Il piano Lindemann, l'ebreo tedesco che voleva distruggere tutte le città del Reich. Paolo Germani - www.altreinfo.org

Il piano Lindemann, l’ebreo tedesco che voleva distruggere tutte le città del Reich. Paolo Germani

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
image_pdfimage_print

E’ sorprendente l’odio che negli anni trenta molti ebrei tedeschi nutrivano non solo verso Adolf Hitler e il regime nazista, il ché è comprensibile, ma anche e soprattutto verso il popolo tedesco, che non era mai stato ostile con gli ebrei e ne aveva accolti centinaia di migliaia.

Ne citiamo solo alcuni: Theodore Kaufmann, Louis Nizer, Henry Kissinger, Henry Morgenthau, Friedrich Lindemann, Ernest Hooton, Robert Kempner, ma sono davvero tanti se comprendiamo anche quelli che lavorarono alla bomba atomica americana, destinata alla Germania e non al Giappone.

Non si tratta di persone poco influenti, ma di persone che occupavano ruoli importanti, in ambito politico ed accademico. Ad esempio, brani del best seller “Germany must perish”, di Theodore Kaufmann venivano letti alla radio tedesca ogni giorno per terrorizzare il popolo e far capire quale sarebbe stato il truce destino che aspettava i tedeschi in caso di vittoria degli alleati. Se Kaufmann non avesse mai scritto quel libro, la guerra sarebbe durata meno.

Eppure gli ebrei tedeschi erano molto più integrati in Germania che altrove, come dimostra l’altissimo numero di mezzi ebrei o ebrei per un quarto, non soggetti alle leggi razziali di Norimberga, che vivevano tranquillamente in Germania e militavano nell’esercito. Gli ebrei tedeschi e i tedeschi avevano un patrimonio linguistico e culturale comune e, fatto non trascurabile per l’epoca, condividevano buona parte del loro patrimonio genetico.

Tanto odio verso i tedeschi non può essere nemmeno giustificato dall’olocausto in quanto negli anni trenta non c’era alcun sospetto riguardante progetti di sterminio, essendo l’obiettivo dichiarato di Hitler quello di espellere gli ebrei dai territori tedeschi, non certo quello di sterminarli. C’era anche molta collaborazione tra sionisti e nazisti, come dimostrano gli accordi di Haavara che permisero a circa sessantamila ebrei di emigrare in Palestina.

Occorre anche chiarire, al fine di evitare equivoci, che i tedeschi col termine di “razza ebraica” intendevano soltanto coloro che avevano tre o quattro nonni ebrei, non certo gli altri. Quindi i mezzi ebrei non erano affatto discriminati, tant’è vero che molti di questi occuparono ruoli fondamentali nelle forze armate tedesche.

dresda, bombardata e distrutta in base al programma Lindermann

Il piano Lindemann

Uno di questi odiatori del popolo tedesco fu il fisico Friedrich Lindemann, detto il Professore, amico personale e influente consigliere di Winston Churchill. 

Fiedrich Lindemann elaborò il cosiddetto “Piano Lindemann”, in base al quale le città tedesche dovevano essere bombardate in modo indiscriminato, utilizzando le famigerate bombe al fosforo, ora vietate dalle convenzioni internazionali, ma anche all’epoca, in quanto il fosforo è di fatto una  sostanza chimica, ed avvalendosi di un piano di azione particolare.

La tecnica elaborata da Friedrich Lindemann mirava a fare il maggior numero possibile di vittime civili tra la popolazione delle città, che era composta quasi esclusivamente da vecchi, donne e bambini, in quanto gli uomini erano tutti impegnati nel fronte. L’obiettivo era quello di infliggere la maggior sofferenza possibile per fiaccare la resistenza dei tedeschi, ottenendo in realtà l’effetto opposto.

