Ci risiamo, il dittatore mette a tacere gli oppositori. L’arresto di Aleksej Navalny, noto (ai più da oggi) blogger russo e segretario del Partito del Progresso anti Putin, ha suscitato sdegno e riprovazione da far invidia a Solženitsyn (in effetti con lui gli stessi indignati di oggi ebbero qualche remora in più). Si tratta di un coraggioso uomo libero che prova a ribellarsi alle imposizioni del potente zar nemico della democrazia, guai a metterlo in dubbio. Ecco allora la corazzata Potemkin della narrazione progressista italiana dissotterrare l’ascia dei diritti umani per dare inizio al contrattacco.
L’armata dei più buoni non ha indugiato, a partire dall’onnipresente contro gli onnipotenti di turno “L’Espresso”, che scrive: “Nessuno provoca davvero i poliziotti. In realtà non abbiamo mai visto una dimostrazione così pacifica e sorridente. L’età media è sui 25 anni. E’ una giornata di sole. A Mosca ancora non è primavera, ma quasi”. In realtà si trattava di una manifestazione non autorizzata, proprio perché il promotore Navalny si era rifiutato di sfilare altrove come chiesto dalle autorità russe e da alcuni attivisti stessi anti Putin che avevano proposto di tenerla in altre zone della città. Ma L’Espresso non ha dubbi: “è la più grande protesta contro Vladimir Putin e il suo governo dal 2012 – scrive il settimanale di De Benedetti – il modo civile in cui si è svolta e la severità con cui è stata repressa, con l’ennesimo arresto del leader che l’ha ispirata, Alexey Navalny, e di centinaia di altre persone, indicano come in Russia esista un’opposizione decisa, moderata e responsabile, e quanto il Cremlino tema la piazza”. Sembra la descrizione di una Nazione in rivolta contro un dittatore con i giorni contati. Peccato che in piazza a manifestare siano scese 7-8 mila persone, 600 delle quali arrestate. Tra questi lo stesso Navalny che rischia anche “una multa e lavori obbligatori”. Altro che gulag.
Ma chi è davvero questo paladino della democrazia che farebbe così tanta paura a Putin? Blogger russo di 41 anni, ha studiato all’università di Yale per poi fondare nel 2005 il gruppo politico Democrazia Alternativa, finanziato dalla ong americana NED (National Endowment for Democracy), a sua volta finanziata dal Congresso degli Stati Uniti d’America, come riportato sul sito stesso della ong. Il patriottismo è indubbio quindi. Navalny è considerato il principale oppositore di Putin dalla gran parte dei media internazionali, nonostante che un sondaggio del Levads Center datato gennaio 2015 rivelasse che soltanto il 49% dei cittadini russi ne aveva sentito parlare e appena il 10% provava simpatia per il personaggio. Nel 2013 Navalny è stato poi arrestato per appropriazione indebita di mezzo milione di dollari, finendo dopo un solo giorno ai domiciliari. Sempre nel 2013 insieme al fratello Oleg, ha subito un’altra condanna per frode e appropriazione indebita. L’anno successivo ha di nuovo subito una condanna, dal tribunale di Mosca, per truffa e riciclaggio. Non esattamente un curriculum limpido, eppure sufficiente per essere osannato come eroe democratico dalla buona stampa liberal nostrana. A cui segnaliamo un piccolissimo cortocircuito: nel 2006 Navalny balzò alle cronache per il supporto alla Marcia Russa ultranazionalista. Lo stesso partito cui all’epoca apparteneva il blogger anti Putin la giudicò una manifestazione “fascista, nazista e xenofoba”. Stesse accuse che gli stessi suoi sodali hanno lanciato ieri contro Putin. Come dire, almeno mantengono una certa coerenza terminologica.
Eugenio Palazzini
Fonte: www.ilprimatonazionale.it
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