Ci sono alcuni aspetti della storia recente che vengono gelosamente nascosti, veri e propri segreti da custodire in uno scrigno. Non vengono citati nei libri di storia, perché sottoposti ad un’attenta censura, non vengono trattati a scuola dagli insegnanti, perché rischierebbero di essere estromessi dall’insegnamento, non vengono presi in considerazione da Hollywood né dalla stampa mainstream, perché nulla deve trapelare.
Tra questi aspetti della storia recente, le politiche economiche di Hitler ed il miracolo economico tedesco sono sicuramente i più censurati.
La Germania di Hitler fu il primo paese al mondo a liberarsi dal giogo della grande finanza internazionale, a introdurre politiche economiche e monetarie in grado di farli uscire dalla Grande Depressione, a raggiungere la piena occupazione in soli cinque anni, ad introdurre la cultura dell’innovazione nell’industria ed in ogni altro settore economico, ad approvare un insieme di riforme sociali che, all’indomani della seconda guerra mondiale, divennero un modello da seguire per le classi lavoratrici dei paesi occidentali.
Cinque verità ferocemente censurate e nascoste. Chiunque osi rompere questo muro di omertà è destinato, o prima o poi, ad essere fagocitato dal sistema censorio e dalla repressione. Cinque verità che non possono emergere, altrimenti la gente potrebbe accorgersi che la narrativa ufficiale è soltanto un falso.
“Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato” (G. Orwell, “1984”)
Ed è questo il motivo per cui certi fatti storici non possono e non devono emergere.
La rottura con la finanza internazionale
Quando il 30 gennaio 1933 Hitler arrivò al potere, la Germania era stata svuotata di ogni sua ricchezza. Dopo la crisi del ’29 gran parte degli immobili, delle fabbriche e delle case erano finiti nelle mani delle banche private, controllate per lo più dalla grande finanza ebraica. Il crollo della produzione industriale era stato del 50%. La disoccupazione aveva raggiunto il 30% della forza lavoro.
La Germania era nel caos, in preda a gruppi di sbandati e disoccupati. I tedeschi erano considerati gli straccioni d’Europa. Un popolo impoverito, ferito nell’orgoglio, sommerso dai debiti di guerra e all’apparenza senza più speranza.
Due giorni dopo essersi insediato come Cancelliere, Hitler si rivolse alla nazione via radio. Tutti sapevano che, con sei milioni di senza lavoro, centinaia di migliaia di senza tetto e la produzione industriale paralizzata, la più importante priorità era quella di riavviare la vita economica della nazione, soprattutto fronteggiando la disoccupazione e offrendo lavori produttivi. Queste furono le parole di Hitler:
“Il nuovo governo dovrà riuscire nel compito di riorganizzare l’economia della nostra nazione tramite due grandi piani quadriennali. Gli agricoltori tedeschi vanno aiutati a mantenere le forniture alimentari della nazione e, di conseguenza, il suo fondamento vitale. L’operaio tedesco verrà salvato dalla rovina con un attacco concertato e globale contro la disoccupazione“.
“Entro quattro anni la disoccupazione sarà definitivamente risolta. I partiti marxisti e i loro alleati hanno avuto 14 anni per dimostrare ciò che potevano fare. Il risultato è un ammasso di rovine. Ora, popolo di Germania, dacci quattro anni e poi ci giudicherai!“
In politica economica, il primo grande passo del Terzo Reich fu la completa rottura col sistema bancario internazionale, il quale si era arricchito immensamente, con il finanziamento del debito e con l’usura, mettendo in ginocchio l’intero paese. Inutile nascondere che questo atto estremo, fu quello che probabilmente diede l’avvio alla seconda guerra mondiale.
La risposta dell’ebraismo mondiale, che gestiva quel sistema bancario internazionale contro cui si era mosso il nazismo, non si fece attendere. Il 23 marzo 1933, neanche due mesi dopo l’ingresso al governo di Hitler, gli ebrei dichiararono guerra alla Germania, procedendo in seguito con un boicottaggio mondiale delle merci tedesche ed imbastendo una feroce campagna globale di diffamazione, come non si era mai vista prima. Ma nel giro di due anni, la Germania era comunque in piedi. Aveva una moneta solida ed una crescita stabile, senza inflazione.