La tecnica criminale prevista dal Piano Lindemann era strutturata come segue:

  1. quando necessario, a seconda dell’ora e delle difese della città da attaccare, i bombardamenti erano preceduti dal lancio di striscioline di carta stagnola della lunghezza di 25 centimetri, dette “windows” il cui scopo era quello di confondere i radar nemici (idea di Lindemann risalente addirittura al 1937);
  2. una prima ondata di bombardamenti convenzionali per sventrare gli edifici, scoperchiare i tetti, creare varchi, rompere i vetri delle finestre, ed aprire quindi la strada al fosforo incendiario, per farlo entrare in ogni casa e in ogni edificio;
  3. una seconda ondata con utilizzo di bombe al fosforo per provocare incendi in ogni edificio, produrre temperature di oltre 1000 gradi, causando venti di oltre 250 km orari al fine di causare il maggior numero possibile di vittime civili;
  4. sospensione dei bombardamenti fino all’arrivo dei soccorsi dei pompieri e delle ambulanze, creando una parvenza di ritorno alla normalità;
  5. una terza ondata di bombe al fosforo per uccidere tutte le forze di soccorso impegnate nello spegnimento degli incendi e quanto rimaneva della popolazione. Il tutto in cerchi concentrici estesi fino alle periferie della città;
  6. ondate successive con mitragliamento dei superstiti a bassa quota.

I bombardamenti dovevano essere più intensi nelle zone periferiche, dove c’erano le case dei lavoratori, quindi con una maggior densità abitativa. Era necessario distruggere tutti i monumenti, le chiese e gli ospedali, al fine di demoralizzare il popolo tedesco, privandolo di tutti i simboli della propria arte e distruggendo la loro identità culturale.

Il criminale “Piano Lindemann” venne adottato dal Gabinetto di Guerra di Winston Churchill il 30 marzo del 1942. L’emigrato ebreo tedesco professor Friedrich Lindemann, divenne da allora Lord Cherwell. Egli non venne mai perseguito per un crimine di guerra spaventosamente nuovo, fino ad allora mai immaginato. In tal modo tutte le città sopra i 50.000 abitanti potevano essere distrutte, o almeno massacrate. Il piano prevedeva l sterminio di gran parte dei 25 milioni di tedeschi che abitavano nelle città.

Il Gabinetto di Guerra capì che nessun sentore di tale risoluzione doveva raggiungere il pubblico e il piano rimase quindi segreto. Churchill parlava sempre di “obiettivi militari”, ma in realtà l’obiettivo principali delle sue azioni era quello di uccidere il maggior numero possibile di vecchi, donne e bambini tedeschi.

Fu solo nel 1961 che incominciò a sgretolarsi il muro di gomma costruito intorno ai bombardamenti del terrore. Nello stesso anno venne alla luce il resoconto ufficiale di come il Regno Unito aveva sviluppato i bombardamenti del terrore secondo i dettami del Piano Lindemann.

 

di Paolo Germani

Fonte: www.altreinfo.org

A seguire un articolo di Francesco Lamendola

I bombardamenti di Dresda sulla base del piano lindemann fecero più morti della bomba atomica

Il Piano Lindemann

Come il fisico F. Lindemann volle la distruzione criminale delle città tedesche

Il fisico Frederick Alexander Lindemann era nato in Germania, a Baden-Baden, nel 1886, poi era emigrato con la sua famiglia, durante l’adolescenza, nel Regno Unito, per fare una splendida carriera professionale e sociale, ottenendo la nomina a primo visconte Cherwell, nonché diventando grande amico personale di Winston Churchill fin dagli anni Trenta; per morire, infine, a Londra, nel 1957, al culmine della gloria e degli onori.

In effetti, il suo nome non è molto conosciuto al di fuori di una cerchia abbastanza ristretta di fisici e storici della scienza; perfino quanti possiedono una discreta conoscenza della Seconda guerra mondiale, sovente ignorano tutto di lui: eppure egli ha giocato un ruolo strategico importantissimo nella conduzione del conflitto da parte degli Alleati, perché è stato il massimo fautore dei bombardamenti aerei spietati e indiscriminati sulle città tedesche, al di fuori di ogni logica militare, con lo scopo dichiarato di provocare il massimo danno materiale e di seminare il terrore fra la popolazione inerme; e delle sue “buone” ragioni riuscì a convincere, peraltro senza eccessiva fatica, l’allora Primo ministro britannico, il quale, da parte sua, era animato da un vero e proprio odio patologico nei confronti della Germania, indipendentemente dalla lotta contro Hitler e il nazismo, e per la più meschina e la meno “ideologica” delle ragioni: il suo forsennato nazionalismo e la convinzione che la crescita economica e politica della Germania facesse “ombra” alle magnifiche sorti dell’Impero britannico, e andasse debellata una volta per tutte.

