Quando Hitler salì al potere la Germania era un paese allo sbando, nessuno avrebbe immaginato che di lì a poco si sarebbe verificato un vero e proprio miracolo economico. C’erano milioni di disoccupati e senza tetto, il sistema industriale era paralizzato, le esportazioni azzerate a causa della crisi mondiale, ovunque c’era povertà dilagante, delinquenza, droga e perversione.
La situazione economica, politica e sociale della Germania era disperata.
Le ingenti riparazioni di guerra drenavano risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per mitigare la crisi e finanziare la crescita. Tutto sembrava destinato a collassare, i tedeschi erano umiliati come popolo e trattati ovunque come straccioni.
La Germania prima di Hitler
Nel 1932, la produzione industriale tedesca era circa la metà di quella dell’anno precedente. La disoccupazione era salita da 1,5 milioni di persone nel 1929 a oltre 6,5 milioni nel 1933.
Molti giovani disoccupati avevano aderito a squadre paramilitari che scorrazzavano, armate e fuori controllo, per le strade delle città. I disordini sociali sfociavano spesso in violenza e distruzione.
Berlino era il bordello d’Europa. Le vie della città pullulavano di prostitute e di coppie formate da giovani madri e figlie bambine che si offrivano ai turisti del sesso per pochi soldi. Berlino era famosa ovunque nel mondo per la perversione, la droga, la prostituzione. Non si prostituivano soltanto le donne, ma anche gli uomini e i bambini. In ogni angolo della città venivano allestiti spettacoli in cui uomini e donne si accoppiavano non solo tra di loro, ma anche con animali, quali cavalli e capre. La droga imperversava in città, soprattutto anfetamine e cocaina.
Questa era la Germania prima di Hitler, quella che di lì a quattro anni avrebbe sviluppato il miracolo economico più studiato della storia Occidentale.
Il miracolo economico della Germania di Hitler
Nel 1933 l’economia tedesca era quindi al collasso, con rovinosi obblighi di riparazione bellica e zero prospettive di crescita per il futuro. La situazione politica, economica e sociale della Germania era disperata. Non si trattava soltanto di un paese allo sbando, ma di un intero popolo in decadenza, che non riusciva a rialzarsi. L’ombra di sé stesso.
Tuttavia, in soli quattro anni, attraverso una politica monetaria indipendente, un intenso programma di lavori pubblici e la diffusione di un messaggio ideologico ben strutturato, il Terzo Reich fu in grado di trasformare una Germania povera e in bancarotta, spogliata di ogni sua ricchezza, comprese le colonie d’oltremare, nell’economia più forte d’Europa. Nel 1937 il popolo tedesco godeva di benefit e diritti sociali che nessun altro popolo al mondo aveva mai avuto o sognato di avere.
E tutto questo, è bene chiarirlo ancora una volta, prima di avviare la spesa per gli armamenti.
Negli anni trenta il miracolo economico della Germania suscitò l’incredulità e l’ammirazione di tutto il mondo. E non fu casuale se nel 1938 Hitler venne nominato “uomo dell’anno” dalla rivista Time o se il Mein Kampf venne tradotto in tutto il mondo, dal Sud America all’estremo oriente, con vendite da capogiro. Il miracolo economico tedesco fu un caso di studio globale, per tutti gli economisti, ad ogni latitudine.
All’epoca il mondo era immerso nel buio più totale della grande depressione e non riusciva a uscirne. La povertà si allargava ogni giorno, fino ad inghiottire l’intera classe media. La Germania era considerata un faro di luce e speranza, perché aveva superato la deflazione e si era lasciata alle spalle una crisi epocale, in poco tempo, creando ricchezza per tutti, in primis per il suo popolo, ma non solo. La Germania aveva riattivato ovunque il flusso dei commerci, generando ricchezza anche per gli altri popoli.
Tutti volevano carpirne i segreti per utilizzare quelle ricette nel proprio paese.
Uno dei massimi artefici del miracolo economico tedesco, e del conseguente riscatto sociale del popolo germanico, il geniale economista Hjalmar Schacht, divenne una figura leggendaria. Negli anni sessanta veniva ancora chiamato dai paesi in via di sviluppo perché li aiutasse a innescare una qualche forma di sviluppo economico, lavoro che fece gratuitamente per lungo tempo.
Il fascino del miracolo economico tedesco risiedeva proprio nel fatto che la Germania era uscita dalla crisi senza investire in armamenti, con grandi riforme sociali a beneficio del popolo, mentre invece gli altri paesi, Stati Uniti compresi, riuscirono a uscirne solo e soltanto grazie alle enormi spese militari richieste dal conflitto e senza alcun beneficio per la popolazione.
Il caso Hitler venne studiato per decenni, da economisti e sociologi.
In realtà, dietro il boom economico tedesco non c’era nessun segreto. La Germania era semplicemente riuscita a liberarsi dal giogo della finanza apolide internazionale, sia al suo interno che nei rapporti con l’estero. Da quel momento storico in poi il popolo tedesco incominciò a lavorare per migliorare il proprio benessere e smise di lavorare per arricchire i banchieri internazionali.