La Germania fu il primo paese al mondo a uscire dalla crisi del ’29, ma era entrata in rotta di collisione con l’ebraismo mondiale, creandosi un nemico mortale.
Il miracolo economico tedesco: piena occupazione senza inflazione
Per attuare le riforme economiche che aveva in mente, Hitler si rivolse a uomini di provata abilità e competenza. Prima di tutto si avvalse della collaborazione di Hjalmar Schacht, un banchiere ebreo di primo piano e un esperto di questioni economiche e finanziarie con una impressionante carriera alle spalle, sia nell’industria privata che in quella pubblica. Anche se Schacht non era nazionalsocialista, Hitler lo nominò comunque Presidente della Banca Centrale Tedesca, la Reichsbank, e in seguito anche Ministro dell’Economia.
Hitler e il suo nuovo governo si misero immediatamente a contrastare la disoccupazione con tutte le forze. Stimolarono l’industria privata con sussidi e sconti fiscali, incentivando la spesa al consumo, ad esempio concedendo prestiti matrimoniali, e si lanciarono in un massiccio programma di opere pubbliche che vide la costruzione di autostrade, alloggi, ferrovie, infrastrutture logistiche, canali e idrovie navigabili.
Come promesso, Hitler ed il suo governo nazionalsocialista sconfissero la disoccupazione nel giro di quattro anni. Il numero dei senza lavoro fu portato da 6 milioni nel 1933, a 1 milione nel 1936. E il tasso dei disoccupati scese così velocemente che tra il 1937 e il 1938 vi era una penuria di manodopera nazionale, dando il via a fenomeni di immigrazione dagli altri paesi, tra cui l’Italia. La Germania inoltre si era dotata delle migliori infrastrutture esistenti nel pianeta, nessuno poteva vantare una rete di comunicazione pari a quella tedesca.
Progressi nell’industria e innovazione tecnologica
Durante i primi quattro anni dell’epoca nazionalsocialista, gli utili netti delle grandi imprese quadruplicarono e il reddito manageriale e imprenditoriale aumentò di quasi il 50%.
A cominciare dal 1934, i dividendi per gli azionisti di grandi imprese tedesche furono limitati al 6% annuo. Gli utili non divisi venivano investiti in buoni governativi del Reich che davano una resa di interessi annua del 6%, e in seguito, dopo il 1935, del 4,5%. Questa politica ebbe la conseguenza di incoraggiare il reinvestimento degli utili e l’auto-finanziamento, quindi di ridurre l’indebitamento con le banche e, più in generale, di diminuire nelle imprese tedesche la presenza e l’influenza del capitale di terzi.
La vivacità intellettuale dei tedeschi e la rinnovata fiducia in sé stessi, avevano prodotto in pochi anni migliaia di brevetti innovativi che garantivano alla Germania una posizione di primo piano a livello industriale. Un vero e proprio miracolo economico, senza pari nella storia.
La cultura dell’innovazione tecnologica promossa dal nazismo portò a migliaia di nuove invenzioni e brevetti industriali, molti dei quali fecero la fortuna degli alleati, non appena riuscirono a impossessarsene, a guerra finita.
In un discorso al Reichstag del 1937, Hitler ebbe a dire:
“Abbiamo vinto il caos in Germania, restaurato l’ordine, con enormi sforzi, abbiamo aumentato enormemente la produzione in tutti campi della nostra economia nazionale, producendo surrogati di varie materie prime che non abbiamo, incoraggiando nuove invenzioni, abbiamo sviluppato gli scambi, costruito nuove strade e canali navigabili, trasformato fabbriche enormi e nel contempo ci siamo impegnati a promuovere l’istruzione e la cultura del nostro popolo per lo sviluppo della nostra comunità sociale. Siamo riusciti a trovare un lavoro utile per tutti quei disoccupati che ci facevano così tanta pena, a far restare il contadino sulla sua terra nonostante tutte le difficoltà e a risparmiare la terra stessa per lui, a ripristinare un commercio tedesco prospero e a promuovere al massimo gli scambi“
Le politiche agricole del nazismo
La Germania dei primi anni ’30 era dipendente dagli approvvigionamenti agricoli esteri. Ciò generava la necessità di indebitarsi con la grande finanza internazionale al fine di acquistare la valuta occorrente per pagare le importazioni alimentari.