Il fisico Max Born (nato a Breslavia nel 1882 e morto a Gottinga nel 1970), di quatto anni più anziano, ebreo tedesco come lui e, come lui, fisico di fama internazionale – sebbene infinitamente superiore come genialità scientifica -, così rievoca la figura di Lindemann, che conobbe personalmente, e l’influenza da lui esercitata su Churchill nella decisione di bombardare dal cielo indiscriminatamente le città tedesche (in: M. Born, «Autobiografia di un fisico»; titolo originale. «My Life. Recollections of a Nobel laureate», London, Taylor & Francis Ltd., 1978; traduzione dall’inglese di Paolo Camiz, Roma, Editori Riuniti, 1980, 1980, pp. 376-80):

«[Lindemann] era, secondo me, un mediocre fisico, ma anche un personaggio notevole e molto snob; era un assiduo frequentatore dell’alta aristocrazia inglese e si vantava in modo particolare delle sue amicizie nobiliari. […] La sua amicizia con Winston Churchill aveva favorito il legame con il duca di Marlborough e con la famiglia Churchill. Le biografie di Lindemann descrivono l’inizio di questa storia: durante la prima guerra mondiale gli aerei inglesi subivano spesso funesti incidenti, entrando in avvitamento e precipitando. Lindemann riuscì a determinare con i calcoli le cause del fenomeno ed inventò un rimedio; poi, per verificarne l’efficacia, imparò a volare, e davanti ad un gruppo di ufficiali dell’aviazione dimostrò che era in grado di uscire dall’avvitamento e di atterrare sano e salvo.

Churchill rimase colpito da questa prova di intelligenza e di ardimento e lo nominò suo consigliere per tutte le questioni scientifiche; e poiché queste giocarono un ruolo dominante nella seconda guerra mondiale, Lindemann diventò uno degli uomini più potenti del ministero della guerra di Churchill. […]

Ero a conoscenza del fatto che Lindemann durante la guerra si fosse trovato in una posizione politica dominante, ma non avevo idea di quale fosse stata la sua effettiva partecipazione agli avvenimenti. Ammiravo la sua energia, la sua arguzia, talvolta la sua opinione, non tanto su fatti o teorie scientifiche quanto sulle persone. […]

Lindemann era stato innalzato nei ranghi dell’alta aristocrazia che adorava, con la concessione del titolo di Lord Cherwell. Durante tutti quegli anni, prima, durante e dopo la guerra avevamo sempre avuto ottimi rapporti: ogni volta che capitavo a Oxford andavo a trovarlo nel suo laboratorio, il Clarendon, per una chiacchierata. Una volta che mi ero trattenuto per una sola giornata fu lui a venire a casa di Simon, pensando di trovarmi lì. Discutere con lui di fisica era però esasperante, perché era convinto di possedere una conoscenza del mondo fisico migliore di tutti noi, non escluso lo stesso Einstein; io non lo prendevo sul serio, ma cercavo sempre di trattarlo amichevolmente. Le cose sarebbero andate ben diversamente se avessi saputo che cosa aveva fatto durante la guerra in veste di consigliere scientifico del governo. Fu lui a raccomandare con insistenza i bombardamenti e la distruzione totale delle città per spezzare la resistenza del popolo tedesco. A quell’epoca credevamo che un certo maresciallo dell’aria, “Bomber Harris”, avesse la responsabilità di quella scelta strategica: e può ben darsi che, nell’ambito militare, sia stato questo il suo ruolo, ma adesso è chiaro, al di là di ogni dubbio, che l’idea era di Lindemann, e che era lui il responsabile per questo genere di guerra, che considero meschina, disprezzabile ed abominevole. […] Ho raccontato della mia opposizione a Fritz Heber, a causa dell’invenzione da lui fatta dei gas venefici per uso bellico. In seguito ho avuto la soddisfazione di trovare Rutherford in pieno accordo con me su questo argomento. Quando arrivai a Cambridge come rifugiato, anche Haber fece la sua comparsa, malato, solo, depresso, l’ombra dell’uomo che era stato. Mi faceva pena e desideravo introdurlo nell’ambiente scientifico, ma quando invitai Rutherford a casa mia ad un tè per incontrarlo, si rifiutò, dicendo con molta franchezza che non voleva stringere la mano all’inventore dei gas asfissianti.

