Il fatto che gli ebrei siano molto solidali tra di loro ed abbiano un forte senso di appartenenza ad una comunità religiosa (e non solo) è un fatto indiscutibile. Già ai tempi dell’Impero Romano, la comunità ebraica di Roma si faceva carico degli schiavi ebrei, che provenivano dalla Palestina, li accoglieva e li ospitava, pagando quanto richiesto per liberarli dalla schiavitù.
Ogni schiavo ebreo era quindi visto come un arricchimento per la comunità, una nuova importante risorsa.
E questo è uno dei motivi per cui la comunità ebraica di Roma divenne sempre più numerosa, coesa ed influente.
L’unione fa la forza
L’unione fa la forza, questo è il segreto del successo degli ebrei. Ci sono numerosi esempi che ci confermano quanto sia stato importante per le comunità ebraiche questo comportamento solidale. Ne cito alcuni.
Gli ebrei sefarditi, espulsi in massa dalla Spagna nel 1492, si stabilirono in molti altri territori, europei, africani e asiatici. Ovunque vennero accolti e aiutati dagli ebrei già presenti in loco. Eppure, non sempre riuscivano a comunicare tra di loro, visto che gli ebrei sefarditi parlavano soltanto spagnolo, mentre le altre comunità ebraiche parlavano yiddish, simile al tedesco, o altre lingue che nulla avevano a che fare con lo spagnolo.
Durante l’impero romano gli ebrei avevano costruito una rete mercantile che garantiva copertura commerciale in tutti gli angoli dell’impero. Molte popolazioni, in particolare dell’Anatolia si convertirono all’ebraismo per aderire a questa rete di mercanti. I nuovi ebrei vennero accolti a braccia aperte e questo comportamento arricchì l’intera comunità.
Nel novecento, l’impero Cazaro, poco studiato dalla storiografia occidentale, che occupava vasti territoria delle odierne Russia, Georgia, Armenia e Kazakistan, adottò l’ebraismo come religione ufficiale.
La conversione all’ebraismo riguardò in un primo momento il sovrano e i nobili per estendersi in seguito a tutta la popolazione. La conversione fu strategica e necessaria per l’impero, al fine di non divenire sottomessi alle vicine potenze cristiane e musulmane.
Anche in questo caso, i nuovi ebrei vennero inglobati nella comunità, ne assimilarono tutte le abitudini e i riti, dando origine a buona parte degli ebrei azchenaziti, che costituiscono ai nostri giorni la comunità ebraica più numerosa.
Il potere della finanza
Nell’antica Roma, e prima ancora ad Alessandria d’Egitto, gli ebrei si occupavano sopratutto di commercio e finanza. Possiamo quindi affermare che hanno un’esperienza plurimillenaria in questi due settori e ne conoscono tutti i segreti.
E’ vero che a un certo punto della storia i cristiani li costrinsero ad occuparsi quasi esclusivamente di prestiti e denaro, ma loro erano già grandi esperti in questo, non lo divennero dopo, semmai affinarono le competenze.
Nel Medioevo gli ebrei non erano i soli ad occuparsi di finanza, c’erano molti altri con cui erano in concorrenza. Eppure la finanza moderna, dalle banche alle agenzie di rating, è quasi esclusivamente nelle loro mani.
Ci chiediamo allora, come fecero i banchieri ebrei a prevalere su tutti gli altri?
Per capire come gli ebrei riuscirono a prendere il sopravvento nella finanza basta ricordare la memorabile strategia di Mayer Rothschild. Egli inviò i suoi cinque figli in cinque diversi paesi e città, in modo che ognuno di essi potesse appoggiarsi sull’uno o sull’altro fratello per i pagamenti internazionali, senza dover ricorrere a pericolosi e frequenti trasferimenti di oro.
I figli di Mayer aprirono cinque banche collegate in rete, a Londra, Napoli, Parigi, Vienna e Francoforte. Una strategia vincente. Piano piano, di questa rete incominciarono a far parte anche gli altri banchieri ebrei. Gli uni erano garanti degli altri. Tutti per uno e uno per tutti, diremmo oggi in gergo sportivo.
Fare rete è un concetto moderno, ma gli ebrei fanno rete da sempre.
Ed è questo comportamento che permise loro di prevalere su tutti gli altri concorrenti nel settore bancario e finanziario.
Il potere del palazzo
Vale la pena ricordare un’altra strategia dei Rothschild. Durante i conflitti finanziavano tutte le parti in causa. Ed anche questa si è sempre rivelata una strategia vincente. Infatti, il vincitore costringeva il vinto a pagare. E se il vincitore faceva il furbo e non pagava? Beh, anche in questo caso gli ebrei avevano sempre un piano “B”.
Se il vincitore non voleva pagava, gli ebrei organizzavano una congiura di palazzo, una rivolta, una sommossa.
E potevano farlo soltanto perché loro erano ben inseriti nei palazzi del potere. E questo non succedeva per caso, anzi, richiedeva decine di anni di lavoro certosino.
Gli ebrei sapevano che per agire in modo efficace non bastava fare squadra, muoversi in gruppo, ma bisognava essere ben rappresentati nei luoghi che contano.
