Nella fase iniziale della Rivoluzione Francese ci si poteva aspettare che venissero confiscati i beni della Chiesa o almeno una parte di essi, con l’obiettivo di reperire nuove risorse finanziarie, visto l’enorme debito pubblico contratto dal Regno per far fronte alle varie guerre, in primis la guerra anglo-francese. Non c’era però alcun motivo per cui la Rivoluzione Francese dovesse scontrarsi con la fede cristiana, fino a trasformarsi in una vera e propria persecuzione dei cristiani, perdendo per strada ogni altra spinta riformatrice.
Eppure, sin da subito, i cristiani, soprattutto i cattolici, furono perseguitati, uccisi, derisi e vessati.
Furono decine di migliaia i preti e le suore uccisi o espulsi dalla Francia, centinaia di migliaia i cristiani uccisi, centinaia le chiese violate, sconsacrate o distrutte. Per non citare gli eccidi commessi in Vandea, i cui abitanti, per lo più cattolici e devoti, non accettavano la scristianizzazione e si erano schierati col Re.
La totale deviazione dai principi della rivoluzione raggiunse il massimo della crudeltà con l’eccidio delle carmelitane scalze, sedici religiose ghigliottinate che nulla avevano fatto se non professare la propria fede.
I beni sequestrati alla chiesa, non solo l’oro e i terreni, ma anche le campane, servirono in parte a finanziare le nuove campagne militari e in parte a pagare la metà degli interessi che gravavano sull’enorme debito pubblico della Francia, soldi finiti interamente nelle tasche dei Rothschild, che avevano finanziato la guerra anglo-francese e detenevano il debito pubblico del regno.
L’unico vero atto rivoluzionario della Rivoluzione Francese fu l’emancipazione degli ebrei. Dopodiché, a parte le dichiarazioni d’intento, rimaste vuote parole, i concetti di “Libertà, eguaglianza e fratellanza” vennero messi in un cassetto e la rivoluzione si trasformò in uno spietato regime del terrore e in un goffo quanto impopolare tentativo di scristianizzare la Francia.
La violenza dei “pamphlet” antireligiosi
Nel periodo immediatamente precedente la rivoluzione, tra il 1788 e la primavera del 1789, ci fu un fiorire di giornali e opuscoli informativi, mezzi d’informazione pressoché sconosciuti prima di allora. Questi giornali e opuscoli, i cosiddetti “pamphlet”, venivano diffusi nelle città e nelle campagne di tutta la Francia e veicolavano informazioni arbitrarie, improntate alla violenza e del tutto incontrollate.
In sostanza, ognuno poteva affermare quello che voleva, incitare all’odio ed alla violenza, senza alcun filtro e senza render conto a nessuno. Era sufficiente avere i soldi per stampare gli opuscoli e per distribuirli tra la gente. Col linguaggio di oggi, si direbbe “campo libero a qualsiasi genere di menzogna, istigazione all’odio religioso ed alla violenza”. Dietro le quinte della rivoluzione, c’erano quindi persone con idee molto chiare, disposte a fomentare e finanziare l’odio anticristiano.
Ciò che più colpisce negli opuscoli diffusi tra il 1788 e il 1789 è il gran numero, il linguaggio violento, la grossolanità e l’anti-cristianità di cui erano pervasi. Attaccavano la chiesa e la fede cattolica senza risparmiare nessuno. Va precisato che quel diluvio di opuscoli incontrollati non attaccavano la monarchia, come sarebbe giusto aspettarsi, e contenevano soltanto lievi e rispettose critiche anti-aristocratiche.
Il loro unico obiettivo era quindi quello di attaccare la cristianità.
L’attacco contro la cristianità era quindi partito prima che iniziasse la rivoluzione e prendeva di mira la Chiesa, non la Monarchia e nemmeno l’Aristocrazia. Dovremmo quindi analizzare meglio questi giornali e opuscoli, e chiederci chi li ha finanziati, chi li ha scritti e chi deviò la rivoluzione francese verso un attacco diretto e frontale contro i cristiani, nonostante i valori portanti della rivoluzione, “Liberté, Égalité, Fraternité”, fossero del tutto compatibili con i valori della fede cristiana.
Quella stessa rivoluzione che da una parte, tra i suoi primi provvedimenti, in nome dell’eguaglianza della fratellanza e dell’eguaglianza, sanciva l’emancipazione degli ebrei riconoscendo la loro libertà di culto, si apprestava dall’altra parte a perseguitare i cristiani ed a chiudere le chiese, sconsacrandole e trasformandole in luoghi dedicati a culti laici.
Un pamphlet della primavera del 1789, intitolato Le Diable dans l’eau bénite ou l’iniquité retombant sur elle-même, contiene esternazioni contro la cristianità e la Chiesa: “il fanatismo credulone insinuato nelle anime”, “le menzogne religiose”, “la stupidità della morale” cristiana, i monaci e i religiosi dei due sessi “parassiti divoratori dei beni della nazione”, e così via.
Si tratta di un pamphlet di un interesse storico considerevole in quanto lancia il programma della prima fase della distruzione della Chiesa, che sarà realizzata dalla Rivoluzione negli anni che vanno dal 1789 al 1792, prima della distruzione totale che avverrà nel 1793:
- soppressione di tutte le congregazioni e di tutti i monasteri,
- soppressione della decima,
- l’imposta ecclesiastica,
- riduzione massiccia del numero dei vescovadi e degli arcivescovadi.
Questo si aggiunge al sequestro dei beni della Chiesa reclamato da un altro pamphlet, Conversation entre Mgr A e Mgr B, e all’elezione dei vescovi da parte della Nazione, reclamata nel pamphlet L’Église gallicane e in Le Clergé dévoilé.
Così la Rivoluzione si annunciava, ancor prima di nascere, con precisione e con violenza, per quello che sarebbe stata, cioè sostanzialmente anticristiana, mentre le sue altre caratteristiche si sarebbero rivelate superficiali o secondarie.
Gli atti di violenza anti-cristiana
Il 14 luglio 1789 è il giorno della presa della Bastiglia.
Il 4 agosto l’Assemblea Costituente blocca ogni versamento della Chiesa di Francia a Roma, “per qualsiasi ragione”. Il 28 ottobre “aggiorna” i nuovi voti monastici. Il 2 novembre decide che i beni del clero saranno messi a disposizione della Nazione. Il 22 dicembre toglie ai vescovi la direzione dell’insegnamento. Il 13 febbraio 1790 sopprime i voti monastici e scioglie le comunità religiose. Il successivo 12 luglio impone unilateralmente una Costituzione Civile del Clero che riduce di molto il numero delle diocesi e delle parrocchie, fa eleggere i vescovi e i parroci dalle assemblee politiche, cioè anche dai non cattolici, separa la Chiesa di Francia da Roma ed esige dai preti e dai vescovi il giuramento di fedeltà.
I fatti manifestano che la Rivoluzione “ai suoi inizi”, a meno di un anno dalla presa della Bastiglia, si è mostrata, mese dopo mese, sistematicamente ostile alla “Chiesa tradizionale”, che ha distrutto da cima a fondo, realizzando in questo modo il programma lanciato dai pamphlet anticristiani che pullulavano nel 1788 e nella primavera del 1789.
Lo stesso Papa Pio VI, sottoposto in seguito a inenarrabili sofferenze e morto incarcerato in Francia, scrive:
“Dunque, questa uguaglianza, questa libertà tanto esaltate dall’Assemblea Nazionale, pervengono solamente a rovesciare la religione cattolica”.
La guerra della Rivoluzione contro la Chiesa diventerà più violenta e più totale dopo gli anni 1790 e 1791. Nel 1792 l’Assemblea Legislativa decide, poi eseguita di fatto, la deportazione dei sacerdoti refrattari, vale a dire quelli che non avevano aderito alla Costituzione Civile del Clero, perché portava ad una scissione dalla Chiesa, e che erano la maggioranza. A partire dal 14 luglio dello stesso anno cominceranno un po’ ovunque i massacri dei sacerdoti refrattari, che continueranno in gran numero con i massacri di Settembre.
Domenica 2 settembre 1792 ventiquattro sacerdoti refrattari vennero assaliti da una folla ostile mentre sotto scorta armata si recavano alla prigione Abbaye. Non appena raggiunsero la prigione una gran folla, aizzata dagli agitatori onnipresenti, domandò che fossero “giudicati”. Il processo fu sommariamente condotto dal famigerato Stanislao Maillard, che capeggiava una compagnia di paramilitari. Quando i sacerdoti rifiutarono di prestare giuramento alla Costituzione, furono lasciati in pasto alla folla, che ne uccise la maggioranza.
Cinque sopravvissuti poterono testimoniare quanto era successo. Tra essi vi era l’abate Roch-Ambrogio Sicard, il cui imprigionamento mostrò quanto fossero diventati arbitrari gli arresti: giunto da Bordeaux a Parigi nel 1789, Sicard era immensamente popolare tra gli operai della città per aver fondato una scuola per bambini sordomuti.
Quello stesso giorno, ebbe ancora luogo un’altra carneficina nella chiesa carmelitana a Rue de Rennes, ove erano rinchiusi centocinquanta vescovi e sacerdoti, oltre a un laico. Diversi vescovi ed alcuni sacerdoti stavano recitando il vespro in una cappella quando i rivoluzionari assassini irruppero nel giardino ed uccisero il primo sacerdote che incontrarono, passando a fil di spada quanti incrociavano lungo la propria strada.
La trasformazione del culto
Dopo i massacri di settembre, numerose chiese furono trasformate in templi della Ragione, a partire dalla Chiesa di Saint-Paul-Saint-Louis nel quartiere Marais. Il nuovo culto si espresse nel 1793 e nel 1794 anche attraverso cortei carnevaleschi, spogliazioni di chiese cattoliche, cerimonie iconoclaste e così via.
Il 26 settembre Fouché dichiarò di voler sostituire «ai culti superstiziosi e ipocriti» quello della Repubblica e della Morale Naturale, il 10 ottobre vietò ogni cerimonia religiosa al di fuori delle chiese e laicizzò i cimiteri facendo trascrivere al loro ingresso «la morte è un sonno eterno»; a Rochefort, Lequinio trasformò la chiesa in un tempio della Verità; nella Somme, Dumont fece sequestrare gli oggetti preziosi usati per il culto (definiti «ornamenti del fanatismo e dell’ignoranza»).
Il culto della Ragione cominciò a svilupparsi nella provincia francese, particolarmente a Lione e nel Centro. Il movimento si radicalizzò arrivando a Parigi, dove il 10 novembre 1793, all’interno della chiesa di Notre Dame, consacrata alla Ragione, si festeggiò la “Festa della Libertà”. Il culto fu celebrato da una cantante lirica di Parigi molto avvenente che simboleggiava la dea della Ragione.
Nell’autunno del 1793 si arriva dunque alla scristianizzazione totale della Francia. Spettacoli mascherati con i paramenti e con gli oggetti di culto vengono presentati nelle vie in processioni grottesche, questi stessi oggetti e questi stessi paramenti vengono in seguito bruciati sulle piazze, in pompa magna, con autodafè, preti spretati e talora sposati, di loro volontà oppure a forza, chiese chiuse, culto proibito.
La scristianizzazione non passò tuttavia solo attraverso la violenza, ma anche introducendo delle innovazioni come il calendario rivoluzionario costituito dalle decadi al posto delle settimane, e l’istituzione dell’era repubblicana (fatta iniziare il 22 settembre 1792).
Nel mese di novembre 1793 il dipartimento del Consiglio di Indre-et-Loire abolisce la parola dimanche (domenica). Il calendario gregoriano, uno strumento decretato da Papa Gregorio XIII nel 1582, viene sostituito dal calendario repubblicano francese che abolisce i giorni santi e tutti i riferimenti alla Chiesa.
Vie e nomi di luogo con qualsiasi tipo di connotazione religiosa vengono cambiati, come ad esempio la città di St. Tropez, che divenne Héraclée. Le feste religiose vengono vietate e sostituite con giorni di vacanza per festeggiare il raccolto e altri simboli non religiosi.
L’esecuzione delle carmelitane
Uno dei punti più bassi e inumani della Rivoluzione Francese, secondo soltanto al genocidio della Vandea, che abbiamo già trattato in altri articoli, venne toccato il 17 luglio 1794, giorno in cui furono condotte sulla piazza del Trono-Rovesciato (attualmente place de la Nation) sedici carmelitane guidate da Madre Thérèse de Saint-Augustin, loro madre superiora, per essere in seguito ghigliottinate.
Le carmelitane erano state giudicate colpevoli di “macchinare contro la rivoluzione” per essersi rifiutate di rinunciare al voto monastico e per aver chiesto la fine delle atrocità contro i cristiani.
Per tutta la lunghezza del percorso che le conduceva al luogo dell’esecuzione, le carmelitane cantarono degli inni sacri. Vestite con i loro mantelli bianchi, le religiose discesero dai carretti, si misero in ginocchio e intonarono il Veni Creator Spiritus. Il boia Charles-Henri Sanson, ghigliottinò per prima Suor Constance de Jésus, che aveva 29 anni ed era la più giovane del gruppo.
La novizia fece la genuflessione davanti alla propria madre superiora per domandarle il permesso di morire, poi, salendo gli scalini della ghigliottina, intonò il Laudate Dominum (il salmo 116, salmo cantato dalla fondazione delle carmelitane, con la simbologia di fondare in Cielo una nuova comunità).
Le quindici altre carmelitane furono giustiziate in seguito: suor Marie Henriette de la Providence, l’infermiera, come penultima e la madre superiora per ultima. I canti delle religiose che salivano il patibolo impressionarono fortemente la folla che assisteva a questa esecuzione.
I loro corpi e le loro teste furono gettati in una delle due fosse comuni scavate nel vicino Cimitero di Picpus.
La normalizzazione
All’inizio del 1795 un ritorno a qualche forma di fede basata sulla religione comincia a prendere forma e viene approvata una nuova legge che legalizza il culto pubblico, anche se con limitazioni rigorose.
Il suono delle campane della chiesa, processioni religiose ed esposizione della croce cristiana restano proibiti.
La ritrovata libertà religiosa nei paesi dell’Ovest, dopo gli eccidi della Vandea, non poté quindi non estendersi anche al resto della Francia: il 21 febbraio 1795, un deputato della Pianura, Boissy d’Anglas, ripropose la libertà di culto con la motivazione che una religione clandestina poteva essere ben più pericolosa di una pubblica. Furono perciò riaperte le chiese, anche se vigevano ancora molte restrizioni in materia religiosa (vi era per i preti il divieto di indossare l’abito talare, fare processioni, suonare le campane…).
Questo decreto contribuì alla ricostituzione del clero costituzionale, che domandò la restituzione delle loro patenti sacerdotali strappate con la forza; ma anche il clero refrattario rientrato in Francia prese a riorganizzare (con la contrarietà del governo parigino) il culto romano.
La laicizzazione e i tentativi di instaurare una nuova fede civica distaccò una parte dei francesi dalla tradizione cristiana, ma gli avvenimenti mostrarono che la maggior parte del popolo era rimasta attaccata al culto tradizionale. Motivo che spingerà Napoleone Bonaparte a stipulare nel 1801 un Concordato con la Chiesa Cattolica.
Conclusioni
Il 26 agosto 1789 venne approvata La Dichiarazione dei Diritti dell‘Uomo e del Cittadino, una solenne elencazione di diritti diritti fondamentali di ogni individuo.
Sono tutti diritti encomiabili. Ne ricordiamo quattro.
Art. 4 – La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla Legge.
Art. 10 – Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge.
Art. 11 – La libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.
Alla luce di quanto è successo, degli eccidi, dei massacri, del genocidio della Vandea, del regime del Terrore e di tutto ciò che successe negli anni successivi, appare chiaro che l’unico atto coerente con i principi rivoluzionari fu l’emancipazione degli ebrei.
Per il resto solo distruzione, in palese contraddizione con tutti i principi elencati.
Riportiamo le parole del generale Westermann, rivolte al Comitato di salute pubblica di Parigi con cui, il 23 dicembre 1793, annuncia trionfante la definitiva sconfitta dei vandeani:
«Cittadini repubblicani, non c’è più nessuna Vandea! È morta sotto la nostra sciabola libera, con le sue donne e i suoi bambini. L’abbiamo appena sepolta nelle paludi e nei boschi di Savenay. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli, e massacrato le donne che non partoriranno più briganti. Non ho un solo prigioniero da rimproverarmi. Li ho sterminati tutti… le strade sono seminate di cadaveri. Le fucilazioni continuano incessantemente»
Si può affermare, con una certa serenità, che
dietro la Rivoluzione Francese ci fu l’inconfondibile mano del diavolo.
I rivoluzionari ci diedero un assaggio di ciò che gli uomini, lasciati soli e in preda al male, sono capaci di fare. Altri assaggi li abbiamo avuti nel corso del ventesimo secolo e non mancano certo ai giorni nostri.
di Paolo Germani
Bibliografia:
- “La Révolution française ou les Prodiges du sacrilège” – Jean Dumont
- “Christianisme et Révolution”, Jean de Viguerie
- “Rivoluzione del 1789. La cerniera della modernità politica e sociale”, Beniamino De Martino
- “Riflessioni sulla rivoluzione di Francia”, Edmond Burke
- A. Mathiez, “La reazione termidoriana”
- https://www.uccronline.it/2016/03/03/la-rivoluzione-francese-il-primo-violento-tentativo-di-scristianizzazione-della-societa/
***