La politica agricola di Hitler fu imperniata sulla ricerca dell’autosufficienza alimentare.
Nel 1933 vennero approvate nuove leggi che garantivano agli agricoltori un reddito minimo compatibile con gli standard delle altre categorie produttive. I contadini vennero organizzati in Reich Food per produrre non ciò che era più redditizio, ma ciò che era più importante per i tedeschi. Per compensare la perdita di profitto, agli agricoltori veniva garantito il 100% delle vendite e ingenti sussidi alla produzione.
La Germania non raggiunse mai la piena autosufficienza alimentare, ma riuscì comunque a eludere la finanza internazionale instaurando un sistema di baratto con i paesi produttori di generi alimentari. In sostanza, i tedeschi acquistavano il grano dai paesi produttori, quali ad esempio Venezuela e Argentina, e offrivano in cambio prodotti dell’industria meccanica tedesca, trasformando una debolezza, qual era la dipendenza agricola, in un volano di straordinaria importanza per l’industria meccanica.
L’andamento dei salari e dei consumi durante il nazismo
Per la grande massa dei tedeschi, i salari e le condizioni di lavoro migliorarono costantemente. Dal 1932 al 1938 i redditi lordi aumentarono del 21%. Allo stesso tempo, gli affitti rimasero stabili e ci fu un sensibile calo dei costi di riscaldamento e di illuminazione. I prezzi scesero per alcune merci al consumo, come apparecchiature elettriche, sveglie e orologi, nonché alcuni prodotti alimentari. Il reddito dei lavoratori continuò a crescere persino dopo lo scoppio della guerra. Nel 1943 il reddito orario medio dei lavoratori tedeschi era cresciuto del 25% e quello settimanale del 41%.
Ecco alcuni dati che danno un’idea di come migliorò la qualità della vita. Fra il 1932, ultimo anno dell’epoca pre-hitleriana, e il 1938, l’ultimo anno intero prima dello scoppio bellico, il consumo di alimentari aumentò di un sesto, mentre abbigliamento e tessili incrementarono di più di un quarto, mobili e articoli casalinghi del 50%. Durante il periodo di pace nel Terzo Reich, il consumo di vino aumentò del 50% e il consumo di champagne di ben cinque volte. Fra il 1932 e il 1938 il volume turistico aumentò di oltre il doppio, mentre i proprietari di automobili durante gli anni 30 triplicarono.
La produzione tedesca di veicoli a motore, che includeva le auto fabbricate dalle americane Ford e General Motors (Opel), raddoppiò nel periodo 1932-1937, mentre le esportazioni di veicoli a motore tedeschi aumentarono di otto volte. Il traffico aereo passeggeri in Germania aumentò di oltre il triplo dal 1933 al 1937.
L’Austria dopo l’annessione
Anche l’Austria attraversò un momento di fenomenale ripresa economica dopo che fu annessa al Reich tedesco nel marzo del 1938. Immediatamente dopo l’Anschluss (annessione), i responsabili del governo si diedero rapidamente da fare per alleviare l’indigenza sociale e rivitalizzare l’economia moribonda. Investimenti, produzione industriale, costruzione di alloggi, spesa dei consumatori, turismo e standard di vita crebbero velocemente. Fra giugno e dicembre del 1938, il reddito settimanale degli operai dell’industria austriaci crebbe del 9%. Il successo del regime nazionalsocialista nel combattere la disoccupazione fu così rapido che lo storico americano Evan Burr Bukey arrivò a definirlo:
“uno dei successi economici più notevoli nella storia moderna”.
Il tasso dei senza lavoro in Austria scese dal 21,7% nel 1937 al 3,2% nel 1939. Il Prodotto Interno Lordo crebbe del 12,8% nel 1938 e di uno stupefacente 13,3% nel 1939.
La spinta verso il benessere innescata dal nazismo in Germania aveva quindi contagiato anche l’Austria, e avrebbe contagiato qualsiasi paese fosse entrato nella logica economica tedesca.