E questa è una strategia che risale alla notte dei tempi. Loro non avrebbero mai potuto fare la fine dei Bardi, costretti alla bancarotta dall’insolvenza di Edoardo III, Re d’Inghilterra. Con gli ebrei il sovrano di turno non poteva comportarsi in questo modo, non si scherzava. Avrebbe avuto un nemico in ogni angolo del palazzo, disposto a pugnalarlo alle spalle e a prendere il suo posto. Tradire gli ebrei voleva dire guardarsi alle spalle per il resto della vita.
E i conti alla fine li dovevano pagare.
Il potere dell’informazione
Le stesse strategie che permisero ai banchieri ebrei di fagocitare la concorrenza e assicurarsi il predominio nella finanza, permisero ad altri ebrei di costruire un solido monopolio dell’informazione.
Prendiamo il caso delle agenzie di stampa internazionali. Nel 1859 Paul Julius Reuter (vero nome Israel Beer Josaphat), Bernhard Wolff e Luois Havas, tutti e tre ebrei, fondarono tre agenzie di informazione: la futura Reuter, la Wolffs Telegraphisches Bureau e la Agence France-Presse, dividendosi il mercato mondiale dell’informazione in tre zone d’influenza.
E’ stata una strategia vincente che permise a tre famiglie ebraiche dell’epoca di controllare l’informazione in tutto il mondo occidentale fino alla fine della prima guerra mondiale.
Nel periodo successivo le carte si mischiarono, ma il predominio ebraico nell’informazione non si interruppe.
Oggi l’informazione nel mondo occidentale è nelle loro mani. Non solo giornali e riviste, quindi la diffusione delle informazioni, ma anche la produzione delle stesse è sotto il loro controllo. Detto in altri termini, controllano l’intera filiera dell’informazione.
Chi detta la linea?
Anche se gli ebrei sono pochi, si battono insieme, coordinando gli sforzi per raggiungere uno scopo comune. Gli altri, vale a dire i goym, il resto dell’umanità, secondo il gergo ebraico, sono immensamente più numerosi, ma sono disuniti.
Per gli ebrei diventa quindi semplice conquistare i gangli del potere e orientare la società verso forme di sviluppo consone ai loro obiettivi generali.
Resta il problema di capire chi definisce gli obiettivi della comunità e come si stabiliscono le politiche per raggiungerli. Alcuni sostengono l’esistenza di un Gran Sinedrio Mondiale, che un tempo operava a New York e oggi forse a Gerusalemme, in cui si definiscono le politiche generali della comunità ebraica internazionale. Le direttive vengono portate a compimento da organi periferici, chiamati Kahal (dal nome ebraico Khl=potere), mentre a livello locale, lì dove non è presente né una Sinagoga né un Rabbino, operano altri organi minori, chiamati Kehillah, in cui si definiscono le linee guida locali.
Chi decide quali sono gli obiettivi da raggiungere e come raggiungerli resta comunque avvolto nel mistero.
E’ difficile fare delle ipotesi attendibili sul tipo di organizzazione, è però facile accertare che quando accadono eventi importanti per la comunità, gli ebrei parlano con una sola voce, e agiscono come un solo individuo, sono tutti dalla stessa parte e si muovono all’unisono. E questo avviene in tutto il mondo.
Ciò significa che esiste un organo centrale che decide quale sia la posizione da tenere. Altrimenti l’unisono sarebbe impossibile da realizzare.
Il gioco di squadra
A differenza degli altri popoli, gli ebrei programmano le loro azioni con una prospettiva multi-generazionale, quindi a lungo termine. Gli obbiettivi sono da raggiungere tra decine di anni, forse centinaia. Il tempo non ha importanza. Nel tempo, cambieranno le strategie, ma se l’obiettivo è quello, o primo o poi lo raggiungeranno.
E non è un caso se le attività in cui gli ebrei si buttano a capofitto, ovunque si trovino, sono finanza, avvocatura e magistratura, medicina, politica, giornalismo, informazione, social network, divertimento, cinema, televisione, gioco online, indagini statistiche e pornografia.
Sono tutti settori in cui, o il potere è massimo, o la redditività è altissima. E si sa che potere e denaro sono leve fondamentali per generare altro potere.
Il gioco di squadra è nel DNA degli ebrei, o meglio, è una strategia operativa che gli ebrei hanno interiorizzato. A loro viene spontaneo agire e muoversi in gruppo. Fa parte del loro modo di essere.
Il potere finanziario corre a braccetto col potere dei media e col potere politico. Sono tre elementi portanti. E in molti paesi occidentali, tutti e tre sono in mano ad una ristretta elite ebraica.
Provate ora a immaginare un film in cui i malvagi siano ebrei.
E’ impossibile, un film di questo tipo sarebbe stroncato sul nascere.
Ma quando il potere si concentra nelle mani di una piccola comunità, la quale influenza e controlla, a proprio beneficio, tutti i gangli del potere, la storia ci insegna che si prepara una grande sconfitta per tutti.
Ma se la storia viene modificata e nascosta, affinché diventi incomprensibile ai più, i suoi insegnamenti non servono a nulla.
di Paolo Germani
Fonte: www.altreinfo.org
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