Robert Kempner è stato un importante e controverso avvocato ebreo-tedesco che svolse un ruolo di primo piano durante il Processo di Norimberga.
Ecco la sua storia in poche righe. Nato nel 1899 a Friburgo, in Germania, da una benestante famiglia ebraica, studiò legge nell’Università della sua città, dove esercitò la professione di avvocato sin dal 1920. Fu grande nemico di Hitler e del nascente Partito Nazional Socialista. Nel 1933 gli venne revocata la cittadinanza prussiana in quanto accusato di tradimento. Nel 1935 si trasferì in Italia, dove insegnò legge per alcuni anni, e nel 1939 emigrò definitivamente negli Stati Uniti.
Su forti pressioni della Lobby Ebraica Americana, nel 1946 venne inviato nuovamente in Germania con l’incarico di Assistente Consigliere Capo degli Stati Uniti presso il Processo di Norimberga, col ruolo di Pubblico Ministero.
Dopo la fine del processo rimase in Germania, dove continuò a esercitare la professione di avvocato, dedicandosi soprattutto alle richieste di risarcimento avanzate dagli ebrei sopravvissuti all’olocausto. Morì nel 1993 a Francoforte.
Ci ricordiamo di Robert Kempner per i seguenti motivi:
- ebbe un ruolo centrale nel processo di Norimberga;
- trafugò e nascose 150 mila pagine di documenti, tra cui i diari completi di Alfred Rosenberg, portandoli negli Stati Uniti, dove vennero parzialmente ritrovati in Pennsylvania, negli scantinati della sua casa;
- introdusse tra i capi d’accusa il Protocollo di Wannsee in cui si utilizzava il termine “Endlösung”, convincendo i giudici che i tedeschi avessero elaborato un vero e proprio piano di sterminio contro gli ebrei e che quel piano portasse proprio quel nome: “soluzione finale“.
Il ruolo di Robert Kempner nel Processo di Norimberga
Robert Kempner durante il processo di Norimberga si distinse per la crudeltà dimostrata verso tutti i testimoni della difesa, ostacolò in ogni modo l’attività degli avvocati difensori, negando a questi persino le copie dei capi d’accusa, forzò l’ottenimento di confessioni attraverso minacce di deportazione dei famigliari e false promesse. I suoi metodi non passarono inosservati, anche perché rischiavano di togliere ogni credibilità al processo.
Negli Archivi di Norimberga esiste un memorandum del colonnello Telford Taylor, che diffidava Kempner dall’esercitare pressioni sui prigionieri durante gli interrogatori, promettendo loro una liberazione anticipata (cfr. National Archives, RG.238, Entry 199, Records HQ, 6850th International Security Detachment IMT, box 15); anche l’avvocato di von Ribbentropp, Friedrich Gaus, lamentò di essere stato minacciato da Kempner di essere consegnato ai Sovietici (cfr. Affidavit di F. Gaus 15 marzo 1945, presso i National Archives, RG.328, US Chief of Counsel in Nuremberg, Main Office files, box 180).
Pur essendo avvocato di madrelingua tedesca, utilizzò le sue competenze giuridiche e linguistiche soltanto per fuorviare le indagini. Durante il processo avallò la falsificazione di fotografie e filmati, tradusse in modo scorretto documenti e testimonianze, appoggiò e sostenne prove improponibili, quali ad esempio quelle presentate da L. Smirnov, pubblico ministero sovietico. Quest’ultimo portò in tribunale, al cospetto dei giudici e disposti su un tavolo, due teste rimpicciolite e seccate asserendo appartenessero a prigionieri del campo di sterminio di Buchenwald, il sapone marchiato RIF, prodotto con puro grasso ebraico, paralumi di pelle umana. Tutte prove immaginarie, riconosciute come completamente false, ma a processo concluso.
In realtà Robert Kempner aveva un obiettivo ben preciso, per raggiungere il quale era disposto a tutto:
il suo obiettivo era quello di introdurre nel processo il capo d’accusa di genocidio degli ebrei.
La verità per lui non aveva alcuna importanza.
I diari di Alfred Rosenberg
Durante il processo di Norimberga Robert Kempner nascose tutti i documenti che potevano contraddire la tesi dello sterminio. Alla fine del processo trafugò enormi quantità di documenti che dovevano invece rimanere agli atti. E non stiamo parlando di documenti di secondaria importanza. Tra i documenti trafugati figurano infatti tutti i diari di Alfred Rosenberg, importante gerarca nazista, processato a Norimberga e condannato a morte. E non si impossessò soltanto dei diari di Rosemberg, ma anche di molto altro materiale utile alla difesa, per un totale complessivo stimato in 150 mila pagine.
Questi fatti vennero alla luce poco dopo la fine del processo, ma il materiale venne parzialmente ritrovato soltanto negli anni novanta, dopo la morte di Kempner, negli scantinati della sua casa in Pennsylvania.