Ma ciò non fu possibile.
di Paolo Germani
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Bibliografia e sitografia
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- David Schoenbaum, Hitler’s Social Revolution (Norton, 1980) (edizione economica), pag. 100, 102, 104; Lo storico Gordon Craig scrive: “ Oltre a questi innegabili successi (cioè una migliore qualità di vita), i lavoratori tedeschi ricevettero ulteriori ed importanti sussidi dallo stato. Il partito conduceva una campagna di enorme successo per migliorare le condizioni lavorative negli stabilimenti industriali con periodiche iniziative preposte non solo per controllare che le norme sanitarie e di sicurezza fossero rispettate, ma anche per incoraggiare l’alleviamento dalla monotonia del lavoro quotidiano tramite aspetti gradevoli come la musica, il piantare alberi e premi speciali per il raggiungimento di obiettivi “. G. Craig, Germany 1866-1945 (Oxford, 1978), pag. 621-622
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- D. Schoenbaum, Hitler’s Social Revolution (1980), pag. 148, 149
- D. Schoenbaum, Hitler’s Social Revolution (1980), pag. 148, 149. (al confronto, osserva Schoenbaum, il tasso fiscal sul reddito per la fascia di reddito più alta nel 1966 nella Repubblica Federale Tedesca era circa del 44%)
- D. Schoenbaum, Hitler’s Social Revolution (1980), pag. 134
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- R. Grunberger, The Twelve-Year Reich (1971), pag. 223
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- R. Grunberger, The Twelve-Year Reich (1971), pag. 29, 234-235
- John Lukacs, The Hitler of History (l’Hitler della Storia), (New York: Alfred A. Knopf, 1997), pag. 97-98
- G. Craig, Germany 1866-1945 (Oxford, 1978), pag. 629-630
- Discorso di Hitler al Parlamento del Reichstag del 30 Aprile 1937
- Discorso di Hitler al Parlamento del Reichstag del 28 Aprile 1939
- John A. garraty, “The New Deal, National Socialism and the Great Depression”, The American Historical Review, Ottobre 1973 (Vol. 78, No. 4), pag. 944. (Garraty insegnò storia all’Università dello Stato del Michigan e alla Columbia University ed è stato in carica in qualità di president della Società degli Storici Americani).
- John. A. Garraty, “The New Deal, National Socialism and the Great Depression”, The American Historical Review, Ottobre 1973 (Vol. 78, No. 4), pag. 917, incluso n. 23. Garraty scrisse: “di certo la piena occupazione non fu mai raggiunta in America fintanto che l’economia non diventò totalmente di Guerra. La disoccupazione americana non scese mai molto al di sotto degli otto milioni durante il New Deal. Nel 1939 circa 9,4 milioni erano senza lavoro e durante il censimento del 1940 (Marzo) la disoccupazione si assestava sui 7,8 milioni, quasi il 15% della forza lavoro“
- William E. Leuchtenburg, Franklin Roosevelt e il New Deal (New York: Harper & Row, 1963 (edizione economica), pag. 346-347
- Da: Das Reich, 26 Maggio 1940. Citato in John A. Garraty, “The New Deal, National Socialism and the Great Depression”, The American Historical Review, Ottobre 1973, pag. 934. Fonte citata: Hans-Juergen Schroeder, Deutschland und die Vereinigten Staaten (la Germania e gli Stati Uniti), (1970), pag. 118-119
- Discorso di Hitler a Berlino, 3 Ottobre 1941
- John Lukacs, The Hitler of History (New York: Alfred A. Knopf, 1997), pag. 95-96
- S. Haffner, The Meaning of Hitler (la prassi di Hitler), (New York: Macmillan, 1979), pag. 27-29. Pubblicato la prima volta nel 1978 con il titolo di: Anmerkungen zu Hitler (osservazioni a Hitler). Vedi anche: M. Weber, “Sebastian Haffner’s 1942 Call for Mass Murder” (la denuncia del 1942 di sterminio di massa di Sebastian Haffner), The Journal for Historical Review, autunno 1983 (Vol. 4, No. 3), pag. 380-382
- J. Fest, Hitler: a Biography (Hitler: una biografia) (Harcourt, 1974), pag. 9. Citato in: S. Haffner, The Meaning of Hitler (1979), pag. 40
- J. Toland, Adolf Hitler (Doubleday & Co., 1976), pag. 407,409
- http://www.ihr.org/other/economyhitler2011.html
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