, prima di essere un fatto economico, o sociale, o politico, o giuridico, è un fatto culturale; e che prima di essere un fatto culturale, è un fatto morale; e prima ancora, un fatto intellettuale.
Noi abbiamo smarrito il senso del vero e del falso; di conseguenza abbiamo smarrito il concetto del bene e del male; e di conseguenza abbiamo smarrito l’idea del giusto e dell’ingiusto. Tutto il resto, la pandemia, l’emergenza sanitaria, la moneta unica europea, i tecnocrati di Bruxelles, i banchieri dell’alta finanza, il monopolio delle multinazionali, la perdita di sovranità degli stati e dei popoli, lo svuotamento del diritto e delle libertà costituzionali, l’asservimento pressoché totale di tutte le maggiori agenzie d’informazione, la politica ridotta a un teatrino in cui “governo” e “opposizione” si scambiano i ruoli secondo un copione prestabilito, la scuola e l’università ridotte ad agenzie di promozione dell’agenda del Nuovo Ordine Mondiale, la scienza medica prostituita agli interessi dei miliardari e le vaccinazioni di massa concepite come sistema per esercitare un controllo diretto sugli organismi fisici dei cittadini/sudditi, la chiesa cattolica purgata di ogni traccia di spiritualità e trasformata in una grande O.N.G., ebbene tutte queste cose non sono altro che riflessi dell’oblio del concetto di ciò che è vero e di ciò che è bene.
E siccome abbiamo promosso, o subito, per anni, per decenni, anzi per alcuni secoli, la cultura del relativismo; siccome abbiamo masticato e introiettato le parole d’ordine del relativismo, fino a divenire inconsapevoli strumenti del disordine costituito e permanente, parlando con parole che non appartengono al nostro vocabolario e perciò pensando secondo schemi mentali che non appartengono alla nostra intelligenza, né fanno parte del nostro orizzonte spirituale: poiché, in breve, siamo stati plagiati, siamo stati addomesticati e non ce ne siamo accorti, siamo divenuti i peggiori nemici di noi stessi, proprio come un malato il quale non riconosca affatto la propria malattia, anzi si ostini ad assumere le sostanze che gli fanno malissimo e aggravano il suo stato, rifiutando con un fremito d’orrore la medicina che, sola, gli consentirebbe un principio di guarigione, sempre che il male non sia andato troppo avanti e abbia compromesso le funzioni vitali fondamentali.
Perciò la prima cosa che dovremmo fare, l’unica dalla quale potrebbe derivare, forse, un miglioramento, sarebbe sbarazzarci di tutto questo ciarpame, di questa immondizia intellettuale che non ci appartiene, che non viene da noi, e che altri hanno insinuato nella nostra mente, con opera minuziosa e capillare e con diabolica astuzia, sfruttando ogni nostra debolezza, ogni nostra vanità, ogni nostro passo falso. Perché solo dopo aver compiuto in noi stessi una tale bonifica radicale potremo iniziare a rivedere il mondo come esso realmente è, e non come lo si vede attraverso le lenti distorte che ci sono state applicate sugli occhi. In un certo senso, dobbiamo fare ciò che dovrebbe fare il tossicodipendente, o il seguace d’una setta al quale sia stato fatto il lavaggio del cervello: riconquistare la fiducia in se stesso, nella propria dignità e autonomia, strappandosi dai lacci di una condizione artificiale che lo tiene avvinto a una forza più grande della sua volontà, e perciò ridotto all’impotenza.
Tale opera di bonifica dovrebbe partire dal linguaggio, perché noi pensiamo secondo le parole che adoperiamo: le parole infatti non sono semplicemente i veicoli del pensiero, ma sono anche, e soprattutto, le fonti del pensiero, perché si pensa secondo i concetti che si hanno in mente, e se i concetti vengono definiti mediante parole ingannevoli, create apposta per confonderci e asservirci, proprio come la moneta falsa è stampata allo scopo d’ingannare chi se ne serve, allora succede che noi pensiamo secondo schemi che non sono i nostri, ma di quelli che ci controllano e ci manipolano.
Le parole chiave, in fondo, non sono moltissime, anche se quasi ogni giorno i giornali e la stampa ne creano di nuove: quando sono state riconosciute e smontate quelle di uso più frequente, si è già con ciò aperta una grossa crepa nel muro della prigione che ci tiene rinchiusi, peraltro a nostra insaputa, poiché ci è stato fatto credere dai maestri dell’illusionismo che la nostra non è una prigione, ma un magnifico palazzo con giardino, reso amabile dalla presenza di tutto ciò che può gratificare i sensi e soddisfare i nostri desideri, un palazzo dal quale siamo liberi, liberissimi di uscire o rientrare a nostro talento. Così almeno ci vien fatto credere, ma la verità è tutta il contrario.
Ci fanno dire accoglienza, ma si dovrebbe dire invasione. Ci fanno dire pari opportunità e quote rosa, ma si dovrebbe dire: dittatura femminista.