Il miracolo economico della Germania di Hitler può essere riassunto in quattro punti.
1. La moneta parallela
Hitler iniziò il suo programma di sviluppo nazionale ideando un articolato piano di opere pubbliche e infrastrutture che includeva il controllo idrogeologico del territorio, la costruzione di argini, la riparazione di edifici pubblici e residenze private, la costruzione di nuovi edifici, ospedali, case popolari, strade, autostrade, ponti, canali e strutture portuali.
Per far fronte a questi immensi investimenti la Germania iniziò a stampare una moneta parallela libera dal debito e dagli interessi (MEFO). Questa moneta non era coperta né da riserve d’oro né d’argento, ma era garantita dallo Stato tedesco e dal lavoro dei cittadini del Terzo Reich.
La crescita fu esplosiva.
Nel giro di due anni il problema della disoccupazione era in gran parte risolto e il Paese di nuovo in piedi. La valuta era solida e stabile, nessun debito e nessuna inflazione, in un momento in cui milioni di persone negli Stati Uniti e in altri paesi occidentali erano ancora senza lavoro e vivevano di welfare.
2. Il baratto internazionale
La Germania non aveva la valuta pregiata necessaria né per acquistare il petrolio e le materie prime di cui avevano bisogno le sue industrie, né per rifornirsi del frumento e dei cereali necessari per sfamare la popolazione. Avrebbe dovuto chiedere prestiti esteri per pagare questi beni, indebitandosi col sistema bancario internazionale, per poi pagare gravosi interessi.
Hitler decise di escludere la finanza dal commercio internazionale e di percorrere una strada diversa, vecchia per certi versi e innovativa per altri: il baratto, vale a dire lo scambio di merci contro merci.
La Germania acquistava beni, quali ad esempio il petrolio dal Venezuela o il frumento dall’Argentina, e forniva in cambio un lungo elenco di merci a prezzi vantaggiosi da cui i due paesi esportatori potevano scegliere cosa comprare, con transazioni garantite dallo stato tedesco. Ad esempio, il Venezuela forniva alla Germania il suo pregiato petrolio ed acquisiva da aziende tedesche macchine per l’agricoltura, autovetture, motrici per treni e quant’altro fosse necessario per lo sviluppo del paese. Le stesse merci venivano acquistate dall’Argentina, che aveva dato in cambio la sua produzione agricola.
In questo modo la Germania otteneva tre grandi vantaggi. Il primo era quello di escludere la finanza internazionale apolide dalla transazione, evitando il giogo del debito e il taglieggiamento degli interessi usurai. Il secondo era quello di stimolare l’industria nazionale per un importo pari al valore dei beni importati. Il terzo era quello di assicurarsi il fiorente mercato delle manutenzioni, garantendo all’industria tedesca rapporti stabili con tutti i paesi e un flusso continuativo di lavori e incassi.
Dall’altra parte, anche i paesi fornitori di materie prime erano interessati ad acquistare prodotti tedeschi a prezzi di mercato, con esito garantito dallo Stato tedesco, ed erano anch’essi felici di liberarsi dal giogo della finanza apolide.
3. Gli accordi di Haavara
Nel 1933 Hitler raggiunse un importante e storico accordo con i movimenti sionisti che operavano in Germania. Questo accordo è noto col nome di Accordo di Haavara. In sostanza, la Germania permetteva agli ebrei di emigrare in Palestina, li formava in vari ambiti produttivi (agricoltura, industria), e li aiutava nel trasferimento, permettendo loro di mantenere tutti gli averi, che dovevano però essere venduti e trasformati in liquidità. L’unica condizione imposta agli ebrei espatriati era quella di utilizzare il loro denaro per acquistare manufatti tedeschi a prezzi di mercato. L’operazione veniva garantita dallo stato tedesco e dalle associazioni sioniste che operavano in Germania, attraverso un sistema di banche costituito ad hoc ed un sistema di monitoraggio congiunto.
Agli accordi di Haavara aderirono circa 60 mila ebrei, il numero è ancora oggi dibattuto.
Il nazismo ebbe tre vantaggi. Il primo fu un vantaggio prettamente politico, vale a dire quello di realizzare un punto fondamentale del suo programma elettorale, volto a creare uno stato senza ebrei (Judenfrei). Il secondo fu quello di stimolare l’apparato produttivo tedesco che poteva usufruire di una intensa domanda di beni proveniente dagli ebrei emigrati in Palestina, gente preparata, operosa e ricca di iniziativa imprenditoriale. Il terzo fu quello di stabilire rapporti economici preferenziali con una terra in pieno sviluppo economico ed aprire nuovi mercati a Est.
Dall’altra parte, anche i movimenti sionisti erano molto favorevoli a questo accordo, sebbene per motivi diversi. In primo luogo perché aumentava il numero di ebrei che popolavano i territori palestinesi, patria da loro designata per tutti gli ebrei. In secondo luogo, perché gli ebrei tedeschi, ricchi ed istruiti, potevano creare una potente struttura economica in Palestina, prodromo di un futuro stato ebraico, cosa che nei fatti avvenne quindici anni più tardi.