Ci chiediamo:
Qual è la credibilità di un uomo di legge che nasconde documenti della difesa per far passare la sua tesi dello sterminio?
Nessuna credibilità. Robert Kempner aveva una missione da portare a termine: condannare il nazismo e possibilmente tutto il popolo tedesco per il reato di genocidio. A lui non interessava la verità. Interessava soltanto raggiungere quell’obiettivo.
Il materiale trafugato da Kempner, dopo il parziale ritrovamento in Pennsylvania e una lunga causa legale, non venne messo a disposizione degli studiosi dell’olocausto, ma consegnato alla United States Holocaust Memorial Museum. Abbiamo una sola certezza. Se in quelle 150 mila pagine di documenti ci fosse una riga soltanto in cui si parla di “sterminio degli ebrei”, tutta la stampa mondiale lo avrebbe scritto a caratteri cubitali.
Già il fatto che in tutti questi anni non sia trapelato nulla di rilevante dal punto di vista dell’accusa di genocidio ci fa capire molto sui contenuti di quei documenti.
Il documento Schlegerberger
Tra i molti documenti che erano nella disponiblità di Kempner, scomparsi dagli atti ma ancora reperibili in copia, figura il noto Documento Schlegelberger, in cui c’è scritto.
“Il Signor Ministro Lammers, mi ha informato che il Führer gli ha più volte ripetuto di voler rinviare alla fine della guerra la soluzione del problema ebraico. Pertanto, secondo il Ministro del Reich Lammers le attuali discussioni rivestono un valore meramente teorico. Inoltre si occuperà di garantire che, qualunque cosa accada, nessuna decisione fondamentale sarà presa da terzi a sorpresa e a sua insaputa”.
Questo documento, datato marzo-aprile 1942, è stato compilato da Franz Schlegelberger, segretario di Hans Lammers, che fu Comandante della Cancelleria del Reich e membro del Consiglio della Difesa. Si tratta quindi di un documento importante, in cui si profila una situazione ben diversa rispetto a quella raccontata da Kempner durante il processo.
Ci poniamo allora una domanda. Quanti di questi documenti Kempner distrusse, sottrasse, trafugò o semplicemente nascose ai giudici?
La grande opera d’arte di Kempner: la soluzione finale
Ma la grande opera d’arte di Robert Kempner, l’intuizione più geniale, quella per cui il suo nome dovrebbe comparire in tutti i libri dedicati alle “Tecniche di propaganda e manipolazione“, fu l’invenzione del termine “soluzione finale” con cui da quel momento in poi venne indicata la volontà dei tedeschi di sterminare gli ebrei, cancellandoli dal contesto europeo.
In sole due parole, Kempner riuscì a riassumere tutto l’orrore dello sterminio. Nessun pubblicitario avrebbe potuto far meglio.
Robert Kempner trovò negli Archivi del Ministero degli Esteri Tedesco la copia originale n. 16 del Protocollo di Wannsee, del 20 gennaio 1942. Wannsee è una località della Germania, a sud di Berlino, in cui si tenne una famosa conferenza per proporre nuove soluzioni al problema ebraico. Non essendo più possibile la deportazione verso la Palestina o l’espulsione, la soluzione che emerse fu quella di trasferire tutti gli ebrei verso Est, in una località non meglio definita degli Urali, impiegandoli durante il viaggio in lavori di costruzione di strade e infrastrutture.
Il protocollo di Wannsee non ebbe alcun seguito, in quanto nessuna delle indicazioni emerse durante la conferenza trovò applicazione concreta. Ma Robert Kempner ebbe la geniale intuizione di manipolare il contenuto del protocollo e di estrapolare la frase “Endlösung der Judenfrage“, vale a dire “Soluzione definitiva del problema ebraico”, sdoganandola come “Soluzione finale, sterminio del popolo ebraico“.
Robert Kempner era un ebreo colto, di madrelingua tedesca e sapeva benissimo che la parola Endlösung veniva usata correntemente sin dall’ottocento dagli stessi ebrei sionisti, tra cui Theodor Herzl, per riferirsi alla soluzione definitiva del problema ebraico, intesa soprattutto come soluzione territoriale. Kempner era anche in grado di leggere correntemente il Protocollo di Wannsee e poteva capire che non conteneva nulla di diverso rispetto a quello che già si sapeva da oltre ottant’anni.
Ma Kempner era un uomo senza scrupoli, capace di tutto, pur di ottenere la condanna del nazismo per genocidio, aprendo la strada a una vera e propria manipolazione della storia, completamente indipendente dai fatti.
Il malleabile Tribunale di Norimberga, dopo molte titubanze, si convinse (o fece finta di convincersi) che i tedeschi avessero davvero ideato e portato a termine un genocidio. Ma era vero?
Questo non aveva alcuna importanza. Per Robert Kempner la condanna per genocidio significò soltanto una cosa: “missione compiuta”.
di Paolo Germani
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