Ci fanno dire omosessualità, ma si dovrebbe dire invece omofilia, oppure omoerotismo, perché l’omosessualità semplicemente non esiste, essendo la sessualità la relazione reciproca dei due sessi dalla quale scaturisce la vita, e il vero scopo di quella parola è creare l’impressione che la categoria dell’omosessualità stia su un piano concettuale paritetico rispetto alla categoria della eterosessualità, celando il fatto che in natura esiste solo l’eterosessualità e quindi tanto varrebbe chiamarla sessualità e basta.
Ci fanno dire diritto all’istruzione, ma si dovrebbe dire indottrinamento statale. Ci fanno dire tolleranza, ma è in effetti prevaricazione delle minoranze protette. Ci fanno dire crimini d’odio, ma ciò che vogliono colpire è la libertà di pensiero. Ci fanno dire omofobia, ma il più delle volte è difesa della famiglia naturale.
Ci fanno dire inclusione, ma in realtà si tratta d’inserire a viva forza qualcuno che non può o non vuole integrarsi, come un ragazzo autistico in una quinta liceo, dove non riesce, non diciamo ad imparare il greco e il latino, ma neppure ad avere un qualsiasi rapporto coi compagni; o come un immigrato maghrebino che odia l’Occidente, odia la cristianità e viene in Italia ben deciso a non tralasciare una sola delle sue abitudini e tradizioni, pretende che la moglie e le figlie grandicelle se ne vadano in giro indossando il chador e sogna il giorno in cui la Mezzaluna scintillerà al sole sulla cupola di Michelangelo nella basilica di San Pietro (con la benedizione del santo padre Bergoglio, dell’arcivescovo Paglia e del cardinale Bassetti).
Ci fanno dire interruzione di gravidanza, ma è aborto volontario. Ci fanno dire sospensione delle terapie mediche, ma spesso è eutanasia bella e buona, come nel caso del piccolo Alfie Evans. Ci fanno dire procreazione assistita, ma è fecondazione artificiale e preferibilmente fecondazione eterologa, l’espediente prediletto dalle coppie lesbiche per avere un figlio nonostante tutto, ossia beffando la natura e facendo a meno dell’odiosa (e ormai decisamente anacronistica) collaborazione maschile. Ci fanno dire maternità surrogata, ma si dovrebbe dire utero in affitto.
E ancora: vogliono che diciamo migrazioni, ma si tratta in realtà di traffico calcolato di carne umana, sponsorizzato e finanziato da nobili filantropi come George Soros. Vogliono che diciamo antirazzismo, ma è odio e disprezzo della propria identità e della propria cultura. Vogliono che diciamo Nazioni Unite, ma è il Governo del Nuovo Ordine Mondiale.
Vogliono che diciamo nuovo umanesimo, ma è totalitarismo anticristiano in salsa massonica. Vogliono farci dire Unione Europea, ma è dittatura delle grandi banche private. Vogliono farci dire euro, ma è il marco svalutato nel solo interesse tedesco, una moneta della quale siamo obbligati a servirci, con nostro danno grave e permanente.
Vogliono farci dire Paesi frugali, ma sono Stati canaglia, paradisi fiscali come l’Olanda o Paesi in clamoroso superplus commerciale, contro tutte le regole dell’Unione, come la Germania.
Vogliono anche farci dire pandemia, ma è il pretesto sanitario per attuare un colpo di stato indolore e generalizzato.
Vogliono poi farci dire complottismo, quando è denuncia di un complotto reale; fake-news, quando sono, sovente, notizie fin troppo veritiere e perciò imbarazzanti per il potere e i suoi zelanti servitori; farci dire nemici del diritto d’Israele a esistere, quando si tratta di ricordare il diritto ad esistere dei palestinesi, del quale si son dimenticati tutti, specie nei salotti buoni della sinistra e della cultura progressista.
Vogliono anche che diciamo integralisti cattolici o cattolici tradizionalisti, quando sono semplicemente dei veri cattolici; chiesa in uscita, quando è l’anti-chiesa ovvero la sinagoga di Satana; dialogo interreligioso, quando è mortificazione del cattolicesimo; ecumenismo, quando è protestantesimo mascherato; e soprattutto antisemitismo, quando è denuncia ragionata e documentata di una rete di potere mondiale estremamente organizzata ed efficace, che fa capo ai Rothschild e ad altre famiglie di banchieri multimiliardari (non tutti ebrei), come i Warburg, i Rockefeller, i Goldman, i Lehman, più i vari Gates, Soros, Bezos, Zuckerberg.