Gli accordi su Haavara stipulati coi sionisti furono quindi importanti sia per innescare il miracolo economico della Germania di Hitler sia per gettare le fondamenta dello stato di Israele.
4. La fiducia del popolo in Hitler e nel nazismo
Il grande sviluppo degli investimenti, della produzione e del commercio, grazie alle tre iniziative indicate in precedenza, generarono una diffusa ricchezza in Germania. Dopo soli due anni la maggior parte dei tedeschi aveva un lavoro stabile ed il popolo aveva riacquistato la dignità perduta. Questa ricchezza improvvisa non venne sprecata dal governo, ma venne utilizzata per rafforzare la coesione sociale dei tedeschi e generare un clima di fiducia generalizzato, positivo, collaborativo ed entusiasta verso il futuro.
Per cambiare “lo stato d’animo” di un popolo umiliato e scoraggiato, il regime nazista utilizzò tutte le armi sociali di cui disponeva, vale a dire, la musica, lo sport, la solidarietà, il teatro, il cinema, i concerti, l’arte, la scrittura, l’amore per l’ambiente. Tutto venne congegnato in modo tale da mutare velocemente il clima negativo in cui i tedeschi erano immersi e trasformarlo in un clima positivo, di orgoglio pangermanico, e non solo nazionale, di valorizzazione di tutto ciò che il popolo tedesco era stato capace di dare alla cultura europea in secoli di storia.
Lo sviluppo economico miracoloso e le riforme sociali che caratterizzarono quel periodo gettarono le basi perché il popolo tedesco appoggiasse in modo incondizionato Hitler e il nazismo.
Hitler introdusse nuovi diritti sociali di cui nessun popolo aveva mai goduto in passato, in particolare il diritto al lavoro, la sicurezza sanitaria, il diritto alla pensione, ampliò a dismisura i programmi di avviamento professionale, promosse la coesione della famiglia, la valorizzazione della comunità, la cura dell’ambiente e del territorio, emanò nuove leggi per proteggere la fauna.
Tutte queste iniziative economiche e sociali diedero al popolo tedesco una carica vitale impressionante, liberando energie inimmaginabili in tutti i campi dell’industria e della scienza.
In pochi anni furono registrati migliaia di brevetti, di cui godiamo ancora oggi. Una creatività impetuosa ed esplosiva che caratterizzò tutti i settori tecnologici. E di questo beneficiarono sia i sovietici che gli americani quando, nel dopoguerra, si divisero gli scienziati tedeschi e si impossessarono di tutti i brevetti registrati dal Terzo Reich, come fossero bottino di guerra.
Il segreto del miracolo economico di Hitler
Il miracolo economico della Germania di Hitler non ha alcun segreto particolare.
Hitler riuscì semplicemente a liberarsi dal giogo che la finanza apolide imponeva da secoli alla Germania. Tutta la ricchezza di cui normalmente si impossessavano i predatori della finanza venne dirottata al popolo e reinvestita nel futuro. Il sistema bancario non venne affatto smantellato, ma messo al servizio del paese, le imprese vennero incentivate a reinvestire gli utili nella crescita societaria e nel benessere degli operai.
Per la prima volta nella storia europea il benessere degli operai era stato messo tra gli obiettivi di una classe dirigente.
La strada segnata dalla Germania era chiara per tutti i paesi del mondo. Per migliorare e progredire occorreva liberarsi dal giogo della finanza predatoria e mettere il sistema bancario al servizio del paese, delle imprese e del popolo. Il nemico era stato messo all’indice, davanti a tutto il mondo. E i risultati economici di cui erano stati capaci i tedeschi dimostravano la bontà di queste idee.
Ma anche la finanza internazionale aveva messo all’indice il suo nemico mortale. E dieci anni dopo il più forte ebbe la meglio.
Fu necessaria l’unione di tutto il mondo capitalistico e comunista per distruggere la Germania e riportarla sotto il tallone dei banchieri.
di Paolo Germani
Fonte: www.altreinfo.org
NB: l’articolo analizza soltanto alcuni aspetti economici e sociali del miracolo economico della Germania di Hitler, ben noti e studiati, e inquadra l’impatto emotivo che i risultati straordinari ottenuti dal nazismo, in un periodo storico di crisi generalizzata, ebbero sulla società tedesca e sul resto del mondo. Il nazismo fu un fenomeno molto complesso e l’articolista non condivide quel tipo di ideologia, che fa parte del passato, e non intende diffonderla o promuoverla, nel modo più assoluto. Si tratta soltanto di un’analisi storica, effettuata tenendo in considerazione la sensibilità dell’epoca, in pieno accordo con la Politica del Sito, la cui lettura è obbligatoria per tutti i visitatori di altreinfo.org.
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Sitografia e bibliografia
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- R. Grunberger, The Twelve-Year Reich (1971).
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