Eppure si trattava ancora di un’arma rivolta alla distruzione degli eserciti; perfino durante la prima guerra mondiale era ancora ben radicata l’idea che la guerra dovesse essere combattuta tra gli eserciti e che le popolazioni civili dovessero essere protette, benché i blocchi navali, con la conseguente carenza di viveri, fossero tollerati dalle convenzioni internazionali, e messi in opera da ambo le parti secondo la loro potenza (navi di superficie contro sommergibili).

Ma la distruzione sistematica delle zone abitate delle città, con lo scopo di fiaccare la volontà di resistenza delle popolazioni civili, è tutt’altra cosa. Lo sviluppo dell’aviazione come strumento di guerra era inevitabile; eppure c’è una differenza tra il bombardamento di un esercito, o anche di una fabbrica che lavora per le forze armate, e quello dei civili inermi e delle loro case, per non parlare delle chiese, dei musei, degli edifici d’interesse storico e di altri tesori insostituibili. Era stato Hitler per primo, naturalmente, a servirsi di questi metodi terroristici: Varsavia, Anversa, Coventry non sono che alcuni esempi. Ma l’Inghilterra era entrata in guerra proprio per opporsi a questa barbarie. È possibile liberare il mondo da un peccato, commettendo lo stesso peccato , in forma ampliata e pianificata? Io credo di no. I bombardamenti dell’aviazione alleata mi parvero, fin dall’inizio, moralmente sbagliati; che fossero anche strategicamente sbagliati, questo è stato verificato senza ombra di dubbio. È strato provato che le previsioni di Lindemann circa l’efficacia distruttiva degli attacchi aerei erano largamente errate (credo di un fattore dieci); un diverso uso dell’aviazione avrebbe potuto portare molto più rapidamente alla vittoria. Tutte queste cose durante la guerra io non le sapevo, ma ero profondamente disgustato quando, giorno per giorno, leggevo le notizie che riferivano la distruzione delle città tedesche. Eppure non ero un pacifista, allora. Anche se lo ero stato, almeno in linea di principio, prima della comparsa di Hitler, avevo mutato questo atteggiamento durante la guerra contro Hitler, perché ritenevo che il regime nazista fosse il più grosso malanno capitato all’umanità e, desiderando di tutto cuore la sua distruzione, riconoscevo che solo la forza bruta avrebbe potuto abbatterlo. Perciò misi a tacere tutte le obiezioni contro la guerra maturate precedentemente; ma a tutto c’era un limite. È vero che il popolo tedesco si era lasciato stupidamente imbrogliare concedendo potere a Hitler; e sapevo che, una volta ottenuto il potere, l’unico modo di liberarsi di lui era di sconfiggerlo militarmente. Ma l’idea di abbattere Hitler uccidendo la gente, donne e bambini, e distruggendo le loro case mi sembrava assurda e deprecabile. Ed era proprio questa idea che Lindemann aveva suggerito ed imposto, contro l’opposizione degli uomini migliori.»

Come si vede, al di là del fatto che Max Born credesse alla favoletta creata da Winston Churchill, secondo la quale l’unico motivo per cui la Gran Bretagna aveva dichiarato guerra alla Germania nel settembre 1939 era stato il nobile desiderio di liberare il mondo da un regime politico brutale e immorale, resta il fatto che l’ebreo Lindemann fu il principale responsabile della strategia di bombardamenti indiscriminati sulle città tedesche pianificata da Londra, così come l’ebreo Hans Morgenthau (Coburgo, 1904 – New York, 1980), a guerra appena finita, sarà il propugnatore di un macabro piano di “pastoralizzazione” della Germania sconfitta, che prevedeva il suo smembramento politico, la sottrazione dei principali centri industriali a favore delle nazioni vicine, lo smantellamento totale dell’industria pesante, sì da sospingerla forzatamente verso un’economia pre-moderna e da impedirne, per secoli, la resurrezione materiale e morale.