E qui ci stiamo avvicinando al nocciolo della questione, come del resto è inevitabile quando ci si pone onestamente il problema della verità, perché da qualunque punto della circonferenza si parte, di necessità si va a cadere verso il centro di essa. Essendo ormai condizionati a pensare utilizzando espressioni fallaci e quindi a vedere la realtà in modo diverso da come effettivamente è; ed essendo abituati, dalla cultura del relativismo, a vedere e giudicare tutto come relativo, quindi a obliare il concetto stesso di verità, che non è relativo, non è negoziabile, non è manipolabile, perché la verità è quella e solamente quella, e chi la nega o la rifiuta è per ciò stesso un figlio della menzogna, abbiamo creato in noi le condizioni per subire e accettare il ricatto più grande di tutti, il tabù dei tabù, l’Innominabile, il che ci spinge a perdere inconsciamente la stima di noi stessi, a cedere e a transigere su ogni questione afferente la verità, a balbettare e ad alzare bandiera bianca ogni volta che qualcuno sventola quelle tali parole chiave.
Infatti chi è debole nel molto, sarà debole anche nel poco; chi è vile davanti a ciò che è grande, sarà vile anche davanti a ciò che è piccolo; e chi si piega, si umilia, si prostituisce di fronte a chi è potente, lo farà, per abitudine al servilismo, anche davanti a chi lo è di meno.
Avete mai notato che ogni uomo politico europeo di belle speranze, prima d’iniziare la sua carriera e di candidarsi a qualche posto importante, magari alla presidenza del consiglio dei ministro del suo Paese, va a fare un piccolo viaggio in Israele, ove si pone la kippah in testa, si reca a rendere omaggio alle sofferenze del popolo ebreo davanti al Muro del Pianto e pronuncia parole di scusa e di pentimento per la barbarie nazista e fascista, quasi che portasse sulle spalle una parte di responsabilità di quel che accadde nei campi di concentramento nazisti, anche se all’epoca non era neppure nato e anche se egli non è mai stato neanche lontanamente un ammiratore di Hitler, né un fautore di teorie razziste? (cfr. il nostro articolo: Riti d’iniziazione e riti di umiliazione, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 03/07/13 e ripubblicato sul sito della Accademia Nuova Italia il 16/01/18).
Dopo di che il presidente israeliano di turno accoglie l’omaggio del pio pellegrino insieme ai sensi della sua reverente contrizione, prende atto delle sue dichiarazioni e delle sue promesse (mai più un altro Olocausto) e benevolmente gli consente di raddrizzare la schiena e di tornarsene a casa, liberato – sia pure parzialmente e temporaneamente – dalla Grande Colpa che grava sulla coscienza del mondo, e specialmente dell’Occidente, per non aver fatto quanto doveva onde evitare che Hitler e i suoi sgherri facessero quel che hanno fatto. E se lui non era nato, la colpa resta perché non lo impedirono i suoi genitori, i suoi nonni o i suoi bisnonni: dal momento che la Grande Colpa è collettiva, incancellabile, permanente, e travalica le singole generazione, affermando il Principio eterno e non già la realtà storica contingente: ossia che nessun gentile potrà mai più dirsi innocente, nei secoli dei secoli, dopo che il popolo eletto ha sofferto ciò che ha sofferto.
E che non vi venga l’empia tentazione di osservare che anche gli armeni, i tutsi, gli herero, per non parlare dei pellerossa del Nord America, subirono un genocidio, non solo nel remoto passato, ma anche meno di trent’anni fa – quello dei tutsi è del 1994. Guai a voi!
Un simile paragone non farebbe che avvalorare il sospetto che nutriate in fondo al cuore dei torbidi sentimenti antisemiti, che la vostra intenzione sia quella di sminuire la Tragedia dei Sei Milioni, e soprattutto che abbiate la perfida intenzione di sminuire l’entità morale e materiale, l’assoluta unicità dell’Olocausto e ciò che pure uno studioso ebreo, Norman G. Filkenstein, ha bollato, con parole di fuoco, come il vergognoso sfruttamento economico e politico di esso (nel libro L’industria dell’Olocausto, del 2000). Ma perché non si può dire una cosa del genere, se uno di loro l’ha detta? Il punto è proprio questo: loro possono, gli altri no. Come per le Pasque di Sangue, argomento di un libro del rabbino Ariel Toaff del 2008, che produsse un enorme scalpore, tanto da innescare una furiosa polemica in sede accademica.
E lo stesso si può dire per L’invenzione del popolo ebraico di Shlomo Sand, del 2010. Sand, Toaff, Filkenstein sono autori ebrei, quindi possono avanzare tesi del genere; ma chi non è ebreo non ha alcun diritto di farlo, perché, come gentile, incorrerebbe latae sententiae, cioè per il fatto stesso, nel flagrante delitto di antisemitismo, aggravando il già pesantissimo fardello della Grande Colpa che pesa sulla coscienza mondiale (cfr. il nostro articolo Alcune brevi considerazioni sui concetti di sionismo e antisemitismo sul sito di Arianna Editrice il 02/04/08 e dell’Accademia Nuova Italia il 22/11/17). Ma la Verità è una signora gelosa: se viene tradita una volta da chi subisce il ricatto e piega la testa, non si lascerà vedere mai più.
di Francesco Lamendola
Fonte: http://www.accademianuovaitalia.it
Premessa: Elena Dorian
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