…A Strasburgo […] un tizio spara sulla folla in una strada pedonale dove non si entra che da quattro ingressi strettamente controllati e non se ne esce che da altri due, parimenti controllati. Ne ammazza tre, poi saranno quattro e ne ferisce 13. Ma Nessuno sa chi sia. Neanche la polizia con la quale, poco dopo, avrebbe avuto uno scambio a fuoco nel buio. Non lo prendono, ma immaginano che sia lo stesso la cui casa avevano premurosamente perquisito, godendo di preveggenza, poche ore prima, per trovarvi armi, coltellacci ed esplosivo.
Nessuno poi saprà dare indicazioni. Salvo un tassista che, guarda caso, era lì, in una zona proibita a tutti i veicoli, taxi compresi. Dice di aver riconosciuto nel passeggero – ma sarà poi lo sparatore? L’uomo della perquisizione? – Cherif Chekatt, origine marocchina del quartiere Neudorf (Strasburgo e l’Alsazia erano tedeschi), e di averlo lasciato ferito (da chi?), pensa un po’, davanti a un commissariato.
La salvezza per lo sparatore è là a due passi, attraverso il Reno. Ma forse Cherif non sa nuotare, poi fa troppo freddo. Torna dalle sue parti, dove se no?, la mattina dopo, astuti come volpi, lo cercano in 750, tra forze speciali, brigate antiterrorismo, servizi segreti, vigili urbani. Una persona se ne sta in un magazzino o garage. Chi è? Ma lo sanno tutti, soprattutto i 750: è Cherif. E’ parte una sparatoria degna della battaglia della Marna. Ne può uscire uno che non sia il terrorista morto? Non può. lo si poteva prendere con i gas, per fame? Per farlo parlare e rivelare tutta una rete? Non si poteva. E stavolta è di certo Cherif, mariuolo di molte trasgressioni, per niente religioso, mai stato in moschea, mai visto pregare, ma, secondo ogni fonte, anche quelle della Gazzetta del Borneo, “radicalizzato” al punto da gettare ai piedi di Allah la sua vita. Come quegli altri, a Parigi e Bruxelles, radicali al punto da bere come spugne, spacciare, gestire la prostituzione e non farsi vedere mai dall’imam.
Cui prodest?
Una vecchia domanda se la ponevano già i romani: a chi conviene, cui prodest? Domanda arcaica, logora, polverosa. Per niente trendy. In Italia si vendono 4 milioni di copie di quotidiani,in nessuno di questi troverete quella domanda. E neanche il minimo dubbio. Sentenze definitive sui Gilet Gialli che, autorevolmente, espressione del popolo, hanno dato voce a dubbi sui tempi e sulle finalità dell’attentato che ne avrebbe inevitabilmente frenato l’azione,fornendo pretesti morali e repressivi all’avversario.
Si seppellisce il dubbio sotto valanghe di “complottisti folli”, “teorici della cospirazione”. In compenso, il rilancio del terrorismo, oltre che fornire nuove armi ai fautori della “sicurezza” contro i subordinati, provocando una vittima di forte valenza simbolica, e della cui morte ci dispiace, ha gonfiato i petti e i giornali dell’europeismo alla Junker-Moscovici-Barroso. Noi piangiamo il ragazzo. Loro, speculandoci sopra in nome dei Juncker e affini, il martire eroico di un’Europa che detestiamo.
Con il più bell’ossimoro della storia dell’informazione, il “manifesto”, che di dubbi non ne ha punti, fa seguire al discorso del fabbro che martella i dubbi per farne una spada al cavaliere, quello sprezzante sui cacadubbi delle giubbe gialle e di qualche demente complottista in rete. Garantisce Roberto Ciccarelli, garante anche dell’11/9. Il Fatto Quotidiano non è da meno. Ma Travaglio è un uomo d’onore. E’ quelli del “manifesto” e di tutta la stampa, libera e uguale, pure. Hanno tutti, quelli delle verità storiche e attuali sanzionate una volta per tutte, una paura fottuta del dubbio.
di Fulvio Grimaldi
Tratto da: http://fulviogrimaldi.blogspot.com
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