Il fatto che il sinistro Piano Morghentau non sia stato attuato, non almeno secondo le modalità originarie, non dipese dalla volontà del suo ideatore, ma semmai da considerazioni di opportunità politica da parte degli Stati Uniti, i quali si resero conto molto presto che non era nel loro interesse, nel quadro della nascente “guerra fredda”, doversi fare carico della difesa di una Germania divisa, prostrata e tenuta artificialmente in uno stato di cronica debolezza, ma, al contrario, che avevano tutto da guadagnare da una sua ripresa industriale e, in prospettiva – e sia pure parzialmente – anche finanziaria, politica e militare.

Hitler aveva affermato che la seconda guerra mondiale era stata essenzialmente una lotta per la vita e per la morte fra la Germania e l’ebraismo internazionale.

Ora, la circostanza che uno scienziato ebreo tedesco abbia svolto un ruolo decisivo nella distruzione materiale delle città tedesche e nel massacro deliberato dei suoi indifesi abitanti, mentre un altro ebreo tedesco realizzava, per conto delle Forze armate statunitensi, la prima bomba atomica, che non lo si dimentichi, era stata realizzata in vista di un suo impiego contro la Germania (che poi non ebbe luogo solo perché la resa di quest’ultima avvenne prima del previsto, per cui la vittima designata divenne il Giappone), e che, a guerra finita, un politologo ebreo tedesco abbia progettato la distruzione scientifica dell’economia tedesca, sì da fare tabula rasa di tutte le industrie di quel Paese, non può non suggerire qualche riflessione circa le parole di Hitler; senza che ciò significhi in alcun modo chiudere gli occhi davanti al carattere criminale della “soluzione finale” e senza che ciò acquisti il significato, anche solo indirettamente, di una tacita giustificazione dell’antisemitismo nazista.

Si potrebbe pensare che la presa di posizione anti-tedesca di uomini come Lindemann, Einstein e Morgenthau fosse dovuta a una reazione per la politica antisemita hitleriana; ma non sempre è stato così. Se Einstein e Morgenthau erano emigrati dalla Germania a causa delle persecuzioni razziali dopo l’avvento al potere del Partito nazista, Lindemann era il figlio di un ebreo tedesco immigrato in Gran Bretagna e naturalizzato inglese verso il 1871, e di una madre americana; e, come si è visto, già durante la prima guerra mondiale aveva messo il suo talento di scienziato al servizio della causa bellica inglese. Inoltre, non bisogna pensare soltanto agli scienziati e agli intellettuali, ma anche agli uomini d’affari, ai banchieri, agli industriali e ai giornalisti.

Molti di essi erano schierati su posizioni anti-tedesche fin da prima dello scoppio della guerra, nel 1939; fin da prima dell’avvento al potere di Hitler, nel 1933; e addirittura fin dai tempi della Prima guerra mondiale, o prima ancora – quando, si badi, un movimento antisemita particolarmente pericoloso, in Germania, ancora non esisteva, o, almeno, non più che in altri Paesi d’Europa, Russia in primis. E questi sono fatti, non opinioni, tanto meno sconclusionate elucubrazioni.

Sono fatti che inducono a riflettere. Non certo – lo ripetiamo, e non ci stancheremo di ripeterlo – nel senso di fornire alcuna “giustificazione” all’odio di Hitler contro gli Ebrei; ma nel senso di inserire tutti i termini della questione nella giusta prospettiva storica. I fatti sono fatti: con essi non si discute, non si litiga; semmai, si tenta d’interpretarli. È questo il mestiere dello storico. Ma solo dopo averli accettati, dopo aver preso atto della loro realtà. Accade che la realtà sia sgradevole; che sia diversa da come ce l’aspettavamo, da come la vorremmo. Tanto peggio. Non perciò essa muta…

 

di Francesco Lamendola

Fonte: http://www.accademianuovaitalia.it

***

 

***

 

image_pdfimage_print
Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

You may also like...

error: Alert: Content is